Gli stranieri in una società multietnica

Il rapporto tra gli italiani e gli immigrati può mutare. Lo dimostra la ricostruzione delle fasi storiche fino ai nostri giorni, con il riaffiorare di un forte senso di preoccupazione.

Le prime ondate

01/11/2012

A formare opinioni e atteggiamenti inerenti al fenomeno migratorio concorrono sia gli aspetti che quest’ultimo assume nel contesto spaziale e temporale, sia le modalità attraverso le quali le caratteristiche del fenomeno vengono lette e interpretate dalla popolazione autoctona: elementi rilevati dall’esperienza diretta, ma anche messaggi, analisi, interpretazioni che i mass media e i soggetti politici propongono all’opinione pubblica.
In Italia, le prime indagini sugli atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione straniera risalgono alla seconda metà degli anni Ottanta. Da allora si è assistito a un sempre maggior impegno di ricerca sul tema. Sulla scorta di queste ricerche, gli studiosi sembrano concordi sulla possibilità di individuare differenti fasi storiche, caratterizzate da una diversa distanza sociale tra la società italiana e lo straniero immigrato. Di seguito, proviamo ad analizzarle sinteticamente.

  1. La prima fase, della neutralità, riguarda gli anni Settanta del secolo scorso. Lo straniero, perlopiù studente o rifugiato, stimola certamente curiosità, ma non crea aspettative sociali, in quanto è una presenza quantitativamente irrilevante, che comunque sembra non avere caratteristiche di stanzialità permanente.
  2. La seconda fase, della inconsapevolezza, copre la prima metà degli anni Ottanta, periodo durante il quale l’immigrazione comincia a diventare un fenomeno non più quantitativamente trascurabile. La percezione dello straniero si modifica notevolmente, al punto da essere considerato un potenziale pericolo per la fruizione dei benefici derivanti dal sistema di welfare, sino a quel momento goduti dai cittadini italiani. La consapevolezza dell’importanza del fenomeno migratorio è però ancora ben lungi dell’essere acquisita.
  3. La terza fase, dell’emergenza, inizia nel 1986 con l’approvazione della legge 943 e si conclude nel periodo immediatamente successivo all’approvazione della seconda legge di sanatoria del 1990. In questa fase le istituzioni politiche e sociali si mobilitano, cominciando a considerare il fenomeno migratorio come un problema sociale, rispetto al quale è sempre più urgente intervenire. Lo straniero inizia a essere percepito come un individuo che – con la sua presenza – compromette equilibri sociali ed economici preesistenti, allargando le aree di emarginazione e di devianza, senza fornire alcun contributo al Paese, gravandolo, invece, di inutili costi economici e sociali.
  4. Nella quarta fase, dell’etichettamento, caratteristica degli anni Novanta, lo straniero si trasforma da problema sociale in problema di ordine pubblico: egli appare come un essere non solo indesiderato, ma anche socialmente pericoloso; il suo stereotipo tende a diventare il suo principale elemento definitorio e aumenta così ampiamente la distanza sociale tra italiani e stranieri immigrati.

Il passaggio da un atteggiamento di generica disponibilità e attenzione verso l’immigrato a una marcata chiusura, viene confermato da diversi sondaggi d’opinione (Bonifazi, 1994). L’indagine, promossa da Eurobarometro nel 1992, rilevava che il 64% degli italiani intervistati riteneva che ci fossero troppi immigrati nel nostro Paese, mentre nel 1988 tale percentuale era soltanto il 34%. L’indice di etnocentrismo, che nel 1988 era il più basso d’Europa (1,51 su una scala da 0 a 5), nel 1992 raggiungeva il valore di 2,75, collocando l’Italia tra i Paesi con il punteggio più alto.

Le ricerche, condotte nel biennio 1987/1988, nel 1991 e, infine, nel 1997 dall’“Istituto di ricerche sulla popolazione” del Cnr di Roma (Bonifazi e Cerbara, 1999), evidenziano in maniera particolareggiata le caratteristiche dei gruppi di italiani che presentano opinioni comuni rispetto al “fenomeno immigratorio”, al fine di individuarne le evoluzioni. La preoccupazione e i timori sembrano, quindi, più la conseguenza di una rappresentazione mentale del fenomeno che non il prodotto di un reale confronto quotidiano con gli immigrati (Natale e Strozza, 1997).

Un ulteriore dato significativo sull’evoluzione, in questo periodo storico, delle opinioni degli italiani in merito al fenomeno migratorio è quello presentato nel rapporto di ricerca Cnel-Eurisko (1999).
Nel confronto emerso tra tre differenti rilevazioni (novembre 1997, aprile 1998 e novembre 1998), la questione “immigrazione” presenta una discreta crescita di importanza (dal 9% di intervistati che la ponevano al primo posto nel novembre ’97 al 15% del novembre ’98), fino a superare nell’ultima rilevazione la questione “pensioni”, ponendosi al terzo posto, dopo le questioni “occupazione” (57%) e criminalità (20%).

Giovanni Giulio Valtolina
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