20/08/2012
Mitt Romney e Paul Ryan durante la campagna elettorale in Wisconsin (Reuters).
Mitt Romney, il candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, e prossimo avversario di Baracik Obama, si è "buttato a destra". Su questo, l’accordo tra analisti e osservatori è totale. Un po’ meno sulle conseguenze della scelta di Paul Ryan come candidato vice presidente da parte Repubblicana, e, in questo caso, per sapere chi ha ragione dovremo aspettare i numeri.
Per ora, quelli dei primi sondaggi sono, per la verità, un po’ freddini.
Il candidato repubblicano alla vice presidenza degli Stati Uniti con la madre Betty Douglas durante un tour elettorale in Florida (Reuters).
L’annuncio, due sabati fa dell'investitura” del 42enne deputato del
Wisconsin al ruolo di “running mate” (compagno di corsa, qui il
candidato a vice presidente si chiama cosi’) ha lasciato praticamente
invariati gli indici di gradimento dell’elettorato, ma il coro unanime
dei Repubblicani, che affollano i talk show televisivi da una settimana,
si dice sicuro che, sul lungo periodo, il giovane leader della
commissione bilancio della camera, convinto fautore dei tagli drastici
alle tasse e alla spesa pubblica, sara’ la scelta migliore. Dopotutto,
l’esperienza di 4 anni fa, quando John McCain scelse, a sorpresa alla
vigilia della convention, l’entusiastica ma impreparata Sarah Palin, è ancora fresca nella memoria del partito dell’elefante: appena
presentata, i sondaggi schizzarono in alto ma, alla distanza, si rivelò un flop, decisivo secondo molti per l’esito dell’elezione poi
vinta da Barack Obama.
Di certo Ryan è tutt’altro che impreparato: anche su questo sono tutti d’accordo. Eletto alla camera appena 28enne ha gia’ raggiunto il suo settimo mandato, dimostrando, nel frattempo, una conoscenza profonda dei complessi e delicati problemi macroeconomici che coinvolgono la finanza pubblica. Ora resta da stabilire a quanti americani piacerà il fatto che, per risolverli, ha gia’ usato, e intende se eletto, usare pesantemente la scure, anche e soprattutto sulle classi medio basse. La sua proposta di bilancio del 2010 ad esempio prevede tagli per 5,300miliardi di dollari in dieci anni che vanno ad intaccare tutti i programmi pubblici di sostegno ai piu’ deboli; il tutto accompagnato dall’idea di abolire del tutto la tassa su dividendi eritorni di investimento (capital gain) – una misura che, tanto per citare il caso piu’ in vista di tutti, permetterebbe a un miliardario come il suo (ora) capo Romney, che ha dichiarato un reddito lordo di 21 milioni di dollari, di pagare appena l’1% di tasse invece del 14% versato all’erario.
Non a caso, da sinistra sono prontamente state fatte notare le simpatie, anzi l’ammirazione, di Paul Ryan per la scrittrice Ayn Rand, romanziera di origini russe, popolare tra i giovani e gli universitari, sostenitrice di un estremo e feroce darwinismo sociale che vede la povertà come il frutto di scelte personali sbagliate e dunque legittimamente punibile con politiche pubbliche che, in pratica, lasciano gli svantaggiati “cuocere nel loro brodo”. Simpatie che il candidato a vice presidente Repubblicano ha recentemente più volte smentito ma che, almeno secondo la CNN, fino al 2005 sbandierava pubblicamente con orgoglio.
Barack Obama e il suo vice Joe Biden durante una partita di basket a Washington (Reuters).
Probabilmente anche per questo, nonostante Ryan sia dichiaratamente e attivamente cattolico - addirittura con un passato da chierichetto - i vescovi della conferenza episcopale USA lo rimproverano, da due anni, per l’approccio alle politiche sociali definendolo “immorale nei confronti dei poveri e dei vulnerabili”; e le suore di Dubuque in Iowa hanno preferito, alcuni giorni fa, apparire pubblicamente (mangiando gelato) con l’atro vice presidente – quello in carica, Joe Biden, vice di Obama ormai da quattro anni, cattolico anche lui, fervente e praticante, ma con problemi opposti a quelli del suo diretto avversario. Di fatto, al 69enne senatore del Delaware – anche lui iniziato giovanissimo alla politica (eletto a soli 30 anni) – è stato vietato di parlare nelle scuole cattoliche della sua città, Wilmington, a causa delle sue posizioni liberali su aborto e matrimonio gay, in linea con quelle del suo partito Democratico, ma apertamente in contrasto con la dottrina vaticana.
L'attuale vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden durante un incontro alla Casa Bianca (Reuters).
Poco importa se il vice di Obama frequenta la Messa fin da bambino e porta la coroncina del rosario sempre con sé: per molti cattolici americani (ma non per tutti) le istanze morali prevalgono su quelle sociali, anche e soprattutto nell’urna elettorale. E visto che Ryan – anche lui in perfetta armonia con il suo partito, quello Repubblicano – vanta una storia di voti in parlamento immacolata contro queste due importanti (per molti decisive) questioni – da qui al prossimo novembre i cattolici americani (un quarto dell’intera popolazione, e quasi un terzo negli stati “indecisi” del Midwest) avranno di che dibattere, l’un l’altro e con sé stessi, prima di entrare, il giorno 6, nella cabina.
Certo l’elezione riguarda il presidente, non il suo numero due, ma con cifre così incerte, a meno di tre mesi dal voto, ogni elemento può fare la differenza. Agli antipodi in quanto a politica economica e sociale, Ryan e Biden oltre al loro cattolicesimo – interpretato in chiave partitica – hanno in comune la capacità di parlare alle classi medio basse, all’uomo della strada, specie quello con il colletto blu e la pelle bianca, cosa che ai loro rispettivi capi seppur per motivi diversi non sempre riesce facile.
Dunque se con la scelta di Ryan la corsa da una parte si radicalizza da un punto di vista ideologico (cosa già evidente dal crescere dei veleni negli spot elettorali) dall’altra diventa ancora piu’ equilibrata. Sarà interessante sentire i due vice alle rispettive convention, in programma nelle prossime due settimane, pubblicizzare il proprio presidente e cercare di screditare l’altro, usando sicuramente, come sempre accade da queste parti in campagna elettorale, anche l’arma religiosa. E ancor più interessante sarà vedere faccia a faccia, uno contro l’altro, nell’unico dibattito a loro disposizione, previsto il prossimo 11 ottobre, due cattolici, per la prima volta nella storia americana, contendersi la poltrona di co-pilota dell’uomo piu’ potente del mondo.
Stefano Salimbeni