Vatileaks, la verità di Gabriele

02/10/2012
L'aula del Tribunale Vaticano.
L'aula del Tribunale Vaticano.

È una mattinata densa di novità quella della seconda udienza per il processo Vatileaks. Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa rinviato a giudizio per furto aggravato, parla in pubblico per la prima volta. E, dopo essersi dichiarato innocente, accusa il Vaticano di avergli fatto pressione attraverso le pessime condizioni carcerarie. Poi fa i nomi di sette persone con le quali è stato in contatto «e dalle quali ricevevo confidenze» e punta il dito sul clima di «sconcerto diventato ad ampio raggio nel Vaticano», in particolare dopo la vicenda Viganò, il segretario del Governatorato che aveva denunciato la situazione di corruzione nel Governatorato stesso prima di essere nominato nunzio negli Stati Uniti. Se l’imputato Paolo Gabriele si dichiara innocente, aggiunge però che «mi sento colpevole di aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre che sento di amare come un figlio».

E anche se quest’ultima frase sull’affetto filiale è stata poi espunta dal verbale, tutto l’atteggiamento del maggiordomo lascia intendere una grande devozione per il Papa e per il suo segretario. Soltanto quando padre Georg Gaenswein entra per testimoniare, Paolo Gabriele si alza in piedi in segno di rispetto. In apparenza tranquillo, con lo stesso vestito della prima udienza, masticando chewingum, pur affermando di non aver avuto alcun complice il maggiordomo, però, ha chiamato in causa sette persone che lo avrebbero in varia misura «suggestionato»: il dottor Mauriello, Luca Catano («che sapeva cose relative al comandante della gendarmeria Domenico Giani»), e poi i cardinali Angelo Comastri e Paolo Sardi, monsignor Francesco Cavina, l'ex governante di Ratzinger Ingrid Stampa, Enzo Vangeli.

Nomi che l'aiutante di camera di Benedetto XVI aveva già fatto in istruttoria. In particolare ha dichiarato di aver raccolto informazioni sulla gendarmeria vaticana dal dottor Mauriello e da Luca Catano, membro della confraternita dei santi Pietro e Paolo, che gli era stato presentato da un amico di liceo, Enzo Vangeli. Catano gli era sembrato così «addentro» alle questioni della gendarmeria, «da scambiarlo per un magistrato, e con cui avevo poi stretto amicizia. Sapeva delle cose riguardanti il comandante Giani (capo della gendarmeria, n.d.r.) e mi ha consegnato l'articolo Napoleone in Vaticano» poi finito nel libro di Gianluigi Nuzzi 'Sua Santità. Nelle carte, contenute negli 82 scatoloni sequestrati al maggiordomo, ci sono fotocopie, ma anche originali. Paolo Gabriele ha affermato di aver fatto due copie di tutti i documenti sottratti e di averne consegnato una al suo confessore «padre Giovanni».

Padre Georg ha confermato di aver visto la documentazione «una parte della quale secondo i gendarmi Gianluca Broccoletti e Costanzo Alessandrini, «riguardavano la massoneria e i servizi segreti». Padre Georg ha riconosciuto alcuni documenti usciti dalla sua segreteria «con la mia sigla e i timbri». Ha poi confermato di aver ristretto i suoi sospetti a Paolo Gabriele quando ha visto pubblicati documenti che non erano mai usciti fuori dalla stanza dove Paolo Gabriele aveva accesso, in particolare una lettera indirizzatagli direttamente da Bruno Vespa, una di un banchiere milanese e un appunto mail di padre Lombardi su Emanuela Orlandi. Sia padre Gaenswein che Cristina Cernetti, la memores Domini chiamata a testimoniare, hanno ricostruito l’incontro dello scorso 21 maggio tra i membri della famiglia pontificia, incontro nel quale i sospetti si sono indirizzati definitivamente su Paolo Gabriele. Il maggiordomo ha poi risposto: «Si è vero» alle domande del suo avvocato Cristiana Arru che gli chiedeva se fosse vero che «era in una cella d’isolamento dove non poteva stendere neppure le braccia e che per 15/20 giorni la luce è rimasta accesa per 24 ore».

«Ero in una situazione di pressione, la prima sera non mi hanno dato neppure il cuscino», ha continuato Gabriele. In seguito alle sue dichiarazioni il procuratore di giustizia ha aperto un fascicolo. Se le dichiarazioni risultassero false, Paolo Gabriele sarebbe a sua volta denunciato. Intanto però la gendarmeria vaticana ha diffuso un comunicato nel quale si legge: «Paolo Gabriele al momento del suo arresto è stato custodito in una cella di isolamento presso la Caserma della Gendarmeria Vaticana. Detta cella di custodia segue gli standard di detenzione previsti anche per altri Paesi, per situazioni analoghe. Circa l'asserita presenza di luce nelle ventiquattro ore, si rappresenta che la stessa è rimasta accesa per evitare eventuali atti autolesionistici dell'imputato e per esigenze di sicurezza. Lo stesso detenuto, nei giorni a venire, ha chiesto che la medesima luce rimanesse accesa durante la notte perché la riteneva di compagnia». Infine, dice la gendarmeria, «Allo stesso detenuto sin dall'inizio è stata fornita anche una mascherina notturna che gli consentisse il più completo oscuramento». La seduta è stata aggiornata a domani. Entro la fine della settimana sono previste le arringhe e la sentenza.

Annachiara Valle
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Postato da brunoi il 03/10/2012 21:07

oggi al telegiornale ho appreso che in casa di Paolo Gabriele sono stati trovati,tra le altre cose,anche numerosi libri sulla Massoneria e sulle tecniche di spionaggio.Ogni commento é superfluo.

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