26/04/2013
Sono diverse le cause che concorrono a svuotare i cinema, secondo Carlo Rienzi, presidente del Codacons (Corbis).
Se gli italiani non vanno al cinema, la colpa è della scarsa qualità dei prodotti cinematografici. È questo, in sostanza, quanto afferma Carlo Rienzi, presidente del Codacons, il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori. Utenti e consumatori che al cinema ci vanno sempre meno e che lamentano soprattutto quanto sia aumentato il costo di un film, tanto da portare il più delle volte alla rinuncia. «La crisi del cinema – ci dice Rienzi - è sicuramente molto grave, ma non dipende solo dal prezzo dei biglietti. Da questo punto di vista, però, non c’è dubbio che adesso, arrivato a 8 euro e mezzo, è davvero tanto per troppe persone. Nel mondo del cinema il costo di un biglietto è l’unica cosa che è sempre aumentata e di parecchio, direi, rispetto ai 5 euro di qualche anno fa».
È l’unico fattore di crisi?
«No, manca una cultura cinematografica. La televisione, in sostanza, attraverso programmi di basso livello contenutistico si offre come un’alternativa valida di cultura alle famiglie e questo è un dramma per il cinema. Mi creda, la situazione è difficile: ho visto sale in cui non va nessuno se viene programmato cinema di qualità. Allora il gestore deve ricorre e a film di scarso livello, per ragazzini, TreD e altre stupidaggini del genere. Di conseguenza, c’è difficoltà a piazzare i prodotti di alto livello qualitativo. Il pubblico è stato diseducato dalla televisione».
Tutta colpa della Tv?
«No, ci mancherebbe. Il mondo del cinema ha le sue responsabilità. Oggi si produce poca qualità che viene quasi sempre rifiutata dalle società di distribuzione. I distributori fanno scelte folli: inviano alle sale mandano decine decine di copie di film pessimi. Se, invece, al cinema si potessero vedere quei prodotti di qualità che non vengono trasmessi in Tv, o che manda in onda solo di notte, per pochi intimi, allora si potrebbe creare un mercato d’afflusso maggiore, soprattutto per quelle persone che hanno voglia di vedere cose nuove e intelligenti».
Tornando ai prezzi dei biglietti, cosa si sente di proporre?
«Il prezzo indubbiamente finisce per incidere nelle scelte. È troppo
alto. E quando qualcuno mi dice che al confronto col resto d’Europa è in
linea o più basso, rispondo: che vogliamo fare, i paragoni? In Germania
però un operaio guadagna molto di più e quindi può andare al cinema
senza eccessivi problemi. Nelle nostre sale si pratica una politica di
sconto che, però, da sola non basta. Inoltre, bisognerebbe aumentare le
proiezioni per le scuole con prodotti di cultura. Da questo punto di
vista noto la totale mancanza di iniziativa culturale da parte di tutti:
dei Comuni che dovrebbero tenere aperti i cinema e non fanno nulla per
difendere le sale che chiudono; e nelle scuole, con i presidi e gli
insegnanti che non reagiscono neanche quando vengono proposte delle
giornate per gli studenti al cinema. Anche il ministero della Pubblica
istruzione non fa niente che vada in questa direzione. Perché non invia
direttive alle scuole per mandare gli studenti a teatro e al cinema? In
realtà, non c’è voglia di migliorare e cambiare, di fare cose nuove e
intelligenti».
La scorsa settimana sono usciti ben sette film italiani nello stesso
giorno…
«Appunto: sette film insieme finiscono per farsi del male tra loro, ma…»
Ma?
«Siamo davvero sicuri che c’era anche la qualità in quei film? Io sono
scettico. Oggi il cinema italiano è senza idee nuove e attraenti. Si
pensa solo a ottenere il sostegno economico per produrre il film. Poi, a
opera conclusa, autori e produttori si lamentano perché non vengono
premiati nei festival. Il panorama deprimente. Non ci sono più i grandi
autori, restano solo quelli che fanno film di Natale e quelli che fanno
finta di indagare su temi politici copiandosi l’uno con l’altro».
Manuel Gandin
a cura di Paolo Perazzolo