Boston, la città della paura

Dall'attentato alla caccia all'uomo. Una settimana tragica per la città statunitense che rischia di concludersi in un altro bagno di sangue.

Obama a Boston: "Non ci fermeremo"

19/04/2013
Obama alla commemorazione delle vittime della strage di Boston (Reuters).
Obama alla commemorazione delle vittime della strage di Boston (Reuters).

Boston - “Finiremo la corsa, come quell’atleta 78enne con la casacca arancione, caduto pochi metri prima del traguardo, sbilanciato dalla prima bomba … ci rialzeremo, e finiremo la corsa.” Così dalla cattedrale di Holy Cross a Boston, Obama incoraggia e rincuora una città, e una nazione intera, al termine del servizio di preghiera multiconfessionale in memoria delle vittime dell’attentato che lunedì scorso ha causato 3 morti e oltre 170 feriti tra gli spettatori e gli atleti della maratona. E riassume il sentimento di una nazione intera che anche in questo caso reagisce stringendosi attorno alle vittime e dichiarando, all’unisono, più unita che mai di non aver nessuna intenzione di arrendersi davanti al terrorismo, interno o internazionale che sia.

“Avete sbagliato città, ormai dovrebbe essere chiaro,” dice poi rivolgendosi – chiunque essi siano - agli autori del massacro, il cui bilancio oltre ai tre morti include una decina di amputazioni e almeno venti persone attualmente in prognosi riservata: un gesto ancora non rivendicato e che aggiunge il Presidente citando la madre di una delle vittime, “non ha assolutamente alcun senso”.

La città, nelle parole di Obama, è quella “sbagliata” perché’ fin dai primi minuti ha dimostrato una solidarietà e una risolutezza nel reagire che non lascia dubbi sul fatto che un attentato così vigliacco invece di intimidire i suoi abitanti li rende paradossalmente più coraggiosi e determinati nell’affermare e nel vivere quei valori civici che come ha detto il governatore Deval Patrick prima di lasciare il pulpito a Obama: “uniscono questa nazione più della lingua la cultura o la religione.”

Di fatto la città – una città i cui i vialoni del passeggio e dello shopping sono diventati praticamente una zona di guerra - ha risposto in massa, con migliaia di bostoniani che hanno sfidato l’ora di punta appesantita sia dai posti di blocco, e i mezzi paramilitari accorsi da tutto lo stato sia dai camion e dagli accampamenti delle televisioni di tutto il mondo, per mettersi in fila disciplinatamente fuori dalla Chiesa e unirsi ai loro leader politici (di tutti i partiti - oltre al presidente, c’erano il sindaco il governatore attuale e i 4 precedenti tra cui Mitt Romney,) e a quelli spirituali (di tutte le confessioni compreso l’arcivescovo Sean O’Malley), in un rito tanto religioso quanto civile, in cui preghiera, solidarietà e determinazione diventano un potente e catartico tutt’uno.

“Sono qui in fila dalle sette, ” dice Anna Drennan, una donna di mezza età dalle fattezze inconfondibilmente irlandesi, venuta qui dall’estrema periferia Sud. “Non conoscevo nessuno direttamente coinvolto ma questa è la mia città: dovevo esserci!”. In fila con lei e tanti altri residenti DOC anche moltissimi Bostoniani d’adozione come Adam Vandersluis, barba fitta da intellettuale, originario del Minnesota impiegato in una non-profit con sede nel centro città. “Parte di me è qui per curiosità dice ma fondamentalmente voglio testimoniare la mia solidarietà a questa gente, dopo tutto potrebbe succedere ovunque.” 

Poi c’è Sidra Mahmood, pakistana, ricercatrice al Massachusetts General Hospital (dove molte delle vittime sono ricoverate) viso dolcissimo avvolto da un hijab multicolore: “Sono qui per dimostrare che di fronte al terrorismo siamo tutti uguali, tutti uniti nella condanna e nell’oltraggio,” dice con il timore, dichiarato, che i fatti di lunedì riaccendano i focolai di intolleranza anti araba e anti islamica che seguirono i fatti dell’11 settembre.

“Boston è la vostra città” ha detto Obama rivolgendosi alla congregazione e alle autorità locali riunite in cattedrale “ma è anche un po’ la nostra, di quelli che come me ci sono venuti e ci vengono a studiare, a lavorare o a farsi curare negli ospedali, ad imparare da turisti la storia americana o a partecipare ai tanti eventi – compresi quelli sportivi. E quando la prossima squadra locale vincerà il campionato di football, basket, baseball o hockey sono sicuro che alla parata sarete tutti in strada, come sempre. E che la prossima maratona sarà più grande più bella e più affollata delle ultime 117”

Insomma, a Boston, la corsa è già ripresa, e il prossimo traguardo – con l’aiuto di migliaia di cittadini che stanno inviando le loro foto e i loro video agli inquirenti – è trovare i colpevoli e portarli, come ha detto Obama con gli occhi sì lucidi ma anche fissi al centro dell’ inquadratura, prima possibile avanti alla giustizia.

Stefano Salimbeni

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