I vescovi contro il narcotraffico

Il cardinale Maradiaga denuncia morti e corruzione. L'episcopato dell'America centrale e dei Caraibi analizza la tragedia e chiede un cambiamento radicale. Troppi i giovani coinvolti.

11/08/2010
Oscar Rodríguez Maradiaga, il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras.
Oscar Rodríguez Maradiaga, il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras.

Riciclaggio e corruzione e poi decine di migliaia di morti. Il narcotraffico in America Centrale sta distruggendo il tessuto sociale e i vescovi dell’area dei Caraibi denunciano una situazione che sta precipitando non solo in Messico. E il contrasto da parte delle forze di polizia non basta più. In un incontro con alcuni vescovi messicani, il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras Oscar Rodríguez Maradiaga ha osservato che è necessario contrastare direttamente il problema della droga con una strategia congiunta che non contepli solo l’uso della forza da parte delle autorità civili.

    Il cardinale ha definito la diffusione del narcotraffico in America latina e dei sistemi di riciclaggio del denaro sporco, una grave malattia che infetta le società facendo dilagare la corruzione. Vittime principali di questo perverso sistema sono i giovani: “Si arriva a una frustrazione della gioventù e i giovani muoiono. Invece devono combattere con tutte le loro forze e non cedere a questa piaga”. Il cardinale Maradiaga ha inoltre sollecitato le società a non avere paura nel denunciare il fenomeno: “Oggi denunciare queste cose significa compromettersi, ma è un nostro dovere, perché questa piaga è in grado di eliminare un intero Paese”.

    Maradiaga da tempo è sulla lista nera dei narcotrafficanti e sono diverse le minacce di morte che ha ricevuto. Ma anche altri vescovi dei Caraibi hanno parlato con chiarezza della tragedia nel narcotraffico. L’allargamento della rete di traffici ha provocato un incremento della violenza anche nelle isole, che godevano di un relativo clima di tranquillità sociale. L'arcivescovo di Kingston in Jamaica, Donald James Reece, ha sottolineato che la questione droga nei Caraibi “ha assunto una vasta dimensione, diffondendosi con un’intensità senza precedenti”.

    In Paesi come la Giamaica o la Repubblica Dominicana, il tasso di morti per violenze varie si è incrementato in maniera esponenziale. Ma anche altrove, ad esempio a Porto Rico, le vittime per violenze legate al traffico e consumo di droga solo 2009, sono state ben 890. La Conferenza episcopale nella Repubblica Dominicana ha pubblicato una nota nella quale chiede “di non restare indifferenti di fronte allo spargimento di sangue e all’escalation della violenza” e ha invitato ad esaminare anche “il comportamento delle istituzioni”.

    Anche l’arcivescovo di Trujillo, Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, presidente del dipartimento missione e spiritualità del Celam , il Consiglio episcopale latinoamericano, che ha sottolineato che uno dei problemi principali dei Paesi dell'America latina e dei Caraibi è rappresentato “dall’esportazione della droga e dal situazione di corruzione”, imposto dai signori della droga. Tra il 2006 e il 2010 la lotta tra bande criminali, legate ai cartelli della droga, ha provocato la morte di oltre 20.000 persone solo in America centrale.

Alberto Bobbio
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Postato da Andrea Annibale il 19/08/2010 00:14

Che tristezza e che scandalo: tutto va bene purché faccia “mercato”. Anche i mafiosi e i narcotrafficanti “tengono famiglia”, i contadini che con le produzioni legate alla droga sbarcano il lunario“tengono famiglia”. E così pure gli spacciatori ed i politici e i poliziotti corrotti perché, dice il bel servizio di Alberto Bobbio il narcotraffico arriva a “distruggere il tessuto sociale” di un Paese. Il residuato finale di questa produzione mondiale è il drogato, spesso abbandonato da tutti tranne che dalla Chiesa, divenuto esso stesso “merce” in balia dello spacciatore di turno, il quale pure, appartiene alla lunga catena umana che vive grazia a questo grande mercato del male. In alcuni Paesi poi, la droga viene gestita principalmente con la carcerazione del drogato divenuto a sua volta spacciatore o rapinatore … Resta la Chiesa a raccogliere questi cocci umani un po’ malandati che però possono essere recuperati (se nel frattempo non muoiono ammazzati o di overdose), come mostra il caso di un ex-drogato divenuto prete andato in onda sulla RAI e tanti altri casi! Gli anatemi della Chiesa sacrosanti rischiano di esporre ancora una volta un certo numero di sacerdoti coraggiosi al martirio. Non è più sufficiente un numero di bravi poliziotti per gestire il problema, dice il servizio, e se non si vuole arrivare a bombardare le coltivazioni agricole legate al mercato della droga e se non si vuole arrivare a praticare la pena di morte contro i narcotrafficanti, tutti gli altri mezzi sono machiavellicamente leciti per combattere il fenomeno. La Chiesa può giocare anche un forte ruolo di prevenzione con la pastorale della famiglia, perché è in famiglia che ci si immunizza fini da piccoli contro il consumo di droga. La gravità del traffico di droga mi sembra risieda nel fatto che, assieme alla droga, si compra e vende l’uomo. La mercificazione totale dell’essere umano è resa possibile dalla droga che porta l’essere umano a vivere in una dimensione “dionisiaca”, di quasi completo stacco dalla realtà, che porta alla marginalità sociale ed alla delinquenza ed a delle dipendenze “secondarie” legate allo spacciatore che controlla il consumatore ed alla dipendenza del tossicodipendente dalla società che deve farsi carico del problema della tossicodipendenza. Dal punto di vista cristiano, si dovrebbe allargare il discorso alle varie dipendenze, dalla musica malefica, dal sesso, oltre che dalla droga vera e propria. Il fenomeno non può essere gestito a livello sociale con il carcere o perlomeno non solo con esso, come a volte si tende a fare, ma con il recupero morale ed umano del drogato, come ho già detto. La repressione del fenomeno criminale deve accompagnarsi ad un intervento in quei Paesi dove migliaia di famiglia vivono su coltivazioni agricole legate alla produzione di droga, per riconvertire tali produzioni ad usi leciti nonché ogni mezzo lecito compresa la confisca dei beni appartenuti ai mafiosi e nacos. La Chiesa è qui impegnata su un terzo fronte, cioè la gestione dei beni sequestrati ai mafiosi, si veda l’esperienza di un Don Ciotti in Italia. Ed infine, se tutto questo non bastasse, c’è il ricorso al trascendente, quarto fronte aperto dalla Chiesa contro narcos e mafiosi. Come ha detto Giovanni Paolo II, Dio giudicherà con severità chi vive alle spalle dei drogati cioè spesso le mafie nazionali ed internazionali. A tutti i giusti è poi demandata la lotta contro la droga ed il suo commercio e contro le organizzazioni che lo gestiscono nonché lo sdegno per questa piaga sociale dell’ingiustizia e dell’immoralità. Come Scrive San Gregorio Magno nelle Omelie sui Vangeli: “I giusti si sdegnano di fronte al male, ma non hanno sentimenti di disprezzo; provano tristezza ma non cadono nella disperazione; si oppongono con forza, ma conservando l'amore, rivolgono eternamente rimproveri severi a difesa della giustizia, ma nell'intimo conservano dolcezza e carità”.

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Roberto Zichittella

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