20/04/2011
Paolo Romani, ministro allo Sviluppo Economico.
I governi forti governano, quelli deboli pensano al consenso. Poiché il governo Berlusconi, per tante ragioni, non è al massimo dello splendore, era facile immaginare che le famose otto nuove centrali da mettere in funzione entro il 2020 sarebbero rimaste un sogno. Nella migliore delle ipotesi, un bel sogno.
D'altra parte, troppa era la pressione, interna ed esterna. La ri-nuclearizzazione del Paese non ha mai incontrato un vero favore. Dopo il disastro di Fukushima (anche se causato da un cataclisma naturale come lo tsunami), poi, quel poco di consenso si era sciolto come neve al sole. La più recente rilevazione Ipsos parlava chiaro: 78% contrari, 17% favorevoli, 5% incerti. Con l'esempio di Angela Merkel a mandare ulteriori avvertimenti: la cancelliera tedesca, alle ultrime elezioni regionali di fine marzo, aveva coraggiosamente tenuto la linea pro-nucleare ma aveva anche ricevuto una sonora bocciatura dagl elettori, che avevano invece premiato i Verdi.
Così, anche in Italia, "contrordine compagni". Il nucleare non si fa più. Adesso è ufficiale ma non è mai parso che la politica dell'energia atomica fosse al primo posto nei pensieri del Governo e dei partiti che lo sostengono. Le regioni governate da esponenti del PdL o della Lega (e, ovvio, quelle dell'opposizione) si erano prontamente sfilate di fronte all'ipotesi di ospitare una delle nuove centrali. L'Agenzia per la sicurezza sul nucleare ha avuto un presidente (l'oncologo Umberto Veronesi) con un anno di ritardo ma non ha mai avuto una sede. E l'Agenzia avrebbe dovuto essere la responsabile unica della scelta dei siti delle centrali, scelta mai avvenuta per non perdere consenso elettorale, visto che le centrali nessuno le voleva. E così via, all'italiana.
Resta ora da capire quale sarà la politica energetica del Governo. Petrolio e gas, d'accordo. Il nucleare no. Le energie rinnovabili, forse? Ma il Governo discute proprio in questi giorni, dopo tre anni di silenzio, un decreto che dovrebbe limitare il sistema di incentivi al settore a 6-7 miliardi l'anno e fissare alla potenza installata entro il 2016 un tetto di 23 mila megawatt. Sistema che ha generato molti abusi da eliminare o correggere, ma decreto che è già stato criticato dalla Ue nella persona del Commissario all'Energia Gunther Oettinger.
Fulvio Scaglione