11/06/2012
L'ambizione di Cesvi in Kenya come in altri Paesi del mondo
in cui è impegnato, dunque, è
realizzare delle aree interamente libere dal lavoro minorile: nello
specifico, operando in profondità nelle province di Nairobi e Nyanza, ci si
augura che si inneschi un circuito virtuoso che si estenda anche nel resto del
Paese. Lo studio, effettuato in questi ultimi dodici mesi, ha fotografato una
situazione ovviamente drammatica in cui si nota come le bambine e le
adolescenti siano maggiormente sfruttate nel lavoro domestico, nell'agricoltura
e nella prostituzione, mentre i maschi "dominano" i settori del
riciclaggio dei rifiuti e della pesca: lavori usuranti, anche e soprattutto per
dei minori, che sfociano in molti casi nel totale calpestamento dei diritti
inviolabili dell'infanzia.
Il 56,4% dei bambini vittime di sfruttamento iniziano a
lavorare tra i 5 e i 9 anni: nelle aree urbane vengono assoldati in modo
illegale nel business "informale" del riciclaggio dei rifiuti, al di
fuori delle grandi città predomina lo sfruttamento nel settore minerario. Da
segnalare anche il trasferimento di minori dalle zone rurali, dove vengono
venduti per pochi soldi, ai grandi centri come Nairobi (dove finisce il 95,45
del totale dei bambini oggetto di "traffico"): la loro nuova
destinazione prevede riduzione in schiavitù per lavori domestici o mercato della
prostituzione.
Già, perché tra le conseguenze negative che il lavoro
minorile comporta ci sono anche quelle legate allo stato di
salute: nei bambini
lavoratori si registra un'incidenza altissima di tagli, ferite e, in generale,
di malattie di ogni genere provocate o aggravate da malnutrizione (soprattutto
nella provincia di Nyanza) o abusi (soprattutto nella provincia di Nairobi): il
77.7% di coloro che hanno risposto al sondaggio ha ammesso di aver registrato
nell'ultimo periodo almeno 1-2 casi di morte di minori imputabile al lavoro
svolto.
Alberto Picci