Sinodo, dire Dio alle coppie a pezzi

Presentato il Messaggio conclusivo del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione: "mea culpa" per i peccati della Chiesa che pesano sulla credibilità dell'annuncio.

Una Chiesa attenta alle gioie e ai tormenti. Di tutti.

26/10/2012
Un'immagine della seduta inaugurale del Sinodo dei vescovi, l'8 ottobre 2012. Foto Ansa.
Un'immagine della seduta inaugurale del Sinodo dei vescovi, l'8 ottobre 2012. Foto Ansa.

C'è ottimismo, ma senza nascondere i problemi che in questi anni hanno pesato sull'annuncio del Vangelo. «Sentiamo sinceramente di dover convertire innanzitutto noi stessi alla potenza di Cristo. Con umiltà dobbiamo riconoscere che le povertà e le debolezze dei discepoli di Gesù, specialmente dei suoi ministri, pesano sulla credibilità della missione», si legge nel Messaggio al popolo di Dio approvato a conclusione della XIII assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi apertosi in Vaticano lo scorso 7 ottobre. Il cardinale Giuseppe Betori, presidente della commissione per il Messaggio, presentando il documento in sala stampa vaticana, ha voluto sottolineare la «partecipazione ecclesiale» ai lavori, «la metodologia che fa la comunione», «una procedura non democratica, ma comunionale che lla fine non dà maggioranze e minoranze, ma che arriva a una sintesi comunionale nella quale tutti possono riconoscersi».

L'altro aspetto che ha voluto sottolineare il cardinale di Firenze è il «tono incoraggiante. Negli interventi dei padri all'interno dell'assemblea c'è stata una esaltazione delle esperienze e una considerazione, anche dei problemi che ci possono essere, come una sfida che incoraggia la missione». Anche i padri che hanno testimoniato le loro «situazioni di persecuzione non hanno mai accompagnato il racconto con parole desolanti», ha aggiunto il cardinale Betori.

Non solo, anche nei confronti della realtà giovanile si è «preoccupati, ma non pessimisti. Non possiamo aver paura, altrimenti negheremmo la presenza di Cristo nella storia. Questa è la linea che attraversa tutto il messaggio».

Foto Ansa.
Foto Ansa.

C'è una sottolineatura particolare, nel Messaggio. Riguarda la famiglia «luogo naturale dell'evangelizzazione». «Il nostro pensiero», scrivono i vescovi, «è andato anche alle situazioni familiari e di convivenza in cui non si rispecchia quell'immagine di unità e di amore per tutta la vita che il Signore ci ha consegnato». Alle coppie di fatto, ai divorziati risposati si vuole ricordare che «il Signore non abbandona nessuno, che anche la Chiesa li ama ed è casa accogliente per tutti, che essi rimangono membra della Chiesa anche se non possono ricevere l'assoluzione sacramentale e l'Eucaristia».

Nel Messaggio, poi, oltre all'attenzione ai giovani, ai poveri, al dialogo interreligioso ed ecumenico viene riservata una parola particolare per ogni singolo Continente.  Innanzitutto «una considerazione tutta particolare è stata riservata ai cristiani delle Chiese orientali cattoliche, eredi della prima diffusione del Vangelo». In questo contesto si è sottolineato anche l'emigrazione e il contributo che questi cristiani possono dare all'evangelizzazion nei Paesi che li hanno accolti.

Per l'Africa l'attenzione è andata particolarmente sulle violenze e sui conflitti che ancora tormentano il Continente, mentre all'America del Nord si chiede di aprire le porte agli immigrati, ai rifugiati e alla fede in collaborazione e solidarietà con l'America latina. America latina che, con i Caraibi, resta radicata nella pietà popolare. Incoraggiamento anche all'Asia dove i cristiani sono piccola minoranza e dove la Chiesa è «un seme fecondo». E infine sull'Europa, il Messaggio invita a non farsi abbattere dalle difficoltà. Esse invece devono essere viste come "una sfida da superare e un'occasione per un annuncio più gioioso e più vivo di Cristo e del suo Vangelo di vita".  


Annachiara Valle
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