Dieci gruppi, dieci temi sensibili

Nell’ambito della Conferenza della famiglia a Milano, gruppi di studio hanno affrontato i diversi aspetti che vivono oggi le famiglie, in una società complessa come la nostra.

10/11/2010

Dieci gruppi, dieci temi sensibili per la famiglia. I dieci gruppi di studio che hanno lavorato nella giornata di martedì nell’ambito della Conferenza della famiglia a Milano con il contributo della società civile hanno affrontato i tanti e diversi aspetti che oggi le famiglie, in una società complessa come la nostra, vivono. Il contributo di ciascun gruppo, che è stato presentato in sessione plenaria nella giornata di mercoledì, servirà a mettere a punto il Piano per le politiche familiari, vero scopo di questa importante kermesse, già presentato in primissima bozza lunedì dal sottosegretario Carlo Giovanardi.

    Il gruppo Diritti sociali inclusione sociale della famiglia ha fatto emergere, ad esempio, la necessità di dare cittadinanza sociale alla famiglia e di riempire la politica di temi familiari. La famiglia infatti è «una società intermedia titolare di diritti propri incentrati sui diritti relazionali della persona». Di qui il diritto di cittadinanza sociale della famiglia: i diritti della famiglia sono addirittura maggiori di quelli dei singoli membri proprio per il ruolo sociale che questa svolge: «La famiglia è il luogo primario di relazioni inclusive ma – aggiunge la relazione - lo Stato, nelle sue statistiche, non tiene mai conto dei beni sociali prodotti dalla famiglia, in particolare nei carichi di cura», è stata la conclusione.

    Il gruppo Accoglienza della famiglia e servizi consultoriali ha fatto rilevare che, dal 1975 ad oggi, molti cambi strutturali della società (culturali, sociologici e demografici) hanno inciso nel servizio dei consultori: calo dei matrimoni, aumento dei divorzi e dell’infertilità di coppia, immigrazione, calo delle nascite. Emergono così nuovi bisogni delle famiglie sul piano relazionale, soprattutto all’interno della coppia e con i figli. Molti consultori del cosiddetto “privato non profit”, specialmente originati dalle associazioni familiari, sono un dato certamente positivo. Occorre però rivisitare il servizio consultoriale per integrare di più aspetti gli sociali e quelli più strettamente medici: di qui la necessità di integrare il personale nei consultori con mediatori familiari e culturali, pedagogisti, legali. In tema di aborto si è sottolineata l’importanza di applicare la legge 194 nella parte in cui previene, nel rispetto della libertà della donna, l’aborto. Occorre infatti aiutare concretamente, umanamente ed economicamente, la donna nel momento di difficoltà per lasciarla veramente libera nella sua scelta.

    Il gruppo Famiglia e fisco ha formulato due proposte: l’implementazione del cosiddetto “Fattore famiglia” (diverso dal cosiddetto “quoziente familiare”), che parte da un calcolo che prevede un livello minimo di reddito non tassabile, moltiplicato per un fattore dato dal numero figli, dalla eventuale monogenitorialità, da eventuali disabilità presenti in famiglia etc.: il numero che ne esce è il cosiddetto “no tax area”, cioè esente da tasse. Il quoziente famiglia dovrebbe essere il cardine di una revisione generale del fisco, che ormai trova una generale consonanza tra maggioranza e opposizione. In secondo luogo si è proposto di rivedere in modo radicale i meccanismi attuali di calcolo dell’Isee.

    Il gruppo Ruolo educativo della famiglia e sistema formativo ha messo, dal canto suo, in rilievo l’importanza di un patto virtuoso tra Stato e famiglia e tra le generazioni al motto di: "empowerment". La famiglia, in altri termini, non va sostituita ma sostenuta e potenziata nel suo ruolo educativo. Per questo è sempre più importante la dimensione della cosiddetta “reticolarità”, cioè l’alleanza educativa tra scuola, famiglia, reti di famiglie, associazioni familiari, imprese e comunità religiose. Oggi , è stata la conclusione, funziona solo l’educazione che progetta insieme. Altro tema discusso è stato quello della libertà di scelta fra la scuola pubblica e quella privata.

    Il gruppo Famiglia, immigrazione e società interculturale ha fato rilevare che è aumentata in questi anni l’immigrazione “formato famiglia” (35% degli stranieri è oggi in possesso di permesso per ricongiungimento familiare) e che crescono i matrimoni misti e i giovanissimi di origine stranieri presenti sul territorio italiano: sono quasi 1 milione i minori di origine straniera in Italia, più della metà di loro è nata qui. Aumentano anche gli studenti stranieri nelle nostre scuole, con il vantaggio per le famiglie degli immigrati di vedere aumentare il tasso della loro coesione sociale con il territorio e quindi della loro stabilità familiare in quanto, attraverso la scuola, essi possono più facilmente superare il senso di estraneità verso il nostro Paese. È necessario però implementare una politica migratoria lungimirante, che guardi con favore ai ricongiungimenti familiari, oggi autentici “percorsi a ostacoli”. Altro tema rilevante è la migrazione al femminile, un’imponente risorsa per mantenere la cura degli anziani in Italia ma con il grande limite di lasciare i propri cari in patria, in primis marito e figli, in balia di sé stessi. Il costo sociale è enorme, perché i figli delle nostre cosiddette “badanti” vengono educati da altre persone, diventando “orfani della migrazione”. Se poi, in un secondo tempo, questi vengono da noi risulta più difficile integrali. Lo stesso vale per i coniugi, costretti, in caso di ricongiungimento, quasi a iniziare daccapo una nuova relazione.

    Il gruppo Famiglie con fragilità, disabilità, anziani e servizi ha parlato di una realtà complessa, dalla doppia faccia: da un lato tante solitudini, dall’altro molte sinergie e ricchezze umane che si sviluppano intorno alle famiglie. Uno degli aspetti più rilevanti, in merito al disabile, è quello del “dopo di noi”. Che fare del disabile dopo la morte dei genitori? A questo proposito non si può improvvisare, occorre costruire nel tempo un percorso. Straordinario è poi il ruolo di mutuo aiuto che si sviluppa all’interno delle famiglie con disabili e quello dei volontari. Importanti sono anche le nuove tecnologie, che permettono di superare molte barriere comunicative. Venendo agli aspetti negativi, vi è una eccessiva frammentazione dei servizi verso la famiglia e ancora pochi servizi domiciliari, essendoci ancora un certo sbilanciamento verso l’erogazione dei servizi stessi nelle sedi deputate a ciò. Manca poi ancora una rete per la corretta presa in carico del disabile e della sua famiglia.

    Dal canto suo il gruppo Famiglie e media ha messo in rilievo che la famiglia non è un soggetto passivo nell’utilizzo dei media, ma si relaziona ad essi e li incorpora in base a ciò che essa è, al senso globale della vita che, nei suoi membri, attribuisce alla vita. Essa necessità però di aiuto: è indispensabile un patto di corresponsabilità tra la famiglia, le istituzioni, le aziende di comunicazione, i fornitori di contenuti, i professionisti dell’informazione, la scuola, l’associazionismo familiare e gli utenti consumatori. La famiglia chiede ai media che rappresentino bene la realtà della famiglia, senza distorsioni, e che questi osservino criteri di equità e di sicurezza, rispettando i codici di autoregolamentazione esistenti in particolare rispetto ai minori.

    Tra le proposte si possono menzionare l’istituzione di un osservatorio permanente sui media, la realizzazione di un marchio di qualità “family frienly” (bollino blu per buoni prodotti) e la creazione di due servizi presso il Dipartimento per le politiche della famiglia: uno di counselling telefonico e l’altro per raccogliere le denunce su abusi nei media a danno dei minori e verificarli. Un altro servizio molto utile sarebbe quello dell’introduzione di una materia di insegnamento specifica, la cosiddetta “media education”, nelle scuole.

Stefano Stimamiglio
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