01/02/2011
I principali criteri che guidano questa
ipotesi di riforma fiscale in estrema
sintesi sono così descrivibili:
1) No tax area familiare: il principio
base è che i soldi spesi dalle famiglie
per mantenere le persone a carico
non devono essere tassati (come avviene
invece oggi), perché non sono
ricchezza disponibile, ma risorse obbligatoriamente
impegnate per una
responsabilità pubblica (obbligo di
mantenimento verso i figli). Il FattoreFamiglia introduce il criterio secondo
cui più persone/figli sono presenti
nel nucleo, maggiore è la no tax area;
per esempio, una famiglia di tre persone
avrà una no tax area familiare di
15.400 euro, una famiglia di sei persone
avrà una no tax area di 30.800 euro
(per i dati e i meccanismi tecnici si rimanda
al testo della proposta). L’entità
delle cifre segnala subito che questa
operazione è economicamente rilevante,
non “simbolica”. La no tax
area può essere applicata da entrambi
i coniugi dichiaranti, con il peso dei figli
a carico distribuito tra i due, così
pure per gli elementi aggiuntivi quali
la disabilità, situazioni lavorative particolari,
compiti di cura verso anziani
anche non conviventi, eventuali differenziazioni
tra lavoro dipendente e
autonomo, scarico di fatturazioni “scaricabili”
quali medicinali e altri generi
di prima necessità, parificazione tra
nuclei monoreddito e bireddito, ecc.
2) Valori della no tax area: si propone
di utilizzare per la no tax area la soglia
di povertà individuata dall’Istat
(a oggi un reddito di poco più di 7 mila
euro annue); in tal modo, il dato
non viene fissato arbitrariamente, ma
è garantito da un’agenzia istituzionale;
inoltre può seguire di anno in anno
il costo della vita. Tale soglia viene
poi ricalcolata con un “coefficiente familiare
pesato” che valuta in modo
più adeguato i carichi familiari (nell’attuale
Isee il terzo figlio vale 0,35 di
sgravio, nel FattoreFamiglia 0,80).
3) Flessibilità: un altro aspetto di
grande interesse del FattoreFamiglia
è che il sistema può facilmente incorporare
criteri integrativi di equità
(per esempio maggiore protezione fiscale
in presenza di persone disabili,
di vedovanza, monogenitorialità; può
inoltre rendere più equa la tassazione
dei redditi).
4) Beneficio fiscale a quota fissa:
per garantire equità dei benefici tra i
vari redditi (una delle principali critiche
rivolte al quoziente familiare nelle
sue varie forme), il beneficio fiscale
del FattoreFamiglia viene goduto alla
più bassa aliquota di sgravi fiscali; in
altri termini non pago le tasse, sulla
no tax area, con lo scaglione più basso
di prelievo fiscale (oggi il 23%). Quindi
ogni figlio/persona a carico “vale”
un beneficio fiscale uguale, sia per
redditi bassi e alti, sia secondo il numero
dei figli (l’Isee, paradossalmente,
pesa di più il primo e il secondo figlio
rispetto al terzo e ai successivi).
5) Benefici uguali a livello nazionale:
il FattoreFamiglia deve essere applicato
allo stesso modo su tutto il territorio
nazionale. Si garantisce così
l’equità fiscale a misura di famiglia come
un diritto di cittadinanza universalistico,
uguale per tutte le famiglie in
tutto il Paese. Interventi specifici a livello
regionale, secondo il federalismo,
possono poi essere introdotti
per esempio consentendo alle Regioni
di intervenire sugli assegni al nucleo
familiare (strumento da ripensare
radicalmente); infine, anche i Comuni
potrebbe agire sulle tariffe, aggiungendo
ulteriore flessibilizzazione
territoriale (come il “quoziente Parma”
ha dimostrato). In altre parole, il
FattoreFamiglia consente uguaglianza
di diritti nazionali e modulazione
federalista.
6) Incapienti: per le famiglie con figli
con redditi medio-bassi, che già oggi
difficilmente beneficiano dei pochi
sgravi fiscali disponibili, il FattoreFamiglia
propone un meccanismo di
“imposizione negativa”, che riconosce
cioè un credito d’imposta, da riscuotere
come assegno monetario o
come credito per le imposte per gli
anni seguenti. Questa specifica attenzione
all’area dell’incapienza implica
costi molto alti (dato che sono milioni
le famiglie in questa situazione),
ma costituisce anche uno strumento
di contrasto e prevenzione del “rischio
povertà”, oggi presente anche
per i cosiddetti working poors, cioè
quelle famiglie che sono povere pur
percependo un reddito da lavoro (anche
dipendente, anche a tempo indeterminato).
Conviene comunque ricordare,
in conclusione, che il FattoreFamiglia
sostanzialmente non modifica
l’attuale meccanismo di rilevazione
e di imposizione fiscale a base
individuale dei redditi, ma aggiunge
una maggiore – e più equa – valorizzazione
dei carichi familiari, diminuendo
il prelievo fiscale a chi deve farsi carico
di altre persone (in primis i figli).
In tal modo questa riforma è applicabile
da subito, e non esige una rivisitazione
radicale dei meccanismi operativi
del prelievo fiscale. Questo non
significa però abbandonare l’idea della
soggettività fiscale della famiglia,
concetto strettamente connesso all’idea
– all’origine stessa del Forum –
di cittadinanza della famiglia. Tuttavia
la strada verso il riconoscimento
della soggettività fiscale della famiglia
appare oggi ancora molto lunga e impervia,
e costituisce quindi un obiettivo
di lungo periodo; il FattoreFamiglia,
invece, assumendo l’imposizione
fiscale a base individuale, consente di
rispondere tempestivamente all’urgenza
di sostegno – fiscale, ma non solo
– che oggi la famiglia esprime nel
nostro Paese. È tempo di passare dai
fatti alle parole, e quel tempo è ora!
Francesco Belletti,