19/05/2013
Selena Greco, amica di Melissa (foto di Nicola Lavacca)
“Quel giorno io e Melissa non saremmo volute andare a scuola ma avevamo il compito di educazione fisica ed era importante esserci. Quando siamo arrivate a Brindisi ho notato il cassonetto blu per la raccolta della carta che solitamente non era posizionato davanti alla scuola.
Siamo salite sul marciapiede: Melissa era al centro, io alla sua sinistra, Azzurra a destra. Parlavamo delle vacanze, saremmo volute andare al mare tutte e tre insieme per la prima volta. Dopo aver percorso alcuni metri all’improvviso è esplosa la bomba.
Ho sentito un fischio assordante, ho visto un’intesa luce arancione e sono rimasta stordita dopo aver preso una forte botta alle spalle che mi ha scaraventato a terra.
Ho provato a rialzami due, tre volte, le gambe mi tremavano. Ho visto Melissa alla mia destra: aveva il capo riverso sull’asfalto. Azzurra, invece, era più avanti, inginocchiata con lo sguardo perduto nel vuoto”.
Gli occhi neri e vispi di Selena emanano una luce intensa e particolare. Nel rievocare quegli attimi di terrore, in quel velo di profondo dolore per la perdita della sua cara amica Melissa, s’intravedono anche coraggio e speranza. I giorni del tormento e della sofferenza sembrano interminabili.
Eppure, la giovane diciassettenne di Mesagne che si è salvata miracolosamente, insieme ad altre sette studentesse e uno studente, nell’attentato all’Istituto Professionale “Morvillo-Falcone" di Brindisi, ha ritrovato dentro di sé una incredibile forza d’animo dopo aver attraversato il buio.
Quel tragico mattino del 19 maggio di un anno fa sembra non sia mai passato. Le ferite, non solo quelle fisiche, sono ancora troppo laceranti e fanno male. Giovani vite sconvolte, segnate forse per sempre.
L’esplosione devastante di un ordigno rudimentale, nascosto davanti alla scuola, azionato dalla mano omicida di Giovanni Vantaggiato, reo confesso, seminò terrore e sgomento colpendo vittime innocenti. Selena Greco si trovava lì, come sempre, per entrare in classe insieme all’amica del cuore e di banco, Melissa Bassi che poi avrebbe perso la vita.
La copertina del libro "I giorni dopo il tramonto" di Selena Greco, edizioni Hobos (foto di Nicola Lavacca).
A lei ha dedicato un libro scritto in pochi mesi dal titolo emblematico ‘I giorni dopo il tramonto’, il cui ricavato dalle vendite sarà devoluto in beneficienza.
E’ un diario intriso di sentimenti, di ansie, paure, incertezze,
sensazioni in cui accanto ai ricordi più belli affiorano i momenti
terribili della strage e di tutto quello che ha portato via con sé.
“Melissa per me non era solo un’amica ma anche un punto di riferimento –
dice Selena che porta ancora i segni delle ustioni -. Avevamo fatto
insieme la Prima comunione nella chiesa di San Pio, poi c’eravamo perse
di vista. Ci siamo ritrovate quando abbiamo cominciato a frequentare
l’Istituto professionale, scegliendo il corso in servizi socio-sanitari.
Sin dal primo anno siamo state sedute nello stesso banco, cosa
che ha contribuito a cementare la nostra amicizia, anche fuori dalla
scuola. Condividevamo tutto, i nostri segreti, le nostre storie, la
quotidianità di adolescenti.
Lei era una ragazza semplicemente stupenda, aveva una visione positiva della vita.
Sorridente, affabile, simpatica, altruista. Era sempre disponibile a
darmi dei consigli. Tra noi c’era anche una sana rivalità per prendere i
voti più alti. Facevamo a gara, rispettandoci a vicenda. Eravamo le prime della classe.
La psicologia era la materia che ci piaceva di più. Non a caso, una
volta terminate le superiori, pensavamo di iscriverci all’università e
frequentare il corso di laurea in psicologia infantile, per stare un
domani con i bambini, per aiutarli. Invece, il nostro sogno non potrà
purtroppo realizzarsi”.
Il libro di Selena è una testimonianza forte, costellata da un racconto
lucido, preciso e da riflessioni ricche di significato. “E’ attraverso i
ricordi che una persona a te cara diventa indimenticabile – sottolinea
Selena -. Quand’ero ricoverata in ospedale, nel reparto di chirurgia
plastica, la psicologa che mi assisteva, la dottoressa Maria Rita Greco,
aveva notato che ricordavo tutto nei minimi particolari di quella
drammatica giornata. Mi diceva: prova a scrivere i tuoi pensieri. Così, è nata l’idea del libro.
Il titolo l’ho scelto dopo aver concluso l’ultimo capitolo. Le
sofferenze fisiche e psicologiche non possono essere cancellate, ma ho
voluto dare anche un messaggio di speranza a quelle persone che
subiscono violenza, che hanno la vita segnata. Perché si può
ricominciare, anche se non è facile specie quando vivi un’esperienza
terrificante, sconvolgente e ti viene a mancare l’amica più cara. Per
questo dopo il tramonto c’è la speranza di poter rivedere il sole, la
luce in fondo al tunnel”.
Selena, che indossa una collanina dove è inciso il nome di Melissa,
ricorda tutte le sequenze di quel tragico sabato di un anno fa. Erano
partite in pullman da Mesagne, con loro c’erano anche Azzurra Camarda,
le sorelle Veronica e Vanessa Capodieci, Sabrina Ribezzi e Aurora
Radeglia rimaste ferite nell’attentato. Attimi tremendi, concitati in
cui si stava consumando il dramma degli innocenti. Selena rivive gli
angoscianti momenti seguiti all’esplosione: “Dopo lo scoppio pensavo si
trattasse di un incidente stradale. Ho iniziato lentamente a vedere, mi
sono strofinata gli occhi. Poi sono entrata a scuola e davanti
all’ingresso ho visto anche Veronica e Vanessa Capodieci ferite. Ero
avvolta dalle fiamme. I jeans erano bruciati, mi sono tolta la camicetta
che stava prendendo fuoco. Le ustioni mi davano un dolore tremendo.
La prima reazione è stata di guardarmi intorno, gridavo a Melissa e
Azzurra di aiutarmi perché pensavo di essere stata ferita solo io. Ma
anche loro erano tutte nere. Nessuno mi riconosceva, ho detto alle
professoresse di soccorrere Melissa e Azzurra. Colava sangue dietro al mio orecchio. Ho chiamato la mamma, le ho detto di correre che era successo qualcosa di grave”.
Poi, la corsa contro il tempo verso l’ospedale. “Sono salita
sull’ambulanza, stavo con Melissa. Io riuscivo ancora a reggermi in
piedi. Melissa era sofferente, urlava. Mi ha guardato, le ho poggiato la
mano sulla spalla e le ho detto di stare tranquilla, che ci avrebbero
aiutate. Lei si è girata, e non mi ha parlato più. Avevo ustioni di
secondo grado alla spalla, alla pancia, alle mani, alla gamba destra
laterale e alla coscia sinistra mentre le ustioni di terzo grado avevano
interessato il viso, il collo e la caviglia. E’ stato un calvario,
anche se l’amore e l’affetto dei miei genitori mi hanno aiutato molto.
Una scheggia della bomba si è conficcata dietro l’orecchio; mi è rimasta la cicatrice”.
Mentre Selena ci racconta le sue emozioni arriva in casa Azzurra Camarda,
anch’essa ferita, che tra qualche mese compirà 18 anni. “Quando è
esplosa la bomba sono finita a terra - sottolinea Azzurra -. Credevo di
essere caduta da uno scooter, ho pensato che fosse un sogno. Di quello
che è successo dopo non ricordo più nulla.
Sono stata ricoverata nel Centro Ustioni, mi hanno operata più volte.
Per molti giorni comunicavo con mio madre che era dietro una vetrata
della mia stanza attraverso un microfono. Le chiedevo in continuazione notizie sulle mie amiche
Melissa e Selena. Ho riportato ustioni di secondo e terzo grado sul 49
per cento del corpo. Sono ancora scioccata e terrorizzata”.
Ragazze piene di vita, che hanno subito lesioni gravissime, anche sotto il profilo psicologico. Come Veronica Capodieci,
la più grave di tutte, strappata letteralmente alla morte dopo essere
stata sottoposta a innumerevoli interventi chirurgici a Pisa. Senza
dimenticare Anna Canoci di Tuturano che ha perso quasi completamente l’udito, Sabrina Ribezzi e Aurora Radeglia che convivono con incubi e paure. Tra i feriti Alessandra Gigliola e Andrea Calò di Brindisi.
La morte di Melissa Bassi ha lasciato un vuoto incolmabile. Selena torna
con la mente a quelle giornate di sofferenza: “Nel mio letto d’ospedale
mi chiedevo dove fosse Melissa, anche se avevo intuito che le sue
condizioni erano disperate. Seppi della sua morte dopo una settimana.
Provai un’immensa tristezza e scoppiai a piangere.
Ripenso spesso all’attentato: non riesco a trovare una
spiegazione logica di come la mente umana possa arrivare a tanto,
programmare un attentato davanti ad una scuola è assurdo e
inconcepibile. Credo nella giustizia, nella legalità. Sto
seguendo tutte le udienze del processo. Vorrei solo una condanna giusta
per quell’essere (Giovanni Vantaggiato, ndr), per ciò che ha fatto”.
Melissa, strappata alla vita nel fiore della giovinezza, rivive nella
memoria e nel cuore di Selena, di tanti altri amici, di quanti l’hanno
voluta bene. E il libro lascia una traccia indelebile della sua
esistenza. “Lei è un esempio per tutti noi, per tanti giovani – afferma
Selena con un pizzico di emozione -. Melissa è sempre nel mio cuore, me
la sento vicina come se non fosse mai andata via. Non voglio pensare che non ci sia più.
Quando sto con i suoi genitori, Rita e Massimo, che vado a trovare
spesso mi sembra di rivederla. Nel libro ho citato spesso le sue frasi.
Ne ricordo una in particolare quando diceva: “la felicità va ricercata
prima in se stessi. Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la
realtà, bisogna andare avanti, aiutando quelli che ci stanno accanto,
coloro che sono in difficoltà. Così possiamo pensare al nostro bene”.
Nicola Lavacca