La Turchia, da San Paolo a oggi

L'omicidio di monsignor Luigi Padovese riporta l'attenzione su un Paese ricco di storia e contraddizioni. Una testimonianza da Istanbul e l'analisi di un gesuita di Civiltà Cattolica.

Ma la Turchia guarda ancora a Occidente

05/06/2010
Fedeli cattolici in Turchia.
Fedeli cattolici in Turchia.

L’uccisione di monsignor Luigi Padovese è solo l’ultimo di una serie di  attacchi che negli ultimi anni, in Turchia, hanno avuto come obiettivo cristiani o comunque uomini di pace, finendo spesso in tragedia. Prima l’assassinio di don Andrea Santoro a Trabzon (l’antica Trebisonda) nel febbraio 2006; oltre un anno dopo, nell’aprile 2007, l’uccisione dei quattro fedeli protestanti che pubblicavano Bibbie in turco a Malatya, nel sud-est della Turchia; a seguire, nello stesso anno, a Smirne, l’agguato - per fortuna senza tragiche conseguenze - al frate francescano Andrea Franchini; infine a Istanbul, sempre nell’annus horribilis 2007, l’omicidio di Hrant Dink, giornalista di origini armene, fondatore della rivista Agos e paladino della verità storica del genocidio armeno in nome della libertà religiosa.

     Ma che Paese è in realtà la Turchia, gigantesco ponte gettato tra un Occidente cristiano (ma ormai secolarizzato) che vuole aprirle le porte, sia pur tra qualche riserva, e il Medio Oriente a maggioranza islamica, burrascoso e volubile, sempre sull’orlo di una crisi di nervi come mostra la recente crisi turco-israeliana, terra da sempre crocevia di fedi, culture e società tanto diverse? «Contrariamente a quanto ha affermato di recente l’ambasciatore Sergio Romano, che vede la Turchia interessarsi maggiormente al Medio Oriente, io credo onestamente che la Turchia stia invece guardando a Occidente», dice Padre Giovanni Sale, storico, autorevole firma della rivista Civiltà Cattolica. «La società turca è molto complessa e in questi decenni sta compiendo quel delicato passaggio, non senza trabocchetti e difficoltà, verso l’Europa e la cultura occidentale. Pur avendo diverse anime l’elemento prevalente, cioè la cultura, l’intellighenzia, il ceto medio e i giovani, spingono verso una modernizzazione della società secondo un modello occidentale, inclusa una maggiore libertà di religione. A questo si aggiunga che gli Stati Uniti, nonostante le resistenze di Francia e Germania, stanno spingendo l’alleato turco verso un sempre maggiore integrazione con l’Unione Europea».

Padre Sale, come si presentano oggi i rapporti tra Santa Sede e Turchia?
«Sono abbastanza ottimista sulla normalizzazione dei rapporti tra Santa Sede e governo turco, tra i quali esistono comunque da tempo regolari relazioni diplomatiche. Credo e auspico che, nel lungo periodo, questi si normalizzeranno sempre più verso una piena applicazione anche ai cattolici dei principi sanciti nel Trattato di Losanna del 1922, che tutela in maniera speciale le confessioni ebraica, armena e greco-ortodossa».
 
In che senso?
«Nel senso che nel Trattato di Losanna queste tre religioni sono ufficialmente parificate alla religione islamica: possono erigere chiese, possedere beni, le persone di culto sono ufficialmente riconosciute... Non così invece per altre confessioni, come i cattolici e i protestanti che, non essendo riconosciute, hanno meno diritti».

Può spiegare meglio?
«Per i cattolici e i protestanti la tutela della libertà religiosa è riconosciuta a livello della manifestazione personale, privata o pubblica, della loro fede ma non possono erigere ufficialmente chiese o seminari di formazione del clero; le diocesi e le parrocchie, poi, non beneficiano di alcun riconoscimento giuridico così come gli stessi ministri del culto non sono ufficialmente riconosciuti e sono, anzi, soggetti a un regime particolare e limitato di permesso di soggiorno. A questo si aggiunga che, non avendo enti giuridici, tutte le chiese, i conventi, le scuole e gli immobili adibiti a vario titolo al culto devono essere intestati a persone private o a fondazioni».

Che prospettive dunque?
«Dal punto di vista internazionale la Turchia ha più volte promesso di adeguare la sua legislazione ai trattati internazionali sulla libertà religiosa e di culto. Questa d’altronde è la condizione fondamentale per entrare nell’Unione europea ed è proprio questa condizione che ci fa ben sperare per il futuro».

Che conclusioni trarre dall’omicidio di monsignor Luigi Padovese?
« Il caso singolo dell’uccisione di monsignor Luigi Padovese, pur molto grave, deve essere considerato nella sua fattispecie singola. Le indagini in corso forniranno certamente maggiori spiegazioni sull’identità e le motivazioni dell’assassino. Non mi sembra comunque che questo episodio rappresenti il segno di un odio generalizzato verso i cristiani da parte della società turca. Certamente essa oggi, come ripeto, è divisa: la maggior parte dei turchi crede ancora nella libertà religiosa anche se non si può nascondere il fatto che, soprattutto in Anatolia, esiste un numero crescente di persone attratte nella sfera dei fondamentalisti che temono la deriva della società turca verso la sensibilità e la cultura occidentale».

                                                                                        Stefano Stimamiglio

Dossier a cura di Alberto Chiara e di Pino Pignatta
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