Cure staminali: la piccola Sofia e gli altri

Complessi e controversi i casi dei pazienti affetti da malattie incurabili che chiedono terapie staminali. Il parere del ministro Balduzzi e della esperta di bioetica Assunta

La piccola Sofia e gli altri casi

15/03/2013

Si sono susseguiti i casi di vari pazienti affetti da malattie incurabili per i quali, in questi giorni, è stato fatto un appello affinché non fossero abbandonate le cure a base di cellule staminali applicate secondo il metodo Stamina presso gli Ospedali Civili di Brescia.

L’ultimo, in ordine di tempo, il caso di F., il bimbo fanese di 26 mesi affetto dal morbo di Krabbe, una gravissima leucodistrofia che causa paralisi progressiva. Il giudice del lavoro di Pesaro aveva disposto cure alternative in una delle 13 “Cell Factory” italiane autorizzate dal Ministero e accreditate in base al rispetto della normativa vigente. Questa volta l’appello è partito dal sindaco di Fano, Stefano Aguzzi, che si è rivolto al presidente del Tribunale di Pesaro Mario Perfetti e al procuratore della Repubblica Manfredi Palumbo, affinché si tenesse conto della volontà dei genitori di F. di proseguire le cure.

La controversia che ha riguardato negli ultimi mesi anche altri pazienti ha avuto origine dagli accertamenti dello scorso anno effettuati dall'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) sulla Stamina Foundation, che avevano messo in luce rischi biologici connessi alle terapie incompatibili con le applicazioni delle norme di manipolazione e sicurezza, ma anche dei più elementari standard di indagine di laboratorio. Tutto ciò ha portato al blocco delle terapie. «A F. - si legge nell’ultimo appello del sindaco di Fano - deve essere garantita entro pochissimi giorni una trasfusione urgente di cellule staminali prodotte con metodo Stamina presso gli Ospedali di Brescia, unica cura 'efficace e poco invasiva' per le sue condizioni "drammatiche"».

La scorsa settimana aveva ottenuto il permesso per la terapia con la stessa procedura Salvatore Bonavita, 39 anni, affetto da sindrome di Niemann-Pick, una malattia neurodegenerativa, per cui il padre Luigi si era rivolto alla magistratura. Il giudice del lavoro Mauro Mollo, in quel caso, ha autorizzato le cure compassionevoli, riconoscendo l'evidenza dei miglioramenti ottenuti da Salvatore in seguito al primo ciclo, ma solo in una struttura autorizzata dal Ministero. Così il Tribunale di Torino ha ordinato agli Spedali Civili di Brescia di individuare un laboratorio di produzione di cellule staminali regolarmente autorizzato e alla Stamina Foundation di fornire a tale laboratorio le conoscenze e il personale competente a trattare le staminali secondo la propria metodologia.
Secondo il Ministero della Salute, l'attivazione di questo tipo di percorso è una concreta opportunità anche per gli altri casi in cui i giudici hanno posto come condizione che la produzione di cellule staminali avvenga in laboratori autorizzati.

Infine, la cronaca ha portato alla luce il caso della piccola Sofia, la bambina fiorentina di tre anni e mezzo colpita da leucodistrofia metacromatica sul quale è intervenuto direttamente il ministro della Salute Renato Balduzzi. Dopo, infatti, il drammatico appello dei suoi genitori che ha commosso l’Italia, si era arrivati in prima battuta all’ottenimento della possibilità di curare la bambina con cellule staminali soltanto in una struttura autorizzata dall'Aifa.

Ma la questione si è risolta definitivamente solo in questi ultimi due giorni: i genitori volevano che venisse trattata unicamente con il metodo Stamina Foundation, dichiarando di possedere una documentazione medica che attestava l'inefficacia di altre cellule su malattie neurodegenerative come quella di Sofia. E così è arrivata l’autorizzazione: Sofia è stata sottoposta alla seconda infusione di staminali a Brescia, come avevano chiesto i genitori. Per il ministro della Salute Renato Balduzzi, «quanto è stato fatto concilia il rispetto delle norme e delle sentenze della magistratura con la situazione eccezionale nella quale si trova la bambina». Balduzzi ha aggiunto, inoltre, che «si tratta di quella soluzione concreta che, incontrando i genitori di Sofia mi ero impegnato a favorire entro sette giorni».

Ma la vicenda non si è ancora conclusa, purtroppo. Il ministro Balduzzi aveva acconsentito a proseguire la terapia soltanto in una delle 13 “officine cellulari” autorizzate da Aifa, e così l’Azienda ospedaliera si era attivata presso la struttura dell’Ospedale Maggiore di Milano e la Stamina Foundation. Ma, in pratica, Aifa e Ministero della Salute non hanno ancora fornito agli Spedali Civili di Brescia gli strumenti legali né sanitari per bypassare il blocco del giudice fiorentino.

Il direttore generale dell'ospedale di Brescia Ermanna Derelli ha parlato di un’assunzione di responsabilità di tipo morale nei confronti della piccola paziente. «Resta fermo - ha scritto Derelli - che tale impegno dell'azienda è limitato al caso di Sofia e limitatamente alla seconda infusione. Si precisa che detta scelta non potrà riguardare altri casi o le successive infusioni per Sofia, in mancanza di precise e formali decisioni delle Autorità sanitarie e/o giudiziarie, che autorizzino o impongano la somministrazione della terapia con cellule non prodotte in cell factories autorizzate».

«Il 10 dicembre 2012 abbiamo sottoscritto il consenso informato per un ciclo di 5 infusioni. Vogliamo che sia rispettato quell’accordo», è invece la risposta di Caterina e Guido, genitori di Sofia.

Alessandra Turchetti
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