Australia, il paradiso chiede aiuto

Dal dimezzamento della barriera corallina alla possibile estinzione di specie, sino alla migrazione forzata d'intere popolazioni animali. Urgenti le politiche di tutela dell'ecosistema.

Le balene megattere tra le specie più cacciate dagli uomini

24/10/2012
Balene e megattere, specie a forte rischio di estinzione (Corbis).
Balene e megattere, specie a forte rischio di estinzione (Corbis).

Gas e carbone. Insomma, energia. Da sempre la ricerca di materie da bruciare ha rappresentato un pericolo per l'ambiente, ma in questo caso la zona ospita uno degli ambienti marini più delicati al mondo. L'area è quella del Queensland, la stessa della Grande Barriera Corallina dimezzata negli ultimi 27 anni a causa soprattutto del riscaldamento globale. Qui passano anche le balene megattere, tra le specie più cacciate dagli uomini negli scorsi decenni e per questo a rischio estinzione. Il problema è che le megattere sono minacciate dal boom minerario in Queensland, immensa regione situata nella parte orientale dell'Australia, ricca di materiali di vario genere, gas e carbone compresi.

Proprio i prodotti maggiormente richiesti dall'Asia, dove i governi di nazioni in fase di straordinario sviluppo, vedi India e Cina, ne hanno disperato bisogno per sostenere livelli di crescita indispensabili per continuare ad ottenere il consenso popolare. Insomma, da una parte la fame di materie prime dell'Asia, dall'altra la voglia di far soldi del settore minerario australiano. E in mezzo la natura.

A denunciare i pericoli in arrivo per le megattere, che al largo del Queensland si riproducono e transitano durante le migrazione annuali da e verso l'Antartide, questa volta non sono state le associazioni ambientaliste ma l'università del Queensland. I ricercatori dell'ateneo australiano hanno identificato due zone particolarmente pericolose per l'incolumità delle balene. Si tratta delle città portuali di Gladstone e di Mackay, al centro della corsa al carbone e al gas naturale. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Marine Ecology Progress Series, nei due porti si verificherà un aumento di attività di sei volte rispetto ad oggi.

Conseguenze? Secondo lo studio, l'aumento della navigazione causerà un incremento di collisioni con le balene e del loro stress nel tentativo di evitare le navi, con “un serio impatto” sulla specie. “Si vorrebbe creare una superstrada del carbone proprio attraverso i loro terreni di riproduzione”, ha sintetizzato il biologo marino Tim Stevens, secondo cui “la cosa ovvia da fare è modificare le rotte per minimizzare il rischio di contatto con i cetacei”. Un'opzione che potrebbe comportare maggiori costi di trasporto, e che dunque non sarà facilmente vista di buon occhio dalle compagnie minerarie e dai loro clienti.

Per ora né lo Stato del Queensland né il governo centrale australiano hanno ipotizzato l'obbligo di cercare altre vie di transito per le navi cariche di materie prime da esportare. Di certo, ha detto il portavoce di Greenpeace John Hepburn, “il governo non può ridurre la Grande Barriera Corallina in una superstrada per carbone e gas senza compromettere i valori ambientali per cui e' stata inclusa nei patrimoni dell'umanità dall'Unesco”.

Il governo australiano sembra però aver deciso di intraprendere un'altra strada: l'esecutivo guidato dalla laburista Julia Gillard ha dato l'ok al progetto di Abbott Point, centro nevralgico del via vai di carbone dall'Australia. Abbott Point diventerà il più grande porto al mondo per l'esportazione di carbone, con oltre 10.000 navi che dovrebbero transitare da lì rispetto alle 1.700 attuali. Con buona pace delle balene megattere.

Stefano Vergine
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