Armi made in Italy, cresce l'export

Rete disarmo e Tavola della pace analizzano il Rapporto 2012 del Governo. Aumentano le esportazioni verso le zone di maggior tensione del mondo ma diminuiscono le informazioni fornite.

Nessun problema se vendiamo ad Algeria, Singapore, India e Turchia?

05/05/2012
Foto Nino Leto/Famiglia Cristiana
Foto Nino Leto/Famiglia Cristiana

Atteso per fine marzo, il dossier del Governo è stato reso noto solo il 24 aprile. Si tratta del Rapporto della Presidenza del Consiglio relativo alle esportazioni e importazioni militari nel 2011. Il resoconto, versione sintetica di una più lunga relazione depositata in Parlamento, è una delle conquiste scaturite dalla legge 185 che dal 1990 disciplina la delicata e controversa questione dell'import/export di sistemi d'arma. La sua pubblicazione dovrebbe essere garanzia di trasparenza, strumento di informazione e dialogo con la società civile.


Quest'anno il Rapporto ha sollevato molti dubbi, tra ritardi, lacune, dati "ballerini" e prospettive poco rassicuranti. Le esportazioni di armi italiane aumentano, soprattutto verso le zone di maggior tensione del mondo. Intanto le informazioni fornite dal Governo, già diminuite negli ultimi anni, diventano ancora più scarse E scorrendo le 101 pagine di cifre e grafici, i ricercatori hanno notato alcune significative mancanze rispetto agli anni passati. E' scomparsa la cosiddetta "tabella 15", un prezioso strumento di valutazione e controllo. «Dopo un intenso confronto con i rappresentanti dell'ultimo governo Prodi – spiega Giorgio Beretta, analista della Rete italiana per il disarmo - eravamo riusciti a far inserire nel rapporto una tavola sintetica, che documentava valori e tipologie di sistemi militari autorizzati verso i singoli Paesi. Quest'anno la tabella 15 è stata semplicemente cancellata, senza spiegazioni, cosa che rende sicuramente più difficile il nostro lavoro di ricostruzione e monitoraggio».

A un esame meticoloso del testo governativo emergono anche alcune imprecisioni. Per fare qualche esempio, dalla lista dei principali Paesi destinatari di autorizzazioni all'esportazione di armi sparisce l'India, che pure occupa il terzo posto (con autorizzazioni per 259,41 milioni di Euro) come segnalato altrove nel Rapporto. E l'elenco dei principali destinatari dei Paesi Ue/Nato tralascia la Turchia, benché si tratti del primo acquirente di armi Italiane nell'area Nato. L'unico modo per conoscere la reale posizione di questi Paesi è andare a spulciare le tabelle allegate al rapporto. Possibile che si tratti solo di sviste dovute alla fretta? «Difficile dirlo – risponde Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo – Noi ci limitiamo a osservare che tanto l'India quanto la Turchia sono territori densi di controversie, sui quali sarebbe opportuno tenere alta l'attenzione».  

Nuove lacune si sommano a mancanze consolidate. Già dall'inizio dell'attuale legislatura, la Relazione presentata in Parlamento non contiene più il "Riepilogo in dettaglio per istituti di credito", una tabella molto utile, che per anni ha riportato tutte le singole operazioni autorizzate alle banche. Gli istituti di credito  sono un anello importante nella catena delle esportazioni. Recentemente alcune banche hanno adottato politiche di trasparenza e hanno cercato di limitare i servizi d'appoggio al commercio di armi, almeno verso le aree più critiche. «Ma senza informazioni dettagliate e precise – spiega Vignarca - queste politiche virtuose rischiano di essere disincentivate, a vantaggio delle banche che invece non hanno adottato alcuna policy in materia di armi».

Lorenzo Montanaro
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