Agricoltura, un piano per la biodiversità

Il PSR, o piano di sviluppo rurale, ha un programma ambizioso: dalla salvaguardia delle foreste e delle risorse idriche alla promozione delle coltivazioni "bio".

25/11/2011

L'11 novembre si è svolto in alcuni istituti agrari piemontesi il PSR Day, una giornata d'informazione intesa a far conoscere ai cittadini questo importante programma europeo che interessa tutti noi, direttamente o meno. Cerchiamo dunque di capirlo meglio insieme. Il PSR, o piano di sviluppo rurale, fa parte della PAC, ossia la politica agricola comune, la prima politica unitaria europea e quella che riguarda una buona fetta del suo budget (il 40%). Questo piano (che nel 2013, e verrà poi rinnovato con altri programmi) è lo strumento di cui dispongono le regioni per programmare e mettere in pratica le politiche comunitarie. Il programma è molto ampio e ambizioso; spazia dalla pianura alla montagna, dall'agriturismo alla fattoria didattica, dalla promozione della biodiversità in campo agricolo e zootecnico alla salvaguardia delle foreste e delle risorse idriche. Punta moltissimo sulla protezione dell'ambiente, sul recupero delle aree rurali, dei pascoli e delle borgate di montagna, oltre che sulla valorizzazione delle risorse territoriali e dell'incremento delle infrastrutture rurali.


Da quanto detto è facile intuire che le opportunità lavorative possono aumentare moltissimo per chi è interessato a questo settore. Ma i vantaggi riguardano tutta la società nel suo complesso. Un territorio curato e ben coltivato è decisamente più fruibile e godibile di uno trasandato e incolto, con grande beneficio del settore turistico. Anche la promozione della biodiversità ci riguarda da vicino. Il concetto è molto ampio e relativamente recente – il termine è entrato nel dizionario solo nel 1997. È in sostanza un contenitore dove entrano vegetali o animali in via di sparizione. Prendiamo l'esempio delle mele: in passato ne esistevano 10.000 varietà, oggi circa un migliaio. Anche il frumento, base della nostra dieta quotidiana, ha perso molti pezzi per strada e ora in Italia, salvo recuperi locali, predomina il Creso, ottenuto per irradiazione negli anni '70 e più redditizio. Ma avere più cultivar significa meno rischi di malattie che spazzino via interi raccolti e meno impiego di pesticidi, perché c'è un adattamento al clima e alle condizioni locali: ne è una prova il meleto sperimentale dell'istituto V. Rubens di Biella (quello che ha ospitato proprio il convegno sulla biodiversità).


Non solo. Dietro ogni coltura e ogni animale si nasconde una realtà paesaggistica fatta di campi, pascoli, mulini, malghe e forni, una realtà umana costituita da piccoli produttori, contadini, pastori e artigiani. Si nascondono insomma le nostre radici. Il PSR punta anche allo sviluppo di tecniche di produzione integrata e biologiche e alla diffusione di marchi come DOP (denominazione di origine protetta), IGP (indicazione geografica protetta) eccetera. E punta al benessere animale. Da gennaio, per esempio, saranno fuori legge le gabbie delle galline ovaiole, grandi come fogli A4 e fonte di grande sofferenza per i volatili. “Ogni animale deve esprimere la propria indole” precisa la prof. Antonella Valcauda, docente all'istituto Rubens. “Anche nei grossi allevamenti ci devono essere spazi sufficienti”. Proprio a lei ci rivolgiamo per capire i punti di forza e i limiti del PSR.


I punti di forza sono presto detti e già li abbiamo illustrati sopra. L'insegnante aggiunge poi: “Innanzi tutto la tracciabilità del prodotto, che funziona come una sorta di etichetta di qualità, e poi la possibilità di fare acquisti a km 0, dove questa realtà è proponibile”. I limiti riguardano principalmente il problema dei finanziamenti. Questi interessano il totale della spesa pubblica per oltre 1 miliardo di euro in 7 anni, ma gli investimenti attivati sono di circa 1,4 miliardi di euro. Come mai? “Le norme CEE per agricoltori e allevatori sono estremamente vincolanti e rigide” spiega la prof. Valcauda. Il fatto è che l'Italia è spesso inadempiente nei confronti delle normative europee (le quote latte ne sono un esempio), perciò l'Europa ricambia con una maggiore severità nei nostri confronti. La docente sottolinea poi “la difficoltà di accesso ai finanziamenti per i giovani rispetto a quanti hanno già un'attività avviata”. Ma per chi riesce a usufruire di questi finanziamenti il piano è vantaggioso, con effetti positivi per tutti.

Giuliana Lomazzi
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