Faccia a faccia con il volto di Cristo

Va in scena dal 24 gennaio a Milano la contestata piéce teatrale di Romeo Castellucci intitolata "Sul concetto di volto nel figlio di Dio". Il mondo cattolico è diviso.

Una pièce teatrale contestata

24/01/2012
Il Teatro Franco Parenti di Milano (Foto Milestone).
Il Teatro Franco Parenti di Milano (Foto Milestone).

La guerra, se di guerra si tratta, è già stata dichiarata: «Quello spettacolo non s’ha da fare». Sul concetto di volto nel figlio di Dio, la pièce teatrale di Romeo Castellucci dall'estate del 2010, quando fu inaugurata alla manifestazione Theater der Welt di Essen (Germania), provoca, fa discutere, suscita gli animi. E molto. In questi ultimi giorni, poi, la polemica è sbarcata a Milano, dove l’ultimo lavoro teatrale dell’artista cesenate sarà rappresentato da martedì 24 a sabato 28 gennaio in sala mentre fuori, nella piazza antistante al Franco Parenti, il teatro che ospiterà l’evento, alcuni fedeli raccolti effettueranno preghiere di riparazione e rosari, cercando di riparare. “Riparare” cosa? L’offesa a Dio che lo spettacolo rappresenterebbe in scena, secondo alcuni gruppi cattolici coordinati dal Comitato San Carlo Borromeo.

Non ci sono solo polemiche, per la verità, visto che Andrée Ruth Shammah, storico direttore artistico del Parenti sulle pagine del Corriere della Sera di qualche giorno fa nel denunciare un clima da “caccia alle streghe” causato da messaggi e mail di insulto e di minaccia ma anche di richiesta esplicita di annullare lo spettacolo, chiedeva «l’intervento delle autorità civili e religiose» per difendere la sua scelta di programmare e mettere in scena la contestata pièce.

Una fase della protesta di alcuni gruppi cattolici a Parigi in occasione della  première dell'opera teatrale di Romeo Castellucci.
Una fase della protesta di alcuni gruppi cattolici a Parigi in occasione della première dell'opera teatrale di Romeo Castellucci.

La paura, evidentemente, è quella di ripetere in terra ambrosiana quello che è accaduto a Parigi lo scorso 20 ottobre in occasione della première dell’opera di Castellucci: alcune persone – riferibili a gruppi ultracattolici di destra del Renouveau français, dell’Action Française e dell’associazione Civitas, quest’ultima molto vicina a circoli lefebvriani – hanno fatto irruzione sul palco del Théâtre de la Ville de Paris durante lo svolgimento dello spettacolo e interrompendolo con la forza perché accusato di essere blasfemo. Una bestemmia contro Dio – secondo loro – il volto del cui Figlio Gesù, nella straordinaria interpretazione rinascimentale di Antonello da Messina intitolata Salvator Mundi (oggi conservata alla National Gallery di Londra) campeggia sovrano sullo sfondo della scena, quasi a interrogare direttamente lo stesso spettatore che vi assiste prima che la trama reale che vi si svolge: quella di un figlio che accudisce un padre gravemente malato, tanto malato da essere incapace di trattenere le feci.

La pièce si conclude con la discesa sul dipinto di un liquido nerastro, l’inchiostro delle Sacre Scritture che si scioglie davanti alla straziante scena secondo l’interpretazione del regista pubblicata sul sito del Parenti. Inchiostro che copre via via il volto di Cristo fino a cancellarlo, quasi a significare il crollo di tutto, anche dell’ultima speranza a cui attaccarsi. Con una scritta che fa la sua apparizione: “Tu sei il mio pastore”, famosa frase tratta dal salmo 23, e la particella “non” lampeggiante che fa capolino tra le prime due parole (“Tu non sei il mio pastore”), a ricordare, come sostiene Castellucci, che la fede vive, nei momenti più bui come quello della “scatologica” finitezza umana, il dramma del dubbio. Per la verità la versione completa del finale, che per motivi tecnici – troppo angusto lo spazio sul palco milanese – è stata “tagliata” nelle rappresentazioni di Milano, prevede l’ingresso in scena di alcuni bambini che cominciano a lanciare granate-giocattolo (e non feci, come da più parti si è detto, e come ha più volte negato lo stesso Castellucci) contro il Volto del Cristo.

Una scena de "Sul concetto del volto nel figlio di Dio" di Romeo Castellucci.
Una scena de "Sul concetto del volto nel figlio di Dio" di Romeo Castellucci.

Bestemmia contro Dio? Cristianofobia? Urlo al cielo in forma di imprecazione, genere letterario non certo sconosciuto nella Bibbia? A ognuno la sua interpretazione. Certo è che – a parte Parigi e Milano –  la pièce teatrale è passata per  molte altre città (fra cui Anversa, Roma, Madrid, Barcellona, Oslo, Atene, Londra, Mosca, Rennes) senza colpo ferire. E senza polemiche ma piuttosto, come ha detto il regista in occasione della presentazione alla stampa milanese di qualche giorno fa, con «dibattiti tra gli spettatori, fra cui anche credenti».

A proposito di interpretazioni, alcuni vescovi si sono già espressi in questi mesi sul tema. Da ultima la Curia milanese che, interpellata direttamente dalla direzione artistica del Parenti, ha mosso in un suo comunicato una velata critica allo spettacolo evidenziando, da un lato, che la «libertà di espressione, come ogni libertà, possiede sempre, oltre a quella personale, anche una imprescindibile valenza sociale», invitando tuttavia, dall’altro, i fedeli a non far accompagnare la preghiera con «eccessi di qualunque tipo». E se il vescovo di San Marino-Montefeltro, Luigi Negri, ha pubblicamente stigmatizzato lo spettacolo tacciandolo di “anticristianesimo”, la Segreteria di Stato vaticana, in risposta a una missiva del teologo domenicano p. Giovanni Cavalcoli che aveva scritto sollecitando una sua presa di posizione, ha auspicato che «ogni mancanza di rispetto verso Dio e i Santi e i simboli religiosi incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana».

Una scena tratta dallo spettacolo di Romeo Castellucci.
Una scena tratta dallo spettacolo di Romeo Castellucci.

Diverse invece le posizioni Oltralpe. La Conferenza episcopale francese, mentre qualche mese fa criticava senza appello Golgota picnic, un altro pezzo teatrale del regista ispano-argentino Rodrigo García espressamente e volutamente blasfemo rappresentato a Parigi, a proposito dell’opera di Castellucci si rifiutava di manifestare lo stesso stigma. Addirittura l’arcivescovo di Rennes, Monsignor Pierre d’Ornellas, in occasione dell’arrivo nella sua città della pièce teatrale, sul sito della sua diocesi invitava i fedeli a prendere del tempo per capire in profondità il senso dello spettacolo. E concludeva: «È chiaro che non c’è cristianofobia in questo pezzo teatrale». Anche le posizioni “laiche” divergono, con qualche sorpresa: Antonio Socci ad esempio ha scritto il 20 febbraio su Libero che impedendo la messa in scena «si rischia di gettar via un’opera che si interroga sul mistero del dolore e su Gesù».


Stefano Stimamiglio

Paolo Perazzolo, Alfredo Tradigo, Stefano Stimamiglio
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Postato da folgore il 29/01/2012 15:21

Una domanda sarebbe da fare a tanti che oggi fanno i distinguo: ma se al posto dell'immagine del Cristo vi fosse quella di VOSTRA MADRE, o della VOSTRA MOGLIE ( o di VOSTRO MARITO) e la stessa venisse presa a sassate per un fine "culturale" stareste tanto a fare i distinguo o agireste in altro modo? Vorrei vedere se un musulmano si fosse visto una immagine del Profeta trattata in tal modo o se il regista vi avesse messo, che so, in vista della giornata del 27 gennaio una di vittime dello Shoah.

Postato da Andrea Annibale il 24/01/2012 12:58

Ogni essere umano, anche non credente, ha diritto di interrogarsi, possibilmente con un minimo di rispetto, sulla figura di Gesù. In quest’opera di cui si parla emerge un interrogativo più volte sentito: perché Cristo ha tolto i peccati del mondo ma non il dolore del mondo? Cristo ha assunto il dolore del mondo senza toglierlo, l’ha fatto proprio e questo è il mistero dell’Incarnazione. Questo è qualcosa di blasfemo per l’ateo perché il Messia doveva togliere la guerra, la fame, la sofferenza. Il Messia così immaginato è un vitello di plastica che compie miracoli, una divinità tribale e antica. I cristiani non possono neppure eccepire la speranza del ritorno di Cristo quando vedremo cieli nuovi ed una terra nuova (Apocalisse, 21, 1) perché anche questo fa parte della fede. Ci sono risposte che si possono dare al di fuori della e prescindendo dalla fede? Perlomeno, mi pare, Cristo non ha peggiorato le cose dal punto di vista dell’ateismo perciò questo è un buon argomento per non prendersela con Gesù. L’errore di fondo è pretendere troppo da Gesù. Gesù stesso ha detto che il suo giogo è dolce ed il suo carico leggero (Matteo, 11, 30). La Bibbia dice che non saremo tentati oltre le nostre forze (1Corinzi 10, 13). Noi stessi abbiamo l’impressione che non sempre questo accade di fronte alle difficoltà della vita. La risposta è la santità, dimensione entro la quale, anche il dolore più acuto prende senso. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

Postato da CZAR il 24/01/2012 11:58

Ringrazio Famiglia Cristiana e gli autori di questo articolo per la pacatezza, l' onestà intellettuale e la completezza informativa con cui è stato affrontato questo difficile e spinoso argomento. Credo che nessun altro organo di stampa in questi giorni abbia saputo fare altrettanto. Leggo che don Floriano Abrahamowicz celebrerà una "messa riparatrice" in contemporanea con la rappresentazione teatrale. Da parte mia voglio solo citare Matteo 6,6 : " Quando preghi entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà".

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