Addio a Jobs, il genio della Mela

La vita e le opere di Steve Jobs, il visionario dell'universo digitale che ridisegnò il mondo in bianco. Fu adottato da genitori californiani. "Siate affamati, siate folli".

Cominciò tutto in un garage

06/10/2011

La malattia ha  assestato l’ultimo affondo nel duello a viso aperto che “mister Apple” aveva ingaggiato ormai da anni. Steve Jobs è scomparso dopo aver fatto diventare realtà la materia dei sogni che ci ha proiettato nel futuro, liberandoci di dizionari, carte, oggetti, macchinari, tastiere, documenti, libri, cartelle, archivi, monete. Come per tutti i geni, c’è da chiedersi cosa ci avrebbe dispensato in futuro la sua mente visionaria.  Una mente che ha ridipinto il progresso di bianco. E il bianco ha avuto un ruolo non secondario in questa faccenda, se è vero che una tinta che non ci è mai piaciuta, povera, neutra, banale, freudianamente angosciante, (fino al terrore, come argomenta Melville nel  Moby Dick) fa sempre più tendenza, diventa il segno distintivo della nostra epoca e della leggerezza di stile (il 70 per cento delle auto acquistate nel mondo sono bianche, proprio per la moda Apple). Insomma: il colore di un’epoca. Sfogliando l’album delle foto del “visionario della Silicon Valley”, come lo ha definito il Financial Times, ripercorriamo la storia di un ragazzo di San Francisco nato il 24 febbraio 1955 da  padre siriano e da madre americana. L'infanzia è povera e dolorosa, carica di sofferenze. Verrà adottato fin da piccolo da una coppia di coniugi californiani.

Steve si diploma in elettronica all’istituto Homestead di Cupertino, la capitale della Silicon Valley, dove vive e dove ha ancora sede la Apple, poi si iscrive all’Università dell’Oregon. Ma abbandona presto gli studi (proprio come l’altro celebre “nerd” Bill Gates, il padre della Microsoft) per fare un viaggio in India. Al suo ritorno, nel garage di casa, sperimenta con l’amico Steve Wozniek uno dei primi videogiochi, cercando di tramutare in businness un hobby. L’Apple Computer nasce nel 1976: per finanziarsi Jobs vende il suo pulmino Volkswagen. Sempre nel garage dei genitori i due giovani lavorano al primo computer. Quando un imprenditore li finanzia con 250 mila dollari per passare alla produzione in serie, l’Apple inizia l’inarrestabile successo. Il primo pc della storia, l’Apple II tocca il milione di dollari di vendite. Quando viene collocata in Borsa la società, Steve Jobs ha 25 anni. Il 24 gennaio 1984 l’Apple produce un pc dotato di un nuovo sistema operativo fatto di icone, finestre e menu a tendina. Un modo di lavorare e di pensare che cambierà la faccia di un’umanità sempre più globalizzata. Verranno gli anni della Pixar, la casa di produzione di lungometraggi al computer (come Toy story) e il rilancio di Apple e del suo ormai obsoleto sistema operativo Mac Os.

Quando i risultati sono piuttosto scarsi e la baracca rischia di implodere Steve, che nel frattempo di è sposato, ha avuto tre figli e ha abbracciato la religione buddista, riprende in mano le redini dell’azienda e la riporta sulla via del successo. Lancia un pc compatto che riduce lo spazio nella scrivania e inventa un nuovo stile di lavoro. Poi invade il settore della musica digitale sbaragliando il mercato con l’iPopd.Rinuncia allo stipendio (un dollaro simbolico) ma ottiene ottimi “benefits”, come un aereo privato da 90 milioni di dollari e stock options per 30 milioni. Nonostante sia indicato come uno dei più ricchi del mondo dalla rivista Forbes, la sua immagine resta ascetica, incurante del vil denaro, tutta concentrata sul ruolo di “guru” di un mondo sempre più immateriale basato sulla conoscenza e sulla comunicazione. Sul lavoro è meticoloso, preciso, pignolo. E' capace di stare a discutere su un'icona delel applicazioni del computer per ore. Il ragazzo del garage non sbaglierà più un colpo: iphone, Mac Os X, iPad.
 
L’unica cosa che ha potuto fermarlo è la morte. L'ultima apparizione in pubblico del visionario Steve Jobs risale al 7 giugno scorso: a sorpresa Jobs si presenta a una seduta del consiglio comunale di Cupertino (sede di Apple, nella Silicon Valley californiana) per presentare il progetto del nuovo campus aziendale e spezzare l’orrendo mercato di finte foto che circolavano intorno al suo mito e lo ritraevano come l’ombra di sé stesso. Aveva raccontato di come la morte sia la migliore invenzione della vita, perché costringe l'uomo a un continuo e necessario cambiamento. "Vivete ogni giorno come se fosse l'ultimo, cambierà la vostra prospettiva di vita", aveva detto a quei ragazzi con la toga e il tocco in testa. E poi l'ultimo viatico: "Siate affamati, siate folli". Si era anche parlato di un'impossibile riconciliazione col padre biologico Abdulfattah Jandali, un siriano-americano che lo aveva abbandonato. Ma Mister Apple aveva detto di no a quel tentativo di riavvicinamento. Un riavvicinamento ormai troppo tardivo.

                                                                                                  Francesco Anfossi

a cura di Pino Pignatta
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