Pasti caldi per la Siria che soffre

Non c'è più tempo: il World food programme si è mobilitato per raddoppiare nel giro di poche settimane gli aiuti umanitari sia tra chi è rimasto che tra i profughi.

04/05/2012
Foto Wfp. La fotografia di copertina è di John Wreford/Wfp.
Foto Wfp. La fotografia di copertina è di John Wreford/Wfp.

La Siria ha fame. Si spara e si muore. Ma i combattimenti paralizzano anche i commerci e i normali approvvigionamenti dei negozi. Le dispense si vuotano e la gente fatica sempre di più. Il progressivo deteriorarsi della situazioone ha fatto scattare l'emergenza umanitaria: almeno un milione di persone rischia gravi consueguenza per la salute e addiritttura la morte. La cifra sale di giorno in giorno. Serve un intervento esterno. E serve subito.

Così, prima che le conseguenze diventino più devastanti di quelle che già il conflitto siriano sta comportando, negli ultimi giorni si sono intensificate e velocizzate le operazioni di distribuzione di pasti caldi del Wfp, il World food programme, il Programma alimentare modiale, l'agenzia che fa capo alle Nazioni Unite, la quale si è attrezzata per garantire un consistente aumento degli aiuti al popolo siriano. Le persone assistite dovrebbero diventare subito 250 mila e nel giro di poche settimane 500 mila in tutto. Fino a oggi ne sono state raggiunte con continuità circa 100 mila al mese, anche là dove il conflitto è più duro e cruento come nelle città di Homs, Hama, Idleb e Damasco.

Foto Wfp.
Foto Wfp.

Il Wfp ha potuto contare sul sostegno e la conoscenza delle esigenze del territorio e sull'aiuto della Mezzaluna rossa arabo-siriana, i "cugini" della Croce rossa per intendersi. E proprio grazie a un appello esplicito degli uomini dell'associazione, si è mobilitato con maggiore velocità ed efficacia il programma, che ha anche come obiettivo quello di non lasciare soli, fornendo un piatto caldo, nemmeno i rifugiati siriani in Giordania. A oggi, sarebbero circa 16.000, un migliaio a Rmtha, nella Giordania nord-occidentale, e gli altri sparsi qua e là e raggiunti in virtù del contributo della Jordanian Hashemite Charity Society.


«Con la continuazione del conflitto, i siriani che vivono nelle zone colpite dalla violenza incontrano crescenti difficoltà a sfamare le proprie famiglie e il WFP è molto preoccupato per la potenziale insicurezza alimentare», ha detto il direttore esecutivo del Wfp, Ertharin Cousin. «La Mezzaluna rossa arabo-siriana ci ha chiesto di fornire più assistenza e siamo pronti ad aumentare ulteriormente il nostro intervento umanitario laddove ci è consentito l’accesso». Va ricordato che nelle zone di conflitto, ogni giorno che trascorre, pur in assenza di bombardamenti, rischia di peggiorare profondamente la salute di chi ci vive: per questo è stato necessario intervenire con urgenza, considerando che, già un mese fa, sette agenzie Onu, accompagnate dall'Organizzazione per la cooperazione islamica e guidate dai membri del governo siriano, avevano stimato in almeno 1 milione le persone bisognose di assistenza umanitaria. Una stima, appunto, dato che alcune aree del Paese non è stato possibile/concesso visitarle.

Disitribuzione di cibo tra i rifugiati siriani. Foto Wfp.
Disitribuzione di cibo tra i rifugiati siriani. Foto Wfp.

Se a questo si aggiunge la grave crisi dettata da condizioni ambientali proibitive con una siccità che negli ultimi anni ha ridotto al lumicino le risorse del Paese è facile intuire la portata del rischio di malnutrizione del popolo siriano. «Faremo anche della formazione per gli impiegati della Mezzaluna Rossa e i volontari in modo che possano meglio far fronte alla situazione, sostenendo i loro sforzi e aumentando la loro capacità di distribuzione,» ha detto Daly Belgasmi, Direttore Regionale del WFP per il Medio Oriente e il Nord Africa.


I fondi a disposizione per il Wfp al momento non sembrano sufficienti a fare fronte alle reali esigenze del popolo siriano: quando un anno 9 mesi fa partì la missione si stimò in 37,4 milioni di dollari il budget necessario a fronteggiare l'emergenza. Di quei soldi, il Wfp ne ha visti finora meno della metà.

Alberto Picci
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