23/06/2010
Il liutaio Maurizio Tadioli nella sua bottega a Cremona.
Maurizio Tadioli, il maestro liutaio che ha voluto regalare un violino alla piccola Gaia, ha solo 42 anni, ma la sua bottega è molto conosciuta, e non solo in Europa. «Il 99% dei miei violini vanno all’estero», spiega, «negli Stati Uniti, soprattutto, ma anche in Cina, in Giappone, in Germania».
Quanto vale uno dei suoi violini?
«Dai 10.000 ai 15.000 euro. Richiedono in media un paio di mesi di lavoro».
Come ha cominciato?
«Quasi per gioco, nella bottega di mio nonno. Mi affascinava vederlo lavorare e a volte mi mettevo a giocare col legno, come fanno oggi i miei due bambini. Poi mi è nata dentro la passione. Nel frattempo, avevo cominciato a suonare il pianoforte e l’organo e ho dovuto decidere cosa fare della mia vita. Con grande dispiacere del mio maestro di pianoforte ho scelto di fare il liutaio e ne sono felice. Anche questa è una grande passione, non mi sembra nemmeno un lavoro. E comunque continuo a suonare».
Il fatto di sapere suonare l’aiuta nella sua professione?
«Certamente sì, anche se a Cremona ci sono eccellenti maestri liutai che non sanno leggere uno spartito. Ognuno è se stesso».
Le dispiace separarsi dai suoi strumenti?
«Sì, molto. Istintivamente, quando finisco uno strumento lo considero mio e faccio fatica a separarmene. Tengo volentieri i rapporti coi musicisti miei clienti. Molti di loro sono diventati amici. Quando mi torna indietro un violino, magari per una piccola riparazione, ci sto male per davvero».
Lei si è specializzato nelle copie dei grandi maestri liutai. Stradivari, Guarnieri del Gesù. Cosa significa fare una copia?
«Non significa semplicemente copiare da una fotografia, sarebbe troppo banale. Significa conoscere la storia di quello strumento, ispirarsi a ciò che i grandi maestri hanno voluto creare, a quel tipo di suono che hanno voluto produrre. Alla fine, in ogni strumento che esce dalle mie mani, metto qualcosa di mio. Ogni violino, in qualche modo, è un pezzo unico».
Perché ha deciso di regalare un violino a Gaia?
«Mia moglie Michela ha letto l’articolo che le avete dedicato. Siamo abbonati alla rivista, eravamo rimasti colpiti anche dalla copertina, dedicata ai giovani e alla musica. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo capiti al volo. Un talento come quello di Gaia in Italia è qualcosa di eccezionale. In altri Paesi no, e lo dico con dispiacere».
Perché?
«Loro sanno come coltivarli, noi forse non ci rendiamo conto delle risorse che abbiamo. Una volta, quando ero ancora agli inizi, un grande maestro liutaio giapponese mi ha dato un consiglio. Guarda l’arte italiana e ispirati, mi ha detto, perché voi avete già tutto. Aveva ragione, ne sono assolutamente sicuro».
Simonetta Pagnotti