Mia Mamma è (anche) una Donna

Presentata la nuova campagna di Intervita onlus ispirata dai desideri che i bambini hanno per le loro mamme

Un difetto di sistema

06/05/2013

Mamme nella crisi: lavorano, si fanno carico della famiglia, tengono fede ai loro doveri ma godono di pochi, pochissimi, diritti. A volte neanche quelli più elementari. Il Rapporto presentato da Intervita onlus traccia un quadro impietoso dell'universo femminile in Italia, specchio fedele di un Paese che fatica a crescere perché dà per scontate, invece di valorizzare, le proprie risorse. Cominciando proprio dalle dalle mamme, che, come raccontano i 1.500 bambini di Milano, Napoli e Palermo coinvolti nel progetto Frequenza200, network nazionale contro l'abbandono scolastico, non possono permettersi il lusso di essere fragili.


La campagna "Mia Mamma è (anche) una Donna" parla proprio di questo: di come il concetto di madre sia, nella percezione dei figli e, in generale, del mondo che le circonda, assolutamente totalizzante rispetto a quello di donna. Questa sovrapposizione diventa pericolosa nel momento in cui porta con sé una sorta di privazione di quei diritti inalienabili che invece, con maggiore facilità, vengono riconosciuti alle altre donne che non siano la mamma. Perché questa disparità?

La scelta di partire dal punto di vista dei figli, chiamati a descrivere cosa piace ma anche cosa non piace alle loro mamme, si trasforma così in uno straordinario strumento di verità: "Vorrei che potesse spendere 50 euro tutti per sé"; "Vorrei che potesse non lavorare più e andare in vacanza"; "Desidero volerle sempre bene per tutta la mia vita"; "Vorrei che avesse figli con 7 in tutte le materie". E ancora: "La mia mamma è felice quando pensa alla propria famiglia"; "La mia mamma è felice quando io e mio fratello non litighiamo"; "La mia mamma è felice quando cucina". Bisogni solo apparentemente semplici che celano una complessità non solo concettuale ma anche strutturale, di sistema, consentendo di entrare dalla porta principale nelle case degli italiani.


Già, perché in una società in cui si chiede alle mamme di lavorare il più delle volte per necessità e nello stesso tempo di gestire le incombenze domestiche e familiare, è impensabile, come invece accade in Italia, che i servizi per la prima infanzia siano così poco diffusi rispetto alla media europea (20% contro 33%). Nei quartieri coinvolti dal progetto, le mamme sono risultate "il punto più fragile della dimensione famigliare: bassa scolarizzazione, difficile autonomia economica e lavorativa e, nel caso di provenienza extracomunitaria, problemi di carattere linguistico e culturale".

  

Alberto Picci
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