Adozione: come è difficile andare a scuola!

Un'attenta terapia rivolta al bambino e ai genitori, ridona la giusta prospettiva per riconoscere le paure e potenziare l'affetto.

Il confronto con le origini

14/03/2011

Tutto ha inizio quando, in I elementare, la maestra assegna come compito quello di disegnare la propria famiglia attraverso un albero genealogico. A seguito di tale episodio M. inizia a mostrare le prime difficoltà scolastiche, a essere sempre distratto in classe, a non voler fare i compiti. In II elementare viene assegnato un secondo compito: descrivi te stesso e i tuoi genitori. M. reagisce con una chiusura totale nei confronti della scuola, rifiutando ogni giorno di fare i compiti sia con i genitori sia con le varie insegnanti di dopo scuola che si succedono. La maestra sollecita i genitori a prender provvedimenti perché oltre al fatto che M. non completava i compiti assegnati a casa, la sua scrittura era incomprensibile. Le preoccupazioni scolastiche dei genitori aumentavano e di conseguenza aumentavano anche la brutta grafia, gli errori nella lettura, l’oppositività nel fare i compiti e i problemi attentivi di M., a tal punto che i genitori decidono di risolvere il problema cambiando scuola. Nella nuova scuola i problemi aumentano notevolmente perché M. è posto in un ambiente sconosciuto in cui sperimenta “nuovamente” una situazione di “diversità” (scuola, insegnanti e amici nuovi) che rinforza in lui la tendenza a negare e rifiutare la “differenza”. A 10 anni, a una festa incontra un ragazzino che veniva dalla Bielorussia e con il quale trascorre tutto il tempo, destando nei genitori preoccupazione e meraviglia: «Ma come, invece di giocare con i suoi amici, lui che fa? Se ne va con questo ragazzino più grande di lui e che non ha mai visto prima, poi dopo qualche giorno ci chiede di andare in vacanza in Bielorussia». Il desiderio di M. di andare in un Paese simile a quello in cui è nato e scoprire-ricostruire le sue origini, la sua identità etnica, la sua memoria autobiografica, non viene compreso nel suo significato più profondo dai genitori che ritrattano la meta vacanziera: «Andiamo a Disneyland, è più divertente». I genitori non se la sentono di negare una vacanza al figlio ma, purtroppo, offrono un’alternativa che non corrisponde al suo reale desiderio (andare in Russia e non in vacanza). La strategia difensiva, messa in atto inconsapevolmente dai genitori, è un modo per controllare la propria paura ossia di essere loro stessi abbandonati dal figlio, di non essere bravi abbastanza per essere amati da un figlio che non è loro biologicamente.

I genitori di M. sono semplicemente dei genitori inesperti rispetto alle problematiche psicologiche e affettive che vive un figlio adottivo. Sono genitori che possono dare tanto amore, anche se terrorizzati dalla paura di perdere un figlio. Come afferma la scrittrice Anna Genni Miliotti: «La cosa più difficile da dare ai figli, in una famiglia biologica, sono le ali. La cosa più difficile da dare ai figli, in una famiglia adottiva, sono le radici. In entrambe le famiglie la cosa più necessaria è l’amore. Entrambe sono famiglie d’affetti». M. con i suoi lunghi silenzi, con le sue risposte telegrafiche, con i suoi continui «non lo so», con il rifugiarsi continuamente nei suoi stati dissociativi, esprime una sofferenza di estrema profondità, rimasta a lungo silente e informe per mancanza di qualcuno in grado di pensarla ed esprimerla in parole perché troppo grande o spaventosa per essere affrontata.

Dalila Esposito
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