18/05/2012
(Foto Wwf)
Pare che conosciamo meglio la Luna dei fondali marini. Solo un quinto delle specie presenti sulla Terra è stato identificato e questa cifra scende di molto se parliamo della biodiversità marina. Siamo ben lontani dall'aver assolto il compito assegnatoci nella Genesi di dare un nome a tutte le specie, anche se si è concluso da poco il censimento della vita marina a cui hanno partecipato 3 mila provenienti da 80 Paesi che hanno lavorato per 10 anni al progetto, censendo 350 mila specie e scoprendone 6 mila nuove, nell’ambito di 540 spedizioni scientifiche. Quel che è interessante è che la vera sorpresa sono i microorganismi marini. Messi insieme coprirebbero una superficie pari a quella delle Grecia, mentre la loro massa totale equivale a quella di 240 miliardi di elefanti africani! Secondo gli scienziati sono proprio questi minuscoli organismi i responsabili del 95 per cento della respirazione degli oceani.
(Foto Wwf)
Perché tutto questo interesse per dei microbi? “Sono quelli che hanno consentito il successo delle biotecnologie e i due terzi dell'abbondanza di microbi si ha proprio in mare e in particolare nel mare profondo. Si stima che in un chilo di sedimento ci siano 900 miliardi di batteri, oltre 1.500 miliardi di virus e pare fino a 900 mila diversi patrimoni genetici microbici” spiega Roberto Danovaro, direttore del dipartimento Scienze del mare dell'Università politecnica delle Marche, unico italiano nel coordinamento europeo del Census. Stiamo portando, con i nostri consumi, a degli squilibri nella vita marina a cui spesso non pensiamo. Se scompaiono gli squali che vanno a caccia nella barriera corallina, ad esempio, aumentano a dismisura, in assenza di predatori, i pesci pappagallo, i quali mangiano pezzi di corallo e portano alla distruzione della barriera.
“I risultati del Census of Marine Life ci confortano, e danno ancora più senso al nostro impegno per proteggere il Mar Mediterraneo” dichiara Marco Costantini, responsabile programma mare del Wwf - Spesso offuscati dalle immagini patinate dei documentari, non comprendiamo il valore del mare mediterraneo della sua peculiare biodiversità. Alla ricerca di emozioni colorate si perde spesso di vista e si relega a mare minore uno scrigno di biodiversità”. La crisi della pesca, il cambiamento globale, la globalizzazione dei traffici, l’inquinamento minacciano questa biodiversità. Occorrerebbe una rete di aree marine protette ecologicamente rappresentative ed efficacemente gestite, un aumento delle stesse (il mare protetto è ancora troppo poco) e una pesca che non sia più rapace ma che riesca a fare fruttare un bene naturale senza modificarlo, senza esaurirlo.
Gabriele Salari