Sudan, allarme Caritas per la guerra

Si teme un nuovo conflitto su larga scala, catastrofico per Juba quanto per Khartoum. Crisi umanitaria grave. E i prezzi salgono alle stelle. VIDEO e PHOTOGALLERY.

30/04/2012
Le immagini della copertina e del servizio sono dell'agenzia Reuters. In questa foto: un soldato dell'esercito del Sud Sudan.
Le immagini della copertina e del servizio sono dell'agenzia Reuters. In questa foto: un soldato dell'esercito del Sud Sudan.

«Siamo sull'orlo di una guerra aperta tra i due Sudan che rischia di provocare una catastrofe». L’ennesimo allarme è stato lanciato da Caritas Internationalis. L’organismo umanitario della Chiesa cattolica teme una ripresa del conflitto su larga scala fra il governo di Khartoum e quello di Juba, se non verranno impedite ulteriori azioni militari. L'Unicef e le altre agenzie si trovano a gestire 15 diverse situazioni critiche, alcune molto gravi. Ed è in arrivo la stagione delle piogge. In questo video (curato da Luciano Scalettari; riprese di Paolo Siccardi/Sync), intervistiamo Alessia Turco, responsabile delle missioni umanitarie dell'Unicef, che ci spiega la situazione a partire dalla mappa delle emergenze: 



    
     Una nuova guerra, sottolinea la Caritas, sarebbe un disastro umanitario per entrambi i Paesi.
Il comunicato dell’organizzazione di volontariato internazionale esprime anche grande preoccupazione per la situazione del Darfur, la regione dell'Ovest del Sudan dove opera una serie di movimenti di guerriglia che combattono l'esercito sudanese e le milizie a esso affiliate: a Nyala, capoluogo del Darfur, l'ufficio di Sudan Aid (organizzazione associata alla Caritas) è stato chiuso dalle forze di sicurezza.

     La situazione è già grave: un altro fronte di crisi si è aperto nell'area di Heglig, dove vi sono stati recenti aspri scontri fra gli eserciti dei due governi sudanesi.
Attualmente vi sarebbero (secondo le stime, la zona al momento non è accessibile) 35 mila sfollati. Inoltre, c’è preoccupazione per la situazione precaria dei 500-700 mila cittadini originari del Sud Sudan che vivono nel Nord: l’8 aprile è scaduto il termine loro imposto da Khartoum per tornare in patria e c’è il rischio di un esodo di massa.

Militari fedeli al presidente sudanese Omar al-Bashir durante una manifestazione davanti al ministero della Difesa di Khartoum.
Militari fedeli al presidente sudanese Omar al-Bashir durante una manifestazione davanti al ministero della Difesa di Khartoum.

Chi sta soffrendo di più a causa degli scontri militari in corso sono i rifugiati che si trovano a ridosso del confine, specie quelli del campo profughi di Yida, in territorio sud sudanese, la maggior parte dei quali provenienti dal Sud Kordofan: in questa regione, le truppe di Khartoum stanno reprimendo un movimento secessionista, appoggiato, forse, dal Sud Sudan. Inoltre, alla precaria situazione legata ai “venti di guerra” fra i due Paesi si è aggiunto il problema dell’aumento esorbitante dei prezzi sui generi di prima necessità e sul carburante.

     Sul versante politico, dopo il viaggio del presidente del Sud Sudan Salva Kiir in Cina (con il quale ha ottenuto l’impegno cinese a dare crediti a tassi agevolati e aiuti di carattere umanitario), si è aperta la speranza che il gigante asiatico possa avviare una mediazione fra i due Paesi: gli scontri alla frontiera fra Nord e Sud Sudan sono stati al centro dei colloqui e la Cina potrebbe esercitare un’influenza notevole sui due governi dato che acquista il 60% del loro petrolio.

Luciano Scalettari
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