Al cuore della morale cristiana

Il Decalogo può essere paragonato alla segnaletica di un cammino che conduce all’autentica relazione con Dio e con il prossimo. E ha come orizzonte la legge dell’Amore.

Decimo Comandamento

01/10/2012

«Non desiderare la roba d’altri». Il Comandamento in questione non induce l’individuo a liberarsi dal desiderio dei beni, forse impossibile, ma a liberare il desiderio dall’ansia dell’avere e del possedere (spesso sempre di più). Il senso del limite è già abbondantemente superato quando il fine della vita è posto nel voler accumulare ricchezze e potere, e quando la “programmazione” della persona e della famiglia segue la logica dell’avere sempre di più. L’individuo è un essere dal desiderio infinito e, anche nelle cose materiali, dimostra di essere infinito nelle aspirazioni.

L’etica che è racchiusa all’interno del Decimo Comandamento insegna che questa strada conduce alla schiavitù e al fallimento del senso della vita. In controtendenza, il Comandamento propone di restituire il primato a quelli che sono chiamati i desideri dello spirito, così da integrare, nella giusta misura, i beni terreni.

Inoltre, la cultura dell’avere e del possedere sempre di più non è prerogativa esclusiva del singolo, ma anche del gruppo umano e della cultura dominante. Le società dell’Occidente hanno bisogno di una “conversione” alla qualità della vita, che comprende ma non è riducibile al benessere materiale. Il Decimo Comandamento conduce a realizzare un’armonia tra una crescita qualitativa e quantitativa, tanto a livello personale quanto a livello sociale. Si tratta, in definitiva, di “riorientare” il progresso economico alla sua destinazione umana e sociale.

Luigi Lorenzetti
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