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Leopardi? Un profeta

Il regista Mario Martone, dopo aver portato le "Operette Morali" a teatro, ora girerà un film sulla vita del poeta di Recanati.
Il regista Mario Martone, dopo aver portato le "Operette Morali" a teatro, ora girerà un film sulla vita del poeta di Recanati.

In seguito a uno di quegli incontri spirituali, misteriosi e fecondi, che avvengono fra un artista e un personaggio, da un po’ di tempo il regista Mario Martone sta indagando la figura di Giacomo Leopardi. «Mi ero già interessato a lui, nel 2004, con L’opera segreta. E da qualche anno ero intrigato dalle Operette morali. Quando il Teatro stabile di Torino mi ha chiesto una programmazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia, ho avuto l’intuizione che quel testo non avesse solo una dimensione filosofica, ma che racchiudesse anche un segreto drammaturgico. Il teatro fu importante nell’infanzia di Leopardi: da bambino metteva in scena con la sorella Paolina testi di sua invenzione. Era un gioco catartico, che lo liberava da sé. Nelle Operette c’è traccia di quel bambino, di quella voglia di giocare, con un’attenzione a temi alti che non esclude la disponibilità al sorriso. C’è una voglia di travestimento straordinaria, un pensiero mai schematico, in forza del quale si proietta in diverse figure, da Giove a Tasso al venditore di almanacchi».

Spesso sfugge una sensazionale coincidenza cronologica: le prime edizioni delle Operette morali e dei Promessi sposi del Manzoni furono pubblicate nello stesso anno, il 1827. «Mentre il grande romanzo del milanese aveva una forma riconoscibile e assurse a testo nazionale, l’opera dell’autore di Recanati fu percepita come “laica” ed ebbe una sorte ben diversa, anche perché la mescolanza di dialoghi e prosa lo rendevano meno “comprensibile”», osserva Martone. «Ancora oggi lo conosciamo solo nelle sintesi scolastiche, ma non si è ancora imposta l’idea di assumerlo come un libro intero, una grandiosa cosmogonia alla stregua delle Mille e una notte o del Decamerone».

Un ritratto del Leopardi.
Un ritratto del Leopardi.

Come tutti i classici, anche le Operette morali hanno molto da dire a noi contemporanei. «Diversi elementi colpiscono la nostra immaginazione », osserva il regista. «Pensiamo a quanto è centrale, oggi, il rapporto fra l’uomo e la natura; oppure all’idea che la società sia dominata dall’ipocrisia... Sono questioni diventate manifeste ai nostri occhi e che Leopardi anticipò, deluso dagli sviluppi politici. Mazzini non lo amava, proprio a causa di questa sfiducia, ma guardando la storia a posteriori ci si rende conto di quanto vedesse lungo... Aveva capito che l’organizzazione della società non tendeva all’afflato fra gli uomini, a quell’umana compagnia identificata come unico senso del vivere. Una visione lucida e disincantata».

A voler leggere con mente aperta le Operette morali, si ha la sensazione di essere al cospetto di un laboratorio da cui attinsero Nietzsche, Schopenhauer, Brecht, Pirandello... Leopardi è un profeta? «È in costante dialogo con il passato e il futuro. È innegabile che la sua denuncia e il suo sguardo rivelino tratti profetici, ma possibili solo grazie a una conoscenza profonda degli antichi: sono essi a metterlo nella condizione di attraversare il tempo con una visione ampia».

La trasposizione teatrale dell’opera leopardiana, vincitrice del Premio Ubu per la regia e del Premio La Ginestra, non ha esaurito l’interesse di Martone, al lavoro su un film dedicato al poeta. «Ho la sensazione che il cantiere sull’Ottocento che si è improvvisamente aperto nella mia vita, dal quale sono germogliati Noi credevamo, la rivisitazione di capolavori di Verdi e Rossini e la versione teatrale delle Operette, darà un ulteriore frutto. Il film uscirà l’anno prossimo». Dovrebbe trattarsi del racconto della vita del grande poeta, mentre non è ancora stato deciso l’attore che lo interpreterà. Di sicuro, ci permetterà di conoscere meglio questo padre intellettuale del nostro Paese.

La copertina delle "Operette Morali" di Giacomo Leopardi, da oggi in edicola con "Famiglia Cristiana".
La copertina delle "Operette Morali" di Giacomo Leopardi, da oggi in edicola con "Famiglia Cristiana".

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Pubblicato il 26 luglio 2012 - Commenti (2)

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Postato da gmira il 21/08/2012 22:59

La semplicità Un giorno ho letto: “La semplicità rende liberi” e mi sono sentita senza catene. Mi sono mossa nell’edificio dei miei pensieri con alacrità e le porte si sono aperte da sole al mio passaggio. Sono uscita nel porticato dei miei sentimenti e mi sono aggirata tra le colonne come il vento che si incunea nel loggiato, piroetta e torna nel cortile per librarsi nell’aria, arrivare sopra le nuvole, mettere le ali e volare, planare, salire, scendere, impennare, atterrare e riprendere a volare senza strisciare per terra e mai serpeggiare. Con la semplicità del cuore oggi attingo al pozzo del candore e dalla sponda vedo il fondo e mai lo tocco, calo la secchia e mai la perdo, ma su la tiro colma d’acqua cristallina che si rinnova perennemente alla sorgente dove è rampollante, scrosciante, saltellante e mai stagnante, così come l’anima semplice non è mai malsana, fangosa, paludosa. La semplicità è immune dalle febbri e dalle malattie che fanno agonizzare e spirare la libertà. La semplicità salva il cuore dai rapaci avvoltoi avidi di preda, lo depone nel nido della serenità, lo custodisce vigile, solerte, prudente e mai nessuno lo ghermirà. Giuseppina Mira - Siculiana (AG)

Postato da gmira il 30/07/2012 15:41

ANGELO DI ME STESSA E finalmente cominciai a correre verso il sole. Tornai ad aprire le ali. Me lo ricordo ancora. Ogni volta respiro il profumo della vita e come brezza di luce mi giunge l’eco di quel colloquio. Arianna mi parlava ed io cercavo di metabolizzare le sue parole per comportarmi di conseguenza. - Sempre pronta a mettermi in gioco ed a resistere per non sfaldarmi dentro. Sempre in cerca dell’aurora per fare depositare i suoi raggi nella mia anima ed incamminarmi verso il giorno. E, quando tra i rami delle situazioni vedo il cielo, sono felice, coraggiosa, forte. Così mi si rivolgeva Arianna per non farmi aggredire dalla notte. - Belle le tue parole, ma io ho paura! - dichiaravo. - È paura di qualcosa che non esiste - ribatteva lei. - Se non soffri di panico, non lo puoi capire - esclamavo io. - E lascialo dormire questo panico e tu datti da fare per svegliarti e svegliare la vita. La cosa più importante è vivere. - A volte lo faccio. - Ma la vita non è a giorni alterni o a fine settimana, a fine mese, a fine anno. È momento per momento e la devi sentire come soffio vitale. - Non sempre ci riesco. - E, quando ci riesci, cosa provi? - Mi sembra di essere leggera come una farfalla, ma poi all’improvviso le ali si impigliano nella ragnatela e resto paralizzata. - Non esiste la ragnatela. La immagini. - Io la sento intorno a me e dentro di me. Com’è fastidiosa, soffocante, insopportabile! - Non permettere che il tuo pensiero abbia le ali pesanti, non chiuderle, non cadere a terra o peggio in fondo a un pozzo. - Tante volte sono uscita dal pozzo, ma poi vi sono ricaduta. Da lì vedo un barlume di luna, di sole e con fatica torno fuori, mi siedo sull’orlo, comincio a camminare, anche a volare e all’improvviso un forte vento mi stordisce e mi ritrovo nel buio. - Lucia, tu offendi il nome che porti, ma anche se avessi un altro nome, dovresti ugualmente essere luce. Ogni persona dovrebbe tenere accesa la lampada che ha dentro. Non costa niente, non arrivano bollette da pagare, anzi più se ne consuma e meno si paga in conseguenze. - E allora all’avvicinarsi delle ombre devo accendere i lampioni nei vicoli del mio cuore! - Tutti i lampioni. Sii brillante, proprio abbagliante! E soprattutto ricordati di accendere lo stupore per la meravigliosa vita. Lo stupore di esserci ogni mattina e non il terrore di affrontare gli eventi quotidiani. È lo stupore che ti dà la capacità di ammirare un filo d’erba, un fiore, una goccia di rugiada, una coccinella, una lucciola, e di credere al miracolo della vita che va apprezzato e non immiserito a causa del panico, non ridotto a cenere a causa del panico. Sotto i carboni spenti una favilla è rimasta accesa e tu la puoi accendere. Fai brillare i gesti, le azioni, le parole! È la mancanza di luce il tuo panico. È il non potere guardare in faccia la bellezza della vita il tuo timore. Vivi la vita sempre. Non fermare il suo battito. Ne spezzeresti il cuore. - E se ciò non avviene? - Fai male a subire il panico, a sacrificare la tua energia, ad immobilizzarla. Devi rimproverare il panico, strattonarlo, aggredirlo, mandarlo via. Immagina che io sia il panico. Dimmi qualcosa. - Vattene! - Dimmelo con più forza. - Vattene! - Con più convinzione. - Vattene via! - Con più veemenza. - Vattene via, imbecille! - Con più fermezza. - Va’ via e non farti più vedere! Non rovinarmi la festa della vita, non mettere a tacere la sua armonia, non spegnere i suoi colori! - Continua così, sei sulla buona strada. - La vita appartiene a me e non voglio chiuderla in prigione. Non voglio essere bozzolo, ma crisalide e poi farfalla. - Non mollare! Sempre avanti con decisione! Lucia parlava e Arianna ascoltava, ma Lucia si chiedeva se fosse riuscita a superare la febbre e il delirio del panico, se avesse amato con tutte le sue forze l’esistenza, se avesse evitato che i giorni si trasformassero in rovi. - Spero di farcela! - esclamava - Spero di avere abbastanza entusiasmo per la vita e di volare sopra le difficoltà. Spero di essere di volta in volta farfalla, gabbiano, falco, aquila. Amando la vita amerò me stessa e gli altri. E non verrà il panico, come lanciere, a trafiggermi. Verrà a darmi la mano l’Amore e io arriverò sin là dove l’opprimente panico non mi ghermirà. Sarò Angelo di me stessa. Custodirò il dono della vita e farò attenzione a non sciuparne il contenuto man mano che lo andrò scartando. Cercherò di mantenerne intatta la bellezza per potere sognare e ritrovare le emozioni, le aspirazioni ed anche le chimere. Che meraviglia il dono della vita! Sarò Angelo di me stessa. Sarei dovuta essere più coraggiosa quando il panico, la prima volta, ha bussato alla mia porta. Sarei dovuta essere più leale con me stessa, fidarmi di me come di un amico sincero, mi sarei dovuta far forte delle mie capacità per affrontare le difficoltà e non indietreggiare ricorrendo all’espediente del panico. - Non devi incolparti, ma perdonarti. Solo così sarai in pace con te stessa e non vivrai avviluppata in una rete insidiosa. Guarda tra le maglie. È là la tua libertà. Non è mai troppo tardi contro l’oppressione e l’arbitrarietà del panico. Non è mai troppo tardi. - E allora Angelo di me stessa! - Senza dubbio, Angelo di te stessa! - Ma…se fosse tutto un’illusione, un errore della mente, dei sensi? - Il tuo errore è il panico. - Forse è meglio non nutrire vane speranze. - Devi sperare e sperando vivrai con più serenità. - E se fosse meglio non farmi illusioni? Lo sai che le delusioni potrebbero essere dannose. - Ascoltami: illusione vuol dire ironia e tu devi ironizzare sul panico, devi prenderti gioco di lui. Solo così potrai sconfiggerlo. Sii giocoliere di te stessa e avrai risultati sorprendenti. - Ho capito: devo avere fiducia nella promessa fatta a me stessa di raggirare il panico per non restare tra le sue grinfie. Esatto! - Lo devo illudere dandogli l’impressione di stare al suo gioco e, al momento opportuno, lo devo deludere. - Certamente! Deve essere il panico a valutarti in modo deformato e tu devi reagire mostrando tutta la tua abilità. - Mi affiderò a quelle illusioni che mi faranno aderire alla realtà e il panico si ritroverà deluso proprio da queste illusioni che gli procurerò. - Sei in gamba! Brava! - E dopo avere assaporato la dolce vittoria sarò e resterò: Angelo di me stessa! - Per sempre: Angelo di te stessa! Giuseppina Mira Via Roma- 92010 Siculiana (AG)

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