“Nessun bambino escluso”

L’Ong “L’Albero della Vita” lancia una campagna - che durerà fino al 19 novembre - per regalare un futuro possibile a 2,5 milioni di minori italiani a rischio.

Tre storie di ordinaria povertà

10/11/2011
Sulla strada a chiedere l'elemosina (Foto agenzia Sintesi).
Sulla strada a chiedere l'elemosina (Foto agenzia Sintesi).

FRANCESCO: IL BAMBINO CHE VIVEVA SUGLI ARMADI

Quando è arrivato, Francesco non parlava. Sembrava più piccolo dei suoi 7 anni, forse perché davanti agli altri si faceva minuscolo, come se volesse scomparire.

     Quando siamo andati a cercarlo nella sua stanza, però sembrava scomparso per davvero. Non rispondeva, e non era da nessuna parte. Ci sono bambini magici, è vero, ma non era mai successo che uno di loro diventasse invisibile.

     Un giorno però una mano, anzi, un angolino di una mano, spunta da sopra l’armadio. Ecco dov’era. Si era appollaiato come un uccellino nel posto più alto della stanza. Un nido alto e protetto, difficile da raggiungere.

     Non c’era verso di farlo scendere. Aveva paura di qualsiasi contatto. Aveva avuto una madre che lo picchiava e gli spegneva le sigarette sulle braccia. Una madre bassa, per fortuna, che in cima all’armadio non ci arrivava. Almeno quello. Ecco il perché di quell’altezza, di quella fuga verso l’alto.

     Un educatore invertì la rotta: invece di invitarlo a scendere, salì sull’armadio con lui. Lo stupì, e aprì un varco in quel bambino chiuso a chiave per troppa violenza.

     Piano piano il bambino che viveva sugli armadi cominciò a fidarsi di nuovo degli adulti, a credere che i grandi non sono tutti uguali. Ci sono quelli che non gli hanno voluto bene, ma anche quelli che diventano uccellino come lui, per tirarlo giù dal nido.

In attesa dei passanti (Foto agenzia Sintesi).
In attesa dei passanti (Foto agenzia Sintesi).

LA BAMBINA CHE HA MAL DI SCHIENA COME I GRANDI

Maria ha 9 anni, è di Milano, e Milano è una bella città. A Milano ci sono gli affari, la borsa, le scuole private. Però Maria non lo sa. Potrebbe vivere ovunque, tanto il suo mondo è limitato alla periferia dove vive.

     Una di quelle zone al limite di tutto, della città, dell’anonimato e della sopravvivenza. Lei è lì, che sta. A morire di caldo d’estate e a gelare d’inverno, perché il riscaldamento è un lusso che da un po’ lei e la sua famiglia non si possono più permettere.

     E’ troppo magra, e ha mal di schiena, Maria. Un male da grandi, perché i bambini, con tutto il loro correre nei parchi e andare ai corsi di nuoto e danza, mica ce l’hanno, il mal di schiena.

     Solo che lei non corre, e danza non ci va. Lei sta china tutto il giorno a pulire. Mattina e sera, ha sempre davanti quella distesa di gradini che sembrano non finire mai.

     Una bambina che lavora sembra qualcosa di lontano, invece lei magari è proprio qui, al piano di sotto, invisibile e silenziosa. Niente scuola, niente intervallo, niente zainetto per lei. Lo zainetto pesante, pieno di libri, quello sì che sarebbe un buon motivo per avere mal di schiena.

     Maria sorride comunque, perché non sempre i bambini si rendono conto della piega che ha preso la loro vita. Ma se la guardi meglio,  ti accorgi che è un sorriso amaro, tirato, stanco. Senza corse a perdifiato nel cortile con gli amici.


IL BAMBINO CHE S’IMMAGINA IL MARE

Gaetano lo chiamano Aità. Nelle case popolari del quartiere di Secondigliano dove abita lui, tutti hanno un soprannome. Il suo è Aità.

     Ha 11 anni e la faccia da bullo, la faccia storta di uno a cui hanno rotto il naso durante una rissa. O almeno, lui dice così. Guai se si pensasse che è successo in casa. Non è mica una femminuccia lui, e poi suo padre non gliele mette più le mani addosso. Quasi mai. Solo la domenica, quando nelle case popolari la gente fa casino e lui si innervosisce per il rumore.

     Aità cerca di calmarlo, oppure esce. Solo che lì dove abita lui non c’è niente da fare. E’ triste, vuoto, nessuno ha voglia di inventarsi dei giochi. La bicicletta? Magari. Ma se nemmeno riesce a farsi comprare un pallone serio. O si mangia o si gioca, dice la mamma.

     Aità ha capito che è meglio mangiare, perché se no muori, e allora di giocare te lo scordi per sempre. A volte, quando c’è il vento forte, arriva un profumo diverso. Come di sale e libertà insieme. Aità sa che è il mare. Gliel’hanno raccontato degli zii che una volta ci sono andati.

     Il mare è un sogno. Pulito, magico, pieno di pesci. Solo che ci vuole la macchina, o i biglietti per il treno. Che favola. Magari un giorno qualche amico ricco con la macchina gli fa il regalo più grande del mondo e lo porta.

Luciano Scalettari
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