Italia a tutta birra. Se artigianale

Gli italiani apprezzano sempre di più la birra artigianale, e questo trend è testimoniato dal gran numero di microbirrifici avviati in tutto il Paese.

Terremoto al birrificio

09/07/2012

Chi avrebbe detto, per esempio, che il terremoto in Emilia colpisse anche un microbirrificio, creato per di più da una cooperativa sociale? È successo al birrificio Vecchia Orsa di Crevalcore (Bologna), i cui impianti di produzione sono stati danneggiati dal terremoto del 29 maggio, ma la solidarietà è scattata subito.

“Abbiamo aderito alla richiesta di aiuto per sostenere il birrificio Vecchia Orsa - spiega Alberto Frausin, presidente di AssoBirra - con un'attenzione particolare che deriva dal nostro essere birrai: sappiamo bene che per chi fa la birra trovarsi senza impianto produttivo proprio all'avvio della bella stagione, da sempre uno dei momenti più strategici per il bilancio aziendale, aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione alle difficoltà oggettive per il terremoto che ha colpito l'Emilia.”

Vecchia Orsa nasce nel 2008 da una cooperativa sociale: alcuni artigiani che, con l'aiuto prezioso di parenti, amici, volontari e gruppi scout, decidono di trasformare il casolare di Orsetta Vecchia da abitazione a microbirrificio. La commercializzazione passa soprattutto attraverso i Gas (Gruppi di Acquisto Solidale) della zona e di Bologna e in breve tempo la birra inizia a mietere premi.

All'ambrata è andato, per esempio, il “Quattro stelle nella guida alle birre d'Italia SlowFood 2010-2011”. Il birrificio impiega ragazzi disabili e altri in Borsa Lavoro che hanno così modo di entrare nel mondo lavorativo. “Abbiamo cinque asini per la pet therapy e a S. Giovanni in Persiceto dove trasferiremo presto il birrificio, amplieremo quest'attività che per motivi di spazio non potevamo fare finora” afferma Michele Clementel, presidente della cooperativa “FattoriAbilità” che produce la birra Vecchia Orsa.

In Valle Gesso, nelle Alpi Marittime, tra camosci e stambecchi, ha sede dal 2007 il birrificio più alto d'Italia e forse d'Europa. L'idea è stata di Andrea Pittavino, gestore del rifugio Pagarì, per il quale “non è per nulla semplice aprire un birrificio a 2650 metri all'interno del rifugio”. Come si può immaginare è tutt'altro che facile gestire la produzione in altura, già solo per il problema del freddo e della carenza di elettricità: si possono fare non più di 50 litri per volta. Non c'è elettricità sufficiente per un frigo, la birra va imbottigliata subito e d'inverno le temperature scendono a -15° rischiando di far scoppiare le bottiglie. Eppure al Pagarìsi si possono bere due versioni di birra Pagarina: una più leggera da passeggio e una più forte da meditazione. Buon cammino e buona bevuta!

Gabriele Salari
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