Riccardi: non riconoscere il diritto alla cittadinanza spegne la voglia di vivere

20/11/2012
Foto tratta dall'archivio del Comitato italiano per l'Unicef. La fotografia di copertina, invece, è di Alberto Bevilacqua.
Foto tratta dall'archivio del Comitato italiano per l'Unicef. La fotografia di copertina, invece, è di Alberto Bevilacqua.

«I figli degli stranieri che nascono in Italia non sono soltanto i figli degli immigrati, sono anche figli nostri, sono il nostro futuro». Lo ha detto Andrea Riccardi, ministro della Cooperazione, in occasione del lancio della campagna “Io come tu. Tutti uguali davanti alla vita, tutti uguali di fronte alle leggi” da parte di Unicef Italia. La campagna intende richiamare l'attenzione sull'uguaglianza dei diritti di tutti i minorenni e la non discriminazione dei bambini e degli adolescenti di origine straniera che vivono in Italia. In particolare, l'Unicef chiede una nuova legge sulla cittadinanza, così da rendere cittadini italiani i figli degli immigrati che nascono sul nostro territorio nazionale.

A sinistra: il ministro Andrea Riccardi.
A sinistra: il ministro Andrea Riccardi.

Il ministro Riccardi condivide in pieno questo obiettivo e  giudica antiquato lo “jus sanguinis” attualmente vigente (in base al quale, la cittadinanza si acquisisce o dalla nascita grazie a un genitore che sia italiano, oppure, in un secondo momento, per naturalizzazione, dopo dieci anni di residenza regolare o dopo tre anni di matrimonio con un italiano). La legge risale al 1992. Negare il diritto alla cittadinanza, secondo Riccardi, spegne «la grande speranza e la voglia di vivere» dei figli degli immigrati nati qui, determinando «un percorso esistenziale sospeso». «Non è l'emergenza di Lampedusa il paradigma dell'immigrazione, sono le aule delle nostre scuole, dove i figli degli immigrati si integrano ogni giorno. Perché la nostra non è la società dello scontro di civiltà, ma la società del convivere», ha detto il ministro fra gli applausi. «Rivendico a questo Governo», ha aggiunto Riccardi, «l'aver contribuito a un  rinnovamento dei toni e del linguaggio sugli immigrati. Prima c'era un tono che mi faceva vergognare».


Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia.
Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia.

«Il ministro ha ragione, prima di questo Governo si parlava degli immigrati con un linguaggio degno di una congrega di alcolisti», ha osservato il sociologo Luigi Manconi. Riccardi giudica “un peccato” l'impasse in Parlamento della discussione sulla nuova legge sulla cittadinanza, ma esprime un auspicio: «Nel 2013 si celebrerà l'Anno europeo della cittadinanza, quale migliore appuntamento per fare giustizia?». Intanto sono già 61 i Comuni italiani che, grazie all'invito dell'Unicef, hanno conferito la cittadinanza onoraria ai minorenni di origine straniera che vivono nei loro territori. Altri 106 comuni, annuncia il presidente di Unicef Italia Giacomo Guerrera, lo faranno nei prossimi giorni.

Il 20 novembre si celebra la Giornata nazionale dell'infanzia e l'adolescenza. Per l'occasione il presidente della Camera Fini ha deciso di dedicare ai temi dell'infanzia tre ore della seduta pomeridiana della camera dei deputati. Sarà interessante vedere il numero dei parlamentari presenti in aula.

Roberto Zichittella

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Postato da Libero Leo il 18/11/2012 00:20

Mi pare che si voglia concedere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati che nascono in Italia. Mi domando perché l’elemento discriminante debba essere il luogo di nascita? Una donna immigrata appena giunta in Italia dà alla luce un figlio e dopo un po’ se ne ritorna nel suo paese: suo figlio deve essere italiano, anche se è stato in Italia solo qualche mese e non sa nulla dell’Italia? L’elemento discriminante dovrebbe essere qualcosa di più importante e significativo. Ad esempio, aver lavorato in Italia per un certo periodo in modo da conoscerne la lingua e, si spera, assimilarne un po’ la cultura. Però tutto dipende dagli obiettivi che si hanno. Se si vuole conservare l’italianità, è bene fare in modo che la cittadinanza venga data a chi ha dimostrato di voler diventare italiano. Se, invece, si vuole che l’Italia diventi qualcosa di diverso dall’Italia di oggi; ad esempio se si vuole che diventi un paese islamico, è bene concedere la cittadinanza con grande facilità e, soprattutto, ad immigrati con culture e religioni molto diverse dalle nostre. Comunque, oltre che pensare alla cittadinanza da concedere agli immigrati, i nostri governanti dovrebbero pensare anche alla cittadinanza che gli altri stati dovrebbero concedere agli italiani. Le statistiche evidenziano un aumento dell’emigrazione di laureati in paesi ove l’intraprendenza ed il merito sono più apprezzati. Pare che in futuro all’incremento dell’immigrazione si accompagnerà l’aumento dell’emigrazione. I nostri governanti, in nome dell’uguaglianza di trattamento, dovrebbero cominciare a chiedere agli stati, ove gli italiani emigrano, le stesse condizioni per le quali si impegnano tanto a favore degli immigrati in Italia. Perché impegnarsi tanto per gli immigrati e non per gli emigranti italiani? Forse che ci si riempie la bocca di tante belle parole, ma in realtà si agisce per il proprio tornaconto elettorale: gli immigrati possono essere fonte di nuovi e numerosi voti a favore; gli emigranti italiani non sono voti a proprio favore, specialmente se scelgono altre cittadinanze.

Postato da genepi il 17/11/2012 16:27

La legge vigente è penosa; 10 anni per la cittadinanza è una tortura psicologica che si ripercuote su innocenti (i figli). Sicuramente è contro la carta dei Diritti Umani e svilsce l'art.10 della Costituzione. E' uno dei motivi che il parlamento (la sua maggioranza!!) non legifera sulla tortura. Da buoni "occidentali" privilegiamo la "cittadinanza".... per censo. Personalmente, darei la cittadinanza a tutte le PERSONE che ne fanno richiesta; unica eccezione: chi si è macchiato di crimini contro l'umanità e/o i beni pubblici.

Postato da gianfranco caserta il 16/11/2012 13:53

l'attuale legge e' ottima, infatti consente a bambini stranieri di diventare italiani dopo che i genitori hanno vissuto e lavorato per 10 anni in italia, si tratta quindi di famiglie stabili e ben inserite, in grado di provvedere a tutto il necessario. che senso avrebbe assegnare la cittadinanza italiana alla nascita a bambini senza famiglia o con famiglie sfasciate, e/o con i genitori disoccupati?

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