Giulio Scarpati
L’attore Giulio Scarpati, deve la sua
straordinaria popolarità soprattutto
alla serie Tv Un medico in famiglia, dove
interpreta il ruolo del dottor Lele
Martini accanto a Lino Banfi (nonno Libero).
E della fortunata fiction, che ha esordito nel
1998, sta girando ora a Roma l’ottava serie.
Ma Scarpati si è spesso dedicato al teatro, spaziando
da Goldoni a Šechov a Koltès. Nella
prossima stagione verrà diretto da Alessandro
Gassman in L’oscura immensità della
morte di Massimo Carlotto, insieme a Claudio
Casadio.
Scarpati, interprete nella stagione teatrale
1999-2000 de L’idiota di Fëdor Dostoevskij,
insieme a Mascia Musy, con la regia di Gigi
Dall’Aglio, parla del suo rapporto con Dostoevskij
di cui Famiglia Cristiana allega al numero da domani in edicola e in parrocchia Le notti bianche,
nella collana Biblioteca universale cristiana /
I narratori.
«Quando ho scelto di interpretare proprio
Dostoevskij», ricorda l’attore romano, sposato
con la regista di teatro Nora Venturini, e
padre di due figli, Edoardo di 24 anni e Lucia
di 17, «ero appena diventato famoso come
protagonista della prima serie di Un medico
in famiglia e molte persone, mai state
prima a teatro, sono venute a vedermi incuriosite
dalla mia popolarità: ne sono stato
contento perché ho avvicinato un vasto pubblico all’autore russo che, al di là delle conoscenze
scolastiche e universitarie, per me è
sempre stato affascinante e coinvolgente
emotivamente».
Scarpati ammira il principe Myškin de
L’idiota, per la sua spontaneità perché parla
sinceramente con ingenuità e a fin di bene.
Dopo essere stato in Svizzera, per curarsi
dall’epilessia (malattia di cui soffriva anche
Dostoevskij), ritorna in Russia, ma si scontra
con persone ipocrite che vivono ancora condizionate
dalle regole della società feudale.
«Myškin», commenta l’attore, «coinvolge i
lettori, poiché a chiunque, per amore di verità,
piacerebbe dire ciò che pensa: è un uomo
buono, ma la sua bontà inconsapevolmente
provoca danni e reazioni contrastanti, come
quando si offre d’istinto di sposare Nastas’ja,
una donna disonorata che, pur amandolo,
rinuncia a lui per non rovinare la sua
reputazione, andando incontro a una tragica
fine.
Efficace appare la tirata politica del
principe contro la pena di morte, a cui lo
stesso Dostoevskij era stato condannato
per attività sovversiva e poi graziato dallo
zar Nicola I. L’approssimarsi della morte suscita
nel condannato una forte reazione emotiva
perché ogni minuto che resta da vivere
diventa prezioso e fa capire quanto tempo si
è sprecato inutilmente. Bisognerebbe infatti
poter attribuire valore a ogni momento della
vita come se fosse l’ultimo».
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Pubblicato il 12 giugno 2012 - Commenti (0)