13/01/2012
(foto Ansa)
La crisi dei rifiuti in Campania, che è alla base della condanna della Corte dei diritti dell'Uomo di Strasburgo, scoppiata nel 1994 è durata fino al 2009, quando cessò la cosiddetta fase di emergenza. La condanna della Corte dei diritti dell'Uomo fa riferimento alla “incapacità prolungata delle autorità italiane di assicurare il funzionamento regolare del servizio di raccolta, di trattamento e di eliminazione dei rifiuti»” che “ha colpito il diritto dei richiedenti, al rispetto della loro vita privata e del loro domicilio”.
Secondo i giudici di Strasburgo la mancata raccolta ed eliminazione dei rifiuti dalle strade, contrariamente a quanto sostenuto dallo Stato italiano, non fu provocata da cause di “forza maggiore”. Insomma, gridare all'emergenza non convince nessuno, soprattutto se questa dura 15 anni e riguarda uno dei servizi essenziali che deve garantire la pubblica amministrazione.
Appare bizzarro, d'altronde, che le nostre aziende ex municipalizzate, si occupino ormai di raccolta rifiuti all'estero, anche in megalopoli africane come Il Cairo, e poi non riescano a garantire lo stesso standard a Napoli.
In un'intervista pubblicata dal supplemento di un noto quotidiano, il ministro dell'Ambiente Corrado Clini definisce l'emergenza rifiuti a Napoli “un classico esempio di carenza di Governo del problema, al quale si associa la convergenza di lobby diverse”. Secondo il ministro chi si batte contro gli inceneritori “finisce col favorire l'aumento dei costi e le “procedure” di smaltimento che, come dimostrano le inchieste, hanno arricchito la malavita organizzata”.
Gli ambientalisti finirebbero, insomma, secondo il ministro, per fare il gioco della camorra.
Resta il fatto che i livelli ridicoli di raccolta differenziata a Napoli, l'assenza di politiche di prevenzione dei rifiuti e la mancata costruzione di impianti di compostaggio non sono certo il risultato dell'adozione di politiche ambientaliste.
Gabriele Salari