19/01/2012
Una donna venezuelana mostra la protesi Pip che le è stata espiantata.
Il dottor Maurizio Nava dirige la divisione di Chirurgia plastica e ricostruttiva all'Istituto dei Tumori di Milano. Nonostante che nei loro interventi non abbiano usato le protesi mammarie Pip (che costavano circa la metà delle altre), come tutte le strutture interessate hanno ricevuto telefonate, fax ed e-mail da molte pazienti allarmate.
Dottor Nava, è giustificato l'allarme per le protesi Pip?
"Un allarmismo come quello riportato in alcuni media è assolutamente falso. Si è parlato di maggiore possibilità di sviluppare un tumore se si hanno queste protesi. Non è vero. Sappiamo, per studi su un numero di donne altissimo, che gli impianti trazionali, fatti con il silicone medicale, non aumentano il rischio di tumore. Vero è che quello delle Pip è silicone industriale, per cui non abbiamo una risposta certa su questo. I dati sono stati raccolti in Francia (dove hanno registrato 5 casi di tumori mammari e altri 3 diversi tipi di tumori in altrettante donne portatrici di protesi Pip, ndr), però su migliaia e migliaia di dispositivi utilizzati: un numero che rientra in una normale percentuale di donne che possono ammalarsi di tumore alla mammella. Per sapere se ce ne saranno di più, abbiamo bisogno di tempo, perché queste protesi sono state introdotte nel 2001, e non 30 anni fa. Per adesso non c'è nessuna prova che inducano un aumento di tumore alla mammella".
Cosa rischia una donna che le abbia impiantate?
"Purtroppo è vero che si rompono di più. Cosa dobbiamo dire alle pazienti? Io direi: se la paziente non ha nessun sintomo, stia tranquilla. Vuol dire che non ha nessun problema. Se non sa che protesi abbia, faccia riferimento al chirurgo, al centro dove è stata trattata: per legge, loro devono sapere esattamente che tipo di impianto è stato utilizzato. Se non sono protesi Pip, stia tranquilla e faccia i normali controlli. Se ha protesi Pip, e sono asintomatiche, chieda al chirurgo cosa deve fare, e gli specialisti che si occupano di questo campo sapranno dare indicazioni precise. Il consiglio all'espianto della Francia mi sembra eccessivo. Posso dire che in Inghilterra hanno fatto esattamente l'opposto. Hanno detto: se non ci sono problemi reali, fate i controlli normali. E io condivido questo atteggiamento".
Il dottor Maurizio Nava, direttore della divisione di Chirurgia plastica e ricostruttiva all'Istituto dei Tumori di Milano.
Che sintomi dà una protesi che si sia rotta?
"Il più semplice dei segni dai quali una paziente se ne può accorgere, è una variazione della forma. Infatti, rompendosi la protesi può cambiare un po' la forma, e allora la donna può avere un sospetto e farsi visitare. Altri segnali potrebbero essere disturbi strani che prima la paziente non aveva: per esempio un senso di dolore, un senso di fastidio continuo, il reggiseno che procura fastidio mentre prima no; tutta una serie di segnali non precisi, i quali però danno l'idea che qualcosa è cambiato rispetto a prima. Oppure può esserci un arrossamento della cute, e magari una situazione infiammatoria e dolorosa in tutta la zona. Il sintomo più grave è l'infezione, quando la mammella magari si gonfia, c'è formazione di siero e aumenta il volume; in questo caso è chiaro che c'è un problema un po' più urgente rispetto ad altri".
E i problemi per il seno se una protesi si rompe?
"Premettiamo che generalmente l'organismo, quando si introduce un corpo estraneo e in questo caso la protesi, tende a difendersi creandogli intorno una specie di reazione cicatriziale, che noi chiamiamo capsula. Molte protesi si rompono all'interno di questa capsula, per cui fortunatamente il silicone rimane localizzato lì, anche se è alterato. Di fatto, per questo motivo non dovrebbero esserci grossi rischi. Nelle protesi di ultima generazione, poi, il silicone è coesivo e rimane all'interno della protesi rotta. Se invece il silicone è più vicino a una forma liquida, il rischio è che possa diffondersi all'interno della mammella. Se questo succede, occorre farsi visitare e si prenderanno i provvedimenti del caso: si fa un buon atto chirurgico, una buona pulizia e si risolve il problema".
Consigli per le donne che dovessero o volessero farsi impiantare protesi mammarie?
"Sono consigli molto semplici. Intanto, quando si recano a fare una visita per un intervento di chirurgia ricostruttiva o di chirurgia estetica, la visita non può risolversi in 5-10 minuti. Deve durarne 40-50, a volte anche un'ora, perché bisogna considerare tanti aspetti che vanno discussi con la paziente. Consiglio di chiedere che tipo di protesi viene utilizzata e di chiedere un libretto informativo sulle protesi (che ogni azienda fornisce), in modo da poter leggere di cosa si tratta. Chiedere di vedere il tipo di protesi da utilizzare. Chiedere perché viene scelto un tipo di protesi piuttosto che un altro, quali sono i motivi, e che tipo di generazione protesica viene usata in quel momento. Direi che la cosa più semplice per la paziente , per essere sicura di ciò che viene utilizzato, sia di chiedere al chirurgo (nel caso di privati, perché nell'ente pubblico avviene già) di poter pagare direttamente lei la protesi alla ditta produttrice. Così il prodotto viene fatturato a lei e la casa produttrice le comunica tutte le caratteristiche relative alla protesi. Questo per avere la certezza massima su ciò che le è stato impiantato. Bisogna assolutamente informarsi su tutto prima di un intervento così, e pretendere di ricevere un libretto per capire bene come sono queste protesi".
Rosanna Biffi