09/10/2012
Giulio Xhaet.
C’era una volta il far web. Ad avventurarsi da queste parti era un gruppo di giovani informatici, scherniti con l’appellativo di "smanettoni" e visti con sospetto da mamme e papà che sognavano un lavoro serio per il loro figliolo. Anni luce: oggi Internet è un punto di riferimento per l’informazione e la comunicazione di impresa. Complice, naturalmente, la nascita dei social network e il diffondersi di tablet e smartphone. Secondo l’ultima ricerca Censis, il 62% degli italiani naviga in Rete, tra il 2009 e il 2012 si è passati dal 12 al 27,7% di possessori di smartphone, oltre il 65% ha un profilo Facebook. Nella fascia degli under 35 questi percentuali veleggiano tra il 70 e il 90%. Quest’evoluzione incide anche sul mondo del lavoro. Se ne è parlato in una serie di incontri alla recente Social Media Week di Torino, evento in contemporanea con altre quattordici città nel mondo. Tra i gli ospiti Giulio Xahet e Pietro Bonada.
Il libro di Xhaet, “Le nuove professioni del Web. Fate del vostro talento una professione” (ed. Hoepli).
Giulio Xhaet, docente presso la Business School del Sole 24Ore, è autore il libro “Le nuove professioni del Web. Fate del vostro talento una professione” (versione eBook) (ed. Hoepli): un vademecum per chi desidera trasformare la passione per internet in una professione. “Non mi va di parlare di Eden - afferma Xhaet - sta di fatto che la Rete registra un segno più, in controtendenza rispetto ad altri ambiti del mercato del lavoro”.
In concreto, quali sono le nuove professioni del web? Quelle legate soprattutto all’informazione. “Web editor, blogger, contest editori sono gli autori e curatori di testi, sia scritti sia multimediali in grado di fare opinione”. Attenti, non si tratta di una semplice trasposizione del mestiere del giornalista: “La presenza di piattaforme come Google costringe a un approccio diverso con la scrittura, occorre scegliere vocaboli in grado di essere subito colti dal motore ricerca, lo stesso vale per gli hashtag, ovvero quelle parole precedute dal segno "cancelletto" che consentono la visibilità su Twitter”. Il lavoro del giornalista web, in ogni sua declinazione, si misura con una nuova percezione del linguaggio sia per chi scriva sia per chi legge: “Sono professioni legate al codice umanistico della Rete” sottolinea ancora Xhaet, che non esita a rivalutare il buon liceo classico come base di preparazione: “Gli studi umanistici sono il background che garantiscono elasticità mentale e curiosità critica, fondamentali per lavorare su e con il web”.
Pietro Bonada durante il suo intervento alla Social Media Week di Torino.
Sulla stessa lunghezza d’onda Pietro Bonada. È amministratore delegato di Hub09: social design agency con sede a Torino, in pochi anni è diventata una delle realtà più dinamiche nel panorama nazionale. L’agenzia impiega oltre venti persone, molte delle quali sotto i 30 anni. Con Bonada il discorso si sposta sul fenomeno Facebook come strumento di comunicazione d’impresa. “Sempre più spesso importanti brand come aziende di dimensioni più ridotte inseriscono Facebook all’interno della loro strategia di marketing”. Strutture come Hub09 si occupano, quindi, di rafforzare il posizionamento dei marchi su Facebook: “Ci occupiamo di corporate blogging e web advertising. Lo spot tv e la pagina stampa generalista sono sostituite da un’esperienza condivisa, un rapporto personale tra il marchio e il potenziale cliente.
Valeria Sesia, 29 anni, social media manager presso Hub09.
Ma come si fa a bussare alla porta di una realtà come Hub09 e trasformare la passione in un lavoro? “Innanzitutto bisogna essere presenti costantemente su Internet” afferma Valeria Sesia,
29 anni, social media manager presso Hub09: “Apritevi un blog o una
pagina Facebook, seguiteli con cura e fate emergere bene la vostra
personalità, i vostri interessi: potete conquistare le agenzie che
operano su Internet in modo migliore che attraverso il semplice
curriculum”.
Il talento e lo spirito d’iniziativa assumo, dunque, sono fondamentali. E sopperiscono alle lacune della scuola e delle istituzioni. Un punto dolens su cui convergono Pietro Bonada e Giulio Xhaet:
“Scuola e università scontano sicuramente ritardi rispetto altri Paesi
europei”. E per finire: “Da uno studio condotto da Google Italia, emerge
questo dato: se ogni anno si investisse il 10% in più di risorse per
aumentare il bacino di utenza della Rete su scala nazionale, si
potrebbero creare 300.000 posti di lavoro in più”.
Giorgio Trichilo