01/10/2010
Jasmine, una volontaria che ha fatto uno spettacolo di clownerie nell'orfanotrofio Asante Sana di Malindi (foto: Cinzia Polino).
Ho lasciato Ndithini dopo tre settimane e sono andata a Malindi, sull’Oceano Indiano, per trascorrere la mia ultima settimana nell’orfanotrofio che è stato per anni la colonia estiva di Ndithini.
Malindi si può raggiungere anche in pulman, magari viaggiando di notte. Non ci sono problemi anche se sei l’unica persona di pelle bianca. Il viaggio dura 10 ore ma la strada è tutta asfaltata.
A Malindi l’orfanotrofio Asante Sana (che in swahili significa “grazie tante”) si trova esattamente in località Mambrui, a pochi minuti da alcuni dei villaggi turistici e delle ville meravigliose che arrivano alla spiaggia. Malindi è un paesone dove tutti i bambini per strada ti salutano in italiano.
La Children’s Home è stata costruita da italiani e lo si può riconoscere per stile ed estetica. Ospita 84 bambini, per la maggioranza sotto i cinque anni. Sono tutti orfani e un terzo è sieropositivo.
Questi bambini vengono da zone molto lontane: le baraccopoli di Nairobi, la stessa regione di Ndithini. A gestire la casa per bambini c’è solo personale laico. Mamma Piera, originaria della bergamasca, si prende cura della direzione da molti anni. I soldi arrivano dagli stessi turisti italiani che vengono a far visita all’orfanotrofio. Ogni pomeriggio, infatti, si può entrare dalle quattro alle sei. Alcuni dei visitatori si sono così legati ai piccoli che vengono ogni giorno. Portano giochi, cancelleria, dolci e si fermano a farli giocare. Li prendono in braccio, li fanno ballare, scherzano.
Ho visto alcuni turisti commuoversi e piangere. Per i bambini è una festa tutte le volte. È come poter avere delle mamme e dei papà anche se per poche ore. E nessuno piange quando se ne vanno, perché il giorno dopo arriveranno sicuramente altre mamme e altri papà. E magari qualche giovane che si ferma a fare animazione, come Jasmine, che ha avuto l’idea di fare uno spettacolo di clownerie.
All’interno della Casa ci sono anche delle aule scolastiche: per la scuola materna e la pre-primary. Anch’io ho utilizzato una di queste aule per disegnare le maschere. Non quelle bellissime apotropaiche della cultura africana, ma quelle del nostro carnevale. Una volta imparato come disegnare la sagoma, i bambini hanno colorato secondo la loro fantasia e n’è venuto uno strano incrocio di forme carnevalesche italiane e colori brillanti africani.
Dal momento che la cuoca era in vacanza, ho anche dato una mano in cucina e, tra una promessa e una sfida personale, una domenica abbiamo preparato le pizze per tutti. Ma attenzione: niente lievito di birra, solo bicarbonato; farcitura di zucca, carote peperoni e pomodori; tanto olio di mais per ammorbidire l’impasto. E tutte rigorosamente cotte in due teglie dentro il forno a gas. Non ci crederete ma sono venute buone. E i bambini erano molto contenti perché non avevano mai mangiato la pizza.
Cinzia Polino