03/10/2012
La ricostruzione grafica della deposizione del segretario personale di Papa Benedetto XVI, mons. Georg Gaenswein, davanti ai giudici vaticani, 2 ottobre 2012. "Giuro sul santo Vangelo di dire tutta la verità, null'altro che la verità". La prima volta di un segretario di un Papa come testimone.
Nell’aula giudiziaria dove si processa il maggiordomo del Papa arrivano gli echi della rivalità che da tempo oppone guardia Svizzera e gendarmeria vaticana per il “primato” nella «custodia della sacra persona del Sommo Pontefice». Non lo si dice esplicitamente, ma quando sul banco dei testimoni salgono, in ordine i gendarmi Stefano De Santis, Silvano Carli, Luca Bassetti e Luca Cintia, vicecommissario della Gendarmeria, sembra quasi che siano loro a doversi discolpare di qualcosa.
La mossa inaspettata di Paolo Gabriele, che nell’interrogatorio di ieri li ha accusati di aver esercitato pressioni su di lui tenendogli accesa 24 ore su 24 la luce in cella e costringendolo, nei primi giorni in uno spazio dove non aveva neppure la possibilità di allargare le braccia, aveva senz’altro lo scopo di screditarne l’operato. Così pure le continue sottolineature dell’avvocato difensore, Cristiana Arru, di aver effettuato le perquisizioni senza guanti. «Per perquisizioni di documenti non si usano», è stata la piccata risposta di de Santis.
Quando è stato il suo turno, Luca Cintia, responsabile della custodia dell'imputato, ha tenuto a precisare che «fin dal primo momento il comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, ha dato ordine di tutelare Gabriele e la sua famiglia». Non solo, «Gabriele ha ringraziato più volte per il trattamento ricevuto. È stato trattato nel modo migliore possibile». I quattro hanno poi testimoniato sulle decine di migliaia di fogli trovati a casa di Paolo Gabriele. «Dire molti documenti non dà la giusta dimensione di quanta carta c’era», ha sottolineato De Santis precisando che fra le carte, accuratamente nascoste in mezzo a fogli di nessun valore, c’erano anche documenti originali con la firma del Papa, di cardinali e di uomini politici.
«Alcuni di quelli con la firma del Papa erano riservatissimi e avevano la scritta in tedesco “da distruggere”». In mezzo al cumulo di carte anche ricerche sulla massoneria e l’esoterismo, sul caso Bisignani, su Calvi, sulla loggia P2 e P4, su Berlusconi, lo Ior, l’Aif (Autorità di informazione finanziaria del Vaticano). E ancora, ricerche su cristianesimo e yoga, sul come nascondere file jpeg e word, su come usare il «cellulare in modo velato».
Avevano voglia di parlare i gendarmi testimoni, ma il presidente del tribunale Giuseppe Dalla Torre ha chiesto di attenersi al caso di furto aggravato nei confronti di Paolo Gabriele e ha rinviato l’udienza a sabato mattina, ore 9 per la requisitoria finale, l’arringa, le repliche e l’ultima parola di Paolo Gabriele. Secondo il diritto vaticano, infatti, è l’imputato ad avere la parola finale nel processo. Dopo la camera di consiglio, la sentenza è attesa per lo stesso sabato.
Annachiara Valle