19/01/2012
Alexandra Blachère, presidente dell'Associazione per la difesa di portatrici di protesi Pip.
L'azienda Poly Implants Prothèses, dalla quale deriva l'acronimo Pip, aveva sede in Francia, nel Var. Inizia nel 2001 la produzione delle protesi ora incriminate finchè, alla fine del 2009, l'Autorità francese per la sicurezza sanitaria dei prodotti per la salute (Afssaps) viene messa in allarme dalla segnalazione di un eccessivo numero di rotture tra le protesi Pip impiantate. Un'ispezione nello stabilimento nel marzo 2010 scopre che il silicone utilizzato non corrisponde agli standard di sicurezza, viene sospesa la vendita delle protesi Pip e l'azienda è messa in liquidazione giudiziaria.
Il mese successivo, scatta la prima denuncia da parte di una donna alla quale erano state impiantate le Pip, seguita da circa 2.000 altre. Ma il vero punto di svolta, anche per le associazioni di pazienti con queste protesi che si sono nel frattempo costituite, è rappresentato dal 21 novembre 2011, quando muore per una rara forma di cancro Edwige Ligonéche, alla quale tre anni prima si era rotta la protesi del seno sinistro e il silicone si era diffuso fin sotto l'ascella. Questa donna di 53 anni era stata una tra le più attive sul forum dell'Associazione per la difesa di portatrici di protesi Pip, che conta ormai 1.400 aderenti, è presieduta da Alexandra Blachère ed è la più numerosa tra i gruppi che le "Pipettes" (così si appellano ironicamente tra di loro) hanno costituito per difendere una causa che riguarda 30.000 donne.
Anche sotto la pressione e le manifestazioni delle "vittime delle protesi Pip", le autorità sanitarie francesi iniziano a censire i casi di tumore tra le donne alle quali erano state impiantate. Il 15 dicembre 2011 l'Afssaps pubblica i dati relativi alle dichiarazioni di incidente in donne con protesi mammarie Pip: 1051 rotture dell'impianto, 386 reazioni infiammatorie, 523 espianti preventivi, 5 adenocarcinomi mammari, 1 linfoma anaplastico, 1 linfoma extramammario, 1 tumore maligno. Neppure in Francia si considera provato un rapporto di causa-effetto tra rottura delle Pip e tumore, e tuttavia le 30.000 pazienti interessate sono invitate a espiantare queste protesi, anche in via preventiva.
Il Servizio sanitario francese si impegna a rimborsare a tutte l'espianto delle protesi difettose, e il reimpianto di nuove, più sicure, solo alle pazienti che abbiano dovuto ricostruire il seno in seguito a un cancro. Ma il problema è che il campo della chirurgia estetica è in mano soprattutto ai privati, che operano a tariffe ben più alte di quelle pubbliche. Così, quante si sono già rivolte a chirurghi estetici si sono spesso sentite chiedere un'integrazione ai rimborsi assicurati dalla sicurezza sociale. "Le cifre chieste alle ragazze arrivano anche a 9.000 euro", ha rivelato indignata Alexandra Blachère, che non giudica per nulla conclusa la sua battaglia.
Rosanna Biffi