La coppia

Dal Rapporto: Quale sarà il futuro di una coppia sempre meno capace di realizzare i propri beni relazionali, che pure desidera?

La generatività della coppia

20/03/2012

La coppia è ancora il luogo dell’amore?

Strano destino quello della coppia. Essa va incontro a crescenti paradossi. Si afferma sempre di più come istituzione socioculturale a sé stante, ma al contempo perde di consistenza, si svuota ed evapora. Implode come relazione umana e sociale. Al punto che non sappiamo più se la coppia possa ancora essere pensata come il paradigma dell’amore nella relazione intersoggettiva Io-Tu.
(P. Donati, p. 29)

La coppia qualifica ancora il famigliare, in Italia

Secondo i risultati della più recente indagine Istat Multiscopo sulle Famiglie, le coppie, con o senza figli, rappresentano oggi l’87% degli oltre 17 milioni di nuclei familiari; tra questi, 9.581 (il 56% dei nuclei) sono le coppie con figli mentre solo 5.272 (il 31%) quelle che risultano senza figli. Il 97% delle coppie vive in famiglie mononucleari. In generale, la presenza dei figli costituisce l’elemento caratterizzante la formazione e/o l’esistenza del 65% delle coppie. I figli rappresentano anche la principale caratteristica distintiva del differenziale rispetto allo stato civile dei partner: la proporzione di coppie non coniugate tra quelle senza figli è quasi doppia (7,6%) dell’analoga proporzione tra le coppie con figli. In complesso, sono oltre 45 milioni (il 76%) gli italiani che vivono in nuclei familiari basati sulla coppia: di questi, quasi 16 milioni vi stanno in qualità di figli.
(G. Blangiardo, S. Rimoldi, p. 63)

Ipertrofia dell’Io, affievolirsi del Noi

La ricerca dell’Io certamente prende il sopravvento. Per questo motivo, il Noi della coppia rimane sempre precario. Poche coppie riescono a tematizzarsi come progetto di un Noi che, senza prevaricare sull’identità di ciascuno, sia però espressione di una comunanza che va oltre il mero riconoscimento che la coppia esiste perché i problemi di Lui sono anche i problemi di Lei e viceversa.
(P. Donati, p. 37)

Per costruire il Noi occorre il dono reciproco

Se vuole vivere e crescere, la coppia dovrebbe generare un Noi come «soggetto relazionale» che trascende le individualità senza annullarle, anzi rendendole più autentiche e più libere e re-sponsabili (capaci di rispondere all’Altro). Ma le strutture sociali e culturali non sostengono questo stile di vita. Anzi lo contrastano. I tre principi della libertà, uguaglianza e solidarietà possono cementare la coppia e guidare la sua morfogenesi solo  a patto che i partner non cerchino il proprio Io in un Noi precario, ma contribuiscano a generare una relazione del Noi (We-relation) che li orienti al dono reciproco in un ciclo continuo di dare, accettare, contraccambiare i doni ricevuti dall’Altro. Questo stile di vita diventa raro. Gli si oppone la moda culturale che preannuncia l’avvento della coppia poliamorosa.
(P. Donati, p. 39)

Dall’io alla We-relation

Sul versante del significato dell’essere coppia si sperimentano relazioni intense, segnate però da una dimensione prevalentemente negoziale che difficilmente intuisce la rilevanza di un «noi», come emergente dell’intesa delle singole individualità. Prendersi cura della coppia e del fare coppia oggi non può quindi avere un senso fuori dalla possibilità di introdurre una profonda riflessione esattamente sul tema della we-relation.
(D. Bramanti, M. Mombelli, p. 148)

Una We-Relation riflessiva: riconoscere l’Altro

La coppia si costituisce come un Noi (soggetto sociale) capace di promuovere l’autenticità dei partner se e solo se riesce a configurarsi come una specifica relazione che qui chiamerò relazione riflessiva di coppia. Per essere coppia, i partner debbono attivare una peculiare We-relation riflessiva. Il problema è stato posto in modo chiaro dalla sociologia relazionale. Le difficoltà stanno nella capacità dei due partner di assumere ciascuno il punto di vista dell’Altro e di impegnarsi reciprocamente con esso e attraverso di esso nel promuovere il bene della relazione che ne scaturisce.
(…) I partner si muovono in un campo relazionale che consente sempre più azioni libere, anche se condizionate dalle strutture. Ciò che possono e debbono fare è comprendere che non possono costituire una coppia senza generare quei beni relazionali che nascono da una relazionalità sociale che è intrinseca ed estrinseca ad essi. Una coppia è riflessiva nella misura in cui sa tematizzare la propria relazione come una continua riattivazione del circuito di doni che intercorre fra i partner ed è naturalmente portata, per la sua caratteristica di donatività, ad espandersi nei frutti dell’amore reciproco, a partire dai figli.
(P. Donati, p. 252, 261)

Se ci sono figli, ci si occupa di più “anche” del sociale (1)

La presenza di figli e, in parte, l’età permetterebbero dunque di assumere uno sguardo più aperto al mondo e più progettuale. Le famiglie con figli e quelle stabili nel tempo sembrano dunque costituire potenzialmente un vero e proprio «capitale» per la società: ricordiamo, infatti, che l’esito della generatività, a differenza della semplice soddisfazione, segnala una capacità della coppia di uscire dall’autoreferenzialità e di divenire risorsa non solo per la famiglia, ma per la società nel suo insieme.
(R. Iafrate, p. 114)

Se ci sono figli, ci si occupa di più “anche” del sociale (2)

Di conseguenza, possiamo dire che la qualità distintiva del fare coppia diventa quella della generatività/non-generatività: la coppia c’è se è generativa nel senso anzidetto, altrimenti siamo in presenza di un altro tipo di relazione, che per convenzione chiamiamo coppia perché c’è un accoppiamento, uno stare insieme, ma che non ha la sostanza, la qualità e i poteri della relazione di coppia. È una relazione di aggregazione e non una relazione emergente. Un esempio di coppie aggregative sono i cosiddetti LAT (living apart together), in cui i partner fanno coppia abitando ciascuno per proprio conto. Anche i Pacs, in cui non si parla di figli, hanno una caratteristica più aggregativa che emergenziale, in quanto la relazione emergente è la mutua gratificazione individuale, e non la creazione di un bene relazionale che si riversi sulla società.
(P. Donati, p. 126)

La coppia si salva se supera se stessa nella generatività

La risposta che suggeriamo al termine di questo Rapporto è la seguente: dobbiamo distinguere fra la coppia aggregato e la coppia generativa. L’indagine empirica ha evidenziato che la coppia scoppia se è un aggregato, ossia quando è una sommatoria di due Ego che nella loro relazione cercano soprattutto di realizzare se stessi. Mentre la coppia si realizza quando diventa generativa, e più in generale quando riesce a produrre dei beni relazionali.
(…) Ma è la presenza/assenza del progetto generativo che decide della qualità della relazione di coppia. Cioè se la coppia è solo un aggregato utile alla reciproca soddisfazione dei partner oppure una relazione che genera dei beni relazionali che la trascendono. E, trascendendola, la rendono una coppia compiuta, in quanto la completano nelle sue ragioni di essere. Arriviamo quindi a comprendere la distinzione fra la coppia come aggregato, che è di semplice fruizione reciproca e di compagnia (companionship), e la coppia come relazione generativa che produce beni relazionali per sé e per la comunità intorno.
(P. Donati, p. 249, 251)

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