Ragazzi, dite no al bullismo

Una campagna nelle scuole e su un network per ragazzi, sostenuta da Telefono Azzurro. E una ricerca sulla percezione del fenomeno. Si torna giustamente a parlare di bullismo.

Gli italiani lo vedono così

19/04/2012
Una tavola del fumetto Per questo mi chiamo Giovanni, disegnato da Claudio Stassi, tratto dall'omonimo romanzo di Luigi Garlando.
Una tavola del fumetto Per questo mi chiamo Giovanni, disegnato da Claudio Stassi, tratto dall'omonimo romanzo di Luigi Garlando.

C'è una possibilità che il bullismo abbia sempre abitato tra noi, che non sia una novità di questi tempi. E' un fatto però che ce ne occupiamo più che in passato, che gli abbiamo dato un nome, che lo conosciamo meglio: se non è aumentato il fenomeno - ma non è facile a dirsi perché in passato non lo si monitorava come ora - è cresciuta la percezione. E' emerso.
Lo si evince, oltreché dall'impressione estemporanea che si ricava dalla sua presenza nel dibattito - dai risultati di una ricerca condotta da Astraricerche per conto di Farmaceutici Dottor Ceccarelli, promotore del progetto di prevenzione destinato alle scuole Siamo tutti Capitano. La ricerca non fotografa il bullismo, ma l'idea che gli italiani ne hanno, a volte attendibile, a volte meno. 

Stando alle statistiche sulla percezione: la parola evoca termini come violenza, prepotenza, prevaricazione nei confronti dei più deboli. Gli intervistati lo associano soprattutto alla violenza fisica più o meno incisiva (97,4%) e all'aggressione verbale (minacce, prese in giro, appellativi dispregiativi 90,2%). Meno percepito il bullismo indiretto (l'esclusione, la diffusione di menzogne infamanti sulla vittima), sentito dal 62% degli interpellati, che al 60,9% chiamano in causa la versione cyber, quella che implica l'utilizzo di cellulari e Internet per diffondere immagini e parole volte a screditare chi viene preso di mira. Si pensa che a scatenarlo siano soprattutto aspetti caratteriali della vittima, ma vengono citati anche l'aspetto fisico, la corporatura, la situazione economica. Molti intervistati associano il tema ai comportamenti dei ragazzi in età da scuola media e sono in molti a credere che il fenomeno sia cresciuto negli ultimi 5 anni.

Elevata, 40%, è la porzione del campione che ammette di aver subito prevaricazioni di questo tipo. E si tratta di coloro che hanno del problema una percezione più realistica che la ricerca fotografa così: sanno che non è solo la violenza fisica a fare male, sanno che entra nelle scuole prestissimo, fin dalla scuola d'infanzia, sanno che si viene presi di mira anche per le condizioni economiche in cui si versa, per le caratteristiche della famiglia, per la religione, per l'origine geografica. Sono, però, anche più pessimisti di coloro che non sono mai stati vittime sulla possibilità di un efficace  contrasto e ammettono, più degli altri, che nel caso anche "la fuggire" (per esempio cambiare scuola) come soluzione estrema.

Di fatto superata risulta invece la convinzione antiquata che la prevaricazione sia uno strumento per fortificare il carattere, hanno capito quasi tutti che si tratta di una distorsione che va combattuta. Ma come?
Alla presentazione della ricerca è intervenuta Simona Caravita, che studia il bullismo da anni all'Università Cattolica Sacro Cuore di Milano. E lei ha un'idea precisa: «Un contrasto efficace deve agire sul gruppo, non focalizzarsi sul bullo e sulla vittima. Nel "far funzionare" il bullismo infatti è essenziale il ruolo degli osservatori: spettatori/gregari dell'atto di prevaricazione. E bisogna agire presto, tra i bambini piccoli, prima che il problema si cristallizzi nei cicli scolastici successivi. Capita infatti di rado che gli spettatori agiscano a difesa della vittima, più spesso manifestano nei confronti del bullo un'indulgenza che sconfina nella giustificazione morale».

Nel mondo dei grandi questo silenzio si chiama omertà e lo spiega molto bene Luigi Garlando in Per  questo mi chiamo Giovanni, che in un romanzo efficace e delicato trova il modo di raccontare al bambino di 10 anni protagonista la storia di Giovanni Falcone, a partire proprio da un episodio di bullismo scolastico, in cui chi ha visto Tonio spingere Simone giù dalle scale si è voltato di là, lasciando Simone solo con il suo braccio rotto. Il romanzo, in uscita con una nuova edizione, ha una versione a fumetti che sta per essere pubblicata a puntate sul Giornalino della Periodici San Paolo, a partire dal numero 20, in edicola dal 13 maggio, dieci giorni prima del 20° anniversario della strage in cui moriva Giovanni Falcone, ucciso a Capaci il 23 maggio del 1992. 

                                                                                                                           Elisa Chiari

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