Via Mubarak, Egitto tra gioia e crisi

La testimonianza di un italiano che vive al Cairo: i rischi della transizione, il desiderio di riforme, la civiltà della gente.

11/02/2011
Hosni Mubarak, faraone in frantumi.
Hosni Mubarak, faraone in frantumi.

  Dopo 30 anni di potere e 18 giorni di proteste di piazza, Hosni Mubarak si è dimesso e ha lasciato il Cairo. L'uomo forte è oggi Omar Suleiman, appoggiato dai militari. Sulle reazioni al Cairo e le prospettive immediate, Famigliacristiana.it pubblica in esclusiva la testimonianza di un italiano che da molti anni vive e lavora nella capitale egiziana.



    La lettura dei fatti, accaduti in Egitto nei 15 giorni precedenti, si presta alle interpretazioni più diverse. Il desiderio di cambiamento nel Paese, promosso dalla protesta di piazza, sembra giustificabile e comprensibile, ma la transizione dovrà essere condotta con prudenza e gradualità: il pericolo infatti di deviazioni fondamentaliste è dietro l' angolo come "rischio" possibile, considerata la particolare ubicazione di questo bel Paese, nel contesto degli altri del Medio Oriente, già in ebollizione.

      Va riconosciuto senza dubbio, che il popolo Egiziano, in questi giorni, si è dimostrato maturo e responsabile. Certo, i morti ed i feriti sono stati troppi e inutili... ma la stragrande maggioranza della gente ha voluto manifestare pacificamente. Purtroppo la fuga di tanti prigionieri dalle carceri, favorita da un comportamento contradditorio del regime di  polizia, ha provocato episodi di vandalismo e di violenza che nei giorni precedenti erano impensabili e che la stessa gente ha cercato di fermare ed arginare, senza però  riuscirci se non  in parte.

     Così, caserme bruciate,  luoghi pubblici rovinati dissennatamente, vetrine di negozi incolpevoli distrutte, auto parcheggiate incendiate, Carrefour assaliti e depredati, donne in pericolo per le strade, giornalisti non riconosciuti nel loro servizio di informazione, stranieri considerati da mettere al bando solo perchè tali, col rischio di includere anche quelli che hanno portato qui industrializzazione, benessere o volontariato solidale. 

     La gente, dicevo, si è dovuta organizzare  per difendere le proprie abitazioni, i negozi, altri luoghi pubblici anche con qualche atto eroico, come quello verificatosi per la difesa dei valori storico artistici attorno ed all'interno del prezioso”Museo Egizio”. Certo, le notizie dei capitali accumulati dal Presidente e dai ministri plenipotenziari, che tanto fanno scalpore in questi giorni, non aiutano a calmare gli animi esasperati. Tutto ciò ha provocato un vero collasso nel Paese, dal quale non sarà semplice rialzarsi, non solo per la svalutazione del 17%, ma anche  per l'arresto dell’ economia, di un artigianato fiorentissimo, del turismo. Si aggiunga, anche la perdita di tanti posti di lavoro, qui già precari assai più che in altri Paesi, che è divenuta conseguente ed automatica, soprattutto per giovani e donne impiegati.     

     Ora la speranza è quella che si trovino le vie per una mediazione ragionevole, che consenta una transizione pacifica alle prossime elezioni presidenziali fra 6/7 mesi... ma la piazza ed i partiti, anche di piccola entità, che fanno tanto scalpore e raccolgono il consenso dei "disperati" (tra questi, oltre ai carcerati fuggiti come detto, anche i poveri ed i disoccupati che non hanno niente da perdere!), sembrano chiedere un’accelerazione di tale processo ed un radicale cambiamento. Come ha esortato anche il Papa all' Angelus della Domenica 6 febbraio, ci rimane il "chiedere a Dio che questa terra benedetta dalla presenza della Sacra Famiglia, ritrovi la tranquillità e la pacifica convivenza, nell'impegno condiviso per il bene comune".  

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