BigRock, la fabbrica dei sogni

A Roncade, in provincia di Treviso, si tiene un corso di computer grafica che, in stretto contatto con i maestri americani, prepara i creatori dei cartoni animati del futuro.

Marco D'Ambros: «Così ho disegnato i pinguini di Happy Feet»

28/02/2012
Marco D'Ambros, 29 anni, formatosi alla BigRock.
Marco D'Ambros, 29 anni, formatosi alla BigRock.

Cinque anni fa, il primo Happy Feet, la saga dei pinguini in 3D, conquistò l'Oscar come miglior film d'animazione. Poi George Miller, il regista, ci ha preso gusto e nel novembre scorso è uscito il sequel, Happy Feet 2. In pochi, forse, sanno che del team di progettisti incaricato di creare e modellare i simpatici animali alle prese con lo scioglimento dei ghiacci ha fatto parte anche un giovane italiano: Marco D'Ambros, 29 anni, brianzolo di Vimercate. Da piccolo sognava di fare il progettista d'aerei e per questo si è iscritto al Politecnico di Milano. Poi è arrivata la folgorazione per i cartoni animati in 3D. E la sua carriera ha preso un'altra piega.

Marco, com'è cominciata quest'avventura?
«Quasi per caso. Ho sempre avuto la passione per videogame e film, soprattutto la saga di Star Wars. Ma da ragazzo ho sempre voluto fare il progettista di aerei, quindi ho studiato come tecnico aeronautico e poi mi sono iscritto a Ingegneria aerospaziale».

Poi cos'è successo?
«Al secondo anno di corso ho iniziato a scoprire i primi software 3D e da lì mi è venuta la curiosità di capire cosa c'era sotto e come funzionavano. All'inizio cercavo un corso universitario ad hoc senza trovare nulla di interessante. Poi ho trovato la scuola di BigRock dove ho scoperto questo mondo per me del tutto nuovo e al quale mi sono subito appassionato».

Nel team di Happy Feet 2 che ruolo avevi?
«Quello di rigging technical director. Il mio compito, in pratica, era quello di creare lo “scheletro” e la “muscolatura” a tutti i personaggi del film. Questi sistemi permettono di far muovere i modelli in 3D, come ad esempio i pinguini e le foche di Happy Feet, che altrimenti resterebbero statici e immobili».

Un modello creato dalla BigRock.
Un modello creato dalla BigRock.

Eri l'unico italiano del gruppo?
«No, ero insieme ad altri 15 ragazzi, tutti d'età compresa dai 25 ai 35 anni. In tutta la produzione eravamo circa in 500, provenienti da diverse parti del mondo. Tra di noi c'è stato fin da subito grande affiatamento, ci siamo divertiti molto».

C'è qualche artista o designer a cui ti ispiri?
«Ci sono alcune persone che stimo e che spero un giorno di poter eguagliare. Magari, sono sconosciute al grande pubblico ma nel mio campo sono considerate delle vere e proprie “leggende”. Si tratta, solo per citarne alcuni, di Guido Quaroni, Luca Prasso, Andrea Maiolo, Maurizio Giglioli, Davide La Sala. È stato come un sogno che si avvera quando, grazie a BigRock, siamo andati in “gita” negli Stati Uniti per ammirare il loro lavoro, stringergli la mano e vedere dal vivo società come Pixar, ILM (Industrial Light & Magic), DreamWorks, Sony».

Come sei finito nel gruppo di Happy Feet 2?
«La selezione è avvenuta come da prassi nel nostro settore. Abbiamo un “reel”, cioè un video, dove si possono vedere i lavori personali. L'azienda valuta il reel e il curriculum di ogni candidato. Se gli piace si fanno due colloqui, al telefono o via Skype. A me è andata bene e sono andato a Sidney in Australia per lavorare».

Di BigRock c'eri solo tu?
«Sì, ero l'unico bigrocker».

Che progetti hai per il futuro?
«Il mio sogno è quello di poter lavorare in alcune di queste case di produzione americane. L'ILM, ad esempio, la società creata da George Lucas per Star Wars, ha praticamente inventato gli effetti speciali nei film. Alla Pixar, invece, che forse è la miglior società del mondo in questo campo, si devono i cartoni animati in 3D».

A un giovane che cerca lavoro gli consiglieresti questa carriera?
«Sì, senza dubbio. È un bel settore, non facile ma molto interessante e dinamico».

Qual è il segreto per farcela?

«Aver sempre voglia di imparare, non pensare mai di essere arrivati e ascoltare tutti i consigli delle persone che ti sono vicine. Inoltre, è importante essere flessibili e aperti a culture e modi di vivere differenti visto che bisogna lavorare con persone di varie nazionalità. E questo è un altro dei motivi per cui amo tanto il mio lavoro».

Antonio Sanfrancesco
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