Concilio, sguardo nuovo sul mondo

Ha rinnovato la Chiesa e i suoi rapporti con il mondo. C’è chi lo giudica tradito. E chi lavora perché sia applicato. Diamo la parola a testimoni ed esperti per un bilancio ragionato.

Papa Giovanni XXIII: «Il mio Concilio»

11/10/2012

Quando annunciò al cardinale Domenico Tardini, segretario di Stato, l’idea di indire il Concilio, Giovanni XXIII «percepì l’assistenza dello Spirito Santo», come gli accadde soltanto in altre due occasioni durante il pontificato. L’inedita confidenza, fattagli direttamente da papa Roncalli, venne raccontata da monsignor Maurice Queguiner durante il processo di canonizzazione e documenta un’ispirazione della quale il Pontefice fu sempre certo.

Nel medesimo processo, monsignor Vittore Ugo Righi, segretario della delegazione apostolica di Istanbul ai tempi di Roncalli, ha testimoniato che l’arcivescovo gli aveva parlato più volte «della necessità di riaprire il Concilio Vaticano chiuso nel 1870. Diceva: “Il mondo da cento anni è cambiato, dobbiamo trovare formule di apostolato più aderenti alla necessità”». Roncalli manifestò sempre estremo interesse per i Concili. Durante gli anni della missione diplomatica in Oriente si era recato a Nicea, sede del Concilio del 325, «solo per toccare colle mani quell’acqua», leggiamo nell’Agenda privata del 23 luglio 1938. E nel 15° centenario del Concilio di Efeso, il 22 giugno 1931, volle andare a Efeso, con i suoi collaboratori, per far pervenire a Pio XI un telegramma che fu materialmente scritto dietro un mozzicone di colonna nella basilica sede del Concilio.

Sin dai giorni del Conclave, nella clausura della Cappella Sistina, l’allora patriarca di Venezia ragionò sull’idea di celebrare un nuovo Concilio: in particolare i cardinali Alfredo Ottaviani ed Ernesto Ruffini raccontarono di averne discusso con lui nella serata del 27 ottobre, il giorno precedente la sua elezione. Il 30 ottobre ne fece cenno al segretario Loris Capovilla e a metà gennaio sottopose l’ipotesi ai più stretti collaboratori della Segreteria di Stato, ricevendo dal cardinale Tardini – secondo quanto Giovanni XXIII appuntò sull’Agenda privata – un’immediata adesione: «Oh! ma questa è un’idea, una luminosa e santa idea. Essa viene proprio dal cielo, Padre Santo. Bisogna coltivarla, elaborarla e diffonderla. Sarà una grande benedizione per il mondo intero».

Nella tarda mattinata del 25 gennaio 1959 lo stentoreo grido Extra omnes (fuori tutti gli estranei), lanciato dal prefetto delle Cerimonie pontificie, monsignor Enrico Dante, risuonò nella basilica di San Paolo, annunciando un inatteso incontro riservato fra il Papa e i dodici cardinali presenti. Mentre ancora papa Roncalli era riunito nel «concistoro segreto», un comunicato della Sala Stampa vaticana rese noto che fra i motivi di tale riunione c’era «la celebrazione di un Concilio ecumenico per la Chiesa universale».

Il nome del Concilio Giovanni XXIII lo scelse il 4 luglio 1959, per un’improvvisa ispirazione al rientro da una passeggiata nei Giardini vaticani: «In casa trovai che il Concilio ecumenico in preparazione merita d’essere chiamato Concilio Vaticano Secondo, perché l’ultimo celebrato nel 1870 da papa Pio IX portò il nome di Concilio Vaticano I», svelò egli stesso. Però papa Roncalli non sentì mai l’evento conciliare come una sua proprietà. Il giorno precedente all’inaugurazione dell’11 ottobre 1962, ha testimoniato il segretario generale Pericle Felici, il Pontefice gli si era rivolto dicendo «con voce ferma e con lo sguardo proteso verso l’avvenire: “Il Concilio riuscirà”». E il 20 maggio 1963, due settimane prima di morire, ricevette il cardinale polacco Stefan Wyszyński. «Arrivederci a settembre», disse il cardinale; e il Papa, sorridendo: «A settembre troverete o me o un altro Papa. In un mese, sapete bene, si fa tutto: funerali dell’uno ed elezione dell’altro».

Saverio Gaeta

A cura di Alberto Chiara
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