23/04/2010
Monsignor Crociata inaugura il convegno sulla comunicazione nell'era digitale.
Di fronte a oltre 1.300 “testimoni digitali”, il convegno di Roma si è aperto con il messaggio di benvenuto del segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata. Citando le parole del premio nobel della letteratura Orhan Pamuk («Scrivo non per raccontare una storia ma per costruirla»), monsignor Crociata ha parlato di un interesse della Chiesa non tanto per le nuove tecnologie in sé ma per l'uomo tout court, per la sua vita, il suo destino nel dipanarsi quotidiano delle sue vicende.
«La comunicazione», ha detto il segretario della Cei, «è come l'aria che respiriamo», «una realtà da non demonizzare» ma allo stesso tempo «non considerando obsoleto o inutile il patrimonio di fede che ci portiamo da due millenni di storia». Si, dunque, alle nuove tecnologie per portare nel nuovo ambiente i valori su cui poggia la nostra vita, e che devono animare, ha precisato il presule, i luoghi umani dibattuti nel Convegno di Verona: vita affettiva, lavoro, festa, fragilità, educazione e vita sociale.
Monsignor Crociata ha ricordato il Direttorio delle comunicazioni sociali, come frutto di questi ultimi anni di riflessione della Chiesa sul nuovo contesto della comunicazione, e dello sforzo della Chiesa italiana di esserci con nuovi linguaggi e media: dal circuito radiofonico Inblu a Tv2000, da Avvenire all'agenzia Sir, dalla Federazione italiana settimanali cattolici, con 1.000.000 di copie diffuse ogni settimana, alle decine di migliaia di siti internet già esistenti, per finire alla Settimana della comunicazione organizzata dalla Famiglia Paolina. Monsignor Crociata ha richiamato il rischio di un linguaggio autoreferenziale in un contesto molto cambiato, dove le nuove generazioni non possiedono ormai più il vocabolario tipico della Chiesa, dove esse «non sono più contro la Chiesa ma senza la Chiesa». Da qui la necessità di una nuova alfabetizzazione capace di trasmettere l'eccedenza rappresentata dal Vangelo. In una parola: «Essere nella contemporaneità ma andando oltre».
In definitiva, ha concluso Monsignor Crociata, è importante capire che «la comunicazione non è un segmento della pastorale ma è lo sfondo di una pastorale integralmente ripensata a partire da quello che la cultura mediatica crea nelle coscienze e nella società». Un nuovo impegno, dunque, che coinvolga tutta l'attività pastorale per arrivare a tutti i nostri contemporanei.
Stefano Stimamiglio