Bayern-Borussia, lezione di calcio sano

A Wembley una finale ben giocata e divertente, piena di rispetto. In Italia, minacce ai giocatori della Lazio prima della finale di Coppa Italia.

25/05/2013
La gioia dei giocatori del Bayern e del loro allenatore, Jupp Heynckes, dopo la vittoria nella Champions (foto del servizio: Reuters).
La gioia dei giocatori del Bayern e del loro allenatore, Jupp Heynckes, dopo la vittoria nella Champions (foto del servizio: Reuters).

Il filmato di Bayern Monaco-Borussia Dortmumd, finale di Champiomns League 2013, 2 a 1 per i bavaresi, dovrebbe essere acquisito dal mondo del calcio come pellicola da cineclub, ed essere proiettato costantemente, in raduni seminari conferenze corsi eccetera, più o meno come il film dell’Incrociatore (o era una corrazzata?) Potiemkin di Eisenstein.

Non stiamo esagerando. Il gioco del calcio, di solito penosetta performance sportiva riscattata sul piano dell’interesse dall’alta emotività particolare sempre, generale sovente, ha visto due squadre tedesche, assistite dalla cancelliera del Paese Angela Merkel presente in tribuna, giocare per oltre 90’ a un gioco di atletismo spinto, di velocità alta e costante, di perfetto controllo della palla, ed anche di cavalleria e lealtà, senza peraltro mai abdicare all’impegno massimo ed alla necessaria durezza. Una lezione magistrale, culminata con il “tutti in scena” alla fine della rappresentazione, e impegnati ad abbracciarsi davvero i due allenatori, Heynkes vincitore e Klopp non sconfitto, i giocatori delle due squadre, fra di loro come da copione e poi con gli avversari come da educazione sportiva. Da far pensare che anche l’immensa tifoseria tedesca dello stadio londinese di Wembley, i rossi di Monaco e i gialli di Dortmund, potesse, poi, andare tutta insieme al rito della birra, con grandi manate sulle spalle e tanto congratularsi (gratuliren, in tedesco, e vi giuriamo che non fa ridere).

Partita splendida di gioco collettivo, e intanto con le individualità mai compresse, mai umiliate. Frenesia e lucidità, alla pari. Arbitraggio dell’italiano Rizzoli sereno, comprensivo, bene accettato da tutti, anche nell’occasione del primo gol del Bayern con un’ombra di fuorigioco e del rigore assegnato al Borussia con qualche piccola perplessità sull’intenzionalità del fallo. Il gol decisivo di Robben, olandese, in questa ultima stagione messo qualche volta in discussione pur essendo molto semplicemente un fenomeno, gol realizzato quasi allo scadere su passaggio magico di Ribéry, è stato accettato dagli sconfitti e goduto giustamente ma non smodatamente dai vincitori.

Juergen Klopp, allenatore del Borussia, applaude i suoi tifosi dopo la sconfitta.
Juergen Klopp, allenatore del Borussia, applaude i suoi tifosi dopo la sconfitta.

Ci doveva essere un verdetto finale, il premio al Bayern è giusto se non altro per il modo più valido e lineare con cui è arrivato alla finalissima distruggendo il Barcellona,finalissima a cui invece il Borussia è approdato con qualche acrobazia speciale, ad esempio per liquidare il Real Madrid. Grande calcio tedesco sciorinato sul prato, ma anche brasiliano, uruguaiano, balcanico, francese (oh Ribéry). Grandi portieri, tutti e due tedeschi, espressione della Germania calcistica che non si affida soltanto ai panzer. Grande pubblico immenso e composto e competente. Grande lezione, ecco.

Lezione a chi? A chi ha l’umiltà di comprenderla. Teoricamente dovremmo essere noi italiani gli allievi più interessati e attenti e ricettivi: ma mentre le due squadre tedesche eseguivano il loro grande rito sportivo, le due squadre romane vivevano una vigilia di derby, per la finale di Coppa Italia, avvelenatissima, anche con minacce pesantissime di vendette fisiche sui giocatori da parte di ultras che sono delinquenti. Che orrore, che pena, che schifo. 

Torniamo allo sport. Adesso per la Supercoppa europea il Bayern di Monaco incontrerà il Chelsea di Londra, che ha vinto sul Benfica di Lisbona la finale di Europa League. Gli allenatori nuovi delle due squadre saranno Guardiola per il Bayern e Mourinho per il Chelesa, che che si sono squartati quando, storia fresca, allenavamo Barcellona e Real Madrid nella grande guerra spagnola. Chissà se si ripeterà il miracolo almeno della normalità di svolgimento di una partita, per importante che sia. A noi italiani sembra impossibile, speriamo di sbagliarci.

Un dettaglio per la degustazione piena del match di Wembley. In tribuna stava Mario Goetze, il più forte del Borussia, passato per la prossima stagione al ben più ricco Bayern. Una lesione alla caviglia, vogliamo pensare vera in sintonia con tutto il calcio della seratona di Wembley che è stato sincero, gli ha vietato l’incontro. Inquadrato dalle telecamere, ha tenuto sempre un’espressione neutra, sino a che non si è sciolto nel sorriso al rigore che ha dato il provvisorio pareggio al Borussia. Come a dire che il suo cuore resta a Dortmund: e tutti devono averlo capito. Tutti? Forse non quelli che stavano preparando la battaglia della Roma contro la Lazio, della Lazio contro la Roma, di tutte e due le tifoserie contro il vero gioco del calcio, contro lo sport.

Gian Paolo Ormezzano
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Postato da micheleverona il 28/05/2013 11:24

I problemi che affliggono le società calcistiche italiane sono molti; sintetizzo le mie idee: 1) i tifosi che non sanno cosa sia la sportività, lo spirito sportivo, quello spirito che mi fa capire che senza l'altro, al quale deve andare il mio rispetto, non esisterei nemmeno io. Tifosi spesso violenti e che pretenderebbero di dettare legge alle società e agli allenatori. 2) la delinquenza organizzata che affligge l'Italia, che sfrutta anche il mondo del calcio. 3) la cultura, antisportiva, per cui conta solo la vittoria e chi perde deve essere umiliato. Torno a dire: senza l'altro, l'avversario, io non potrei esistere, non potrei giocare. Dunque l'altro per me è importante e il suo impegno va onorato.

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