La Chiesa e le coppie in crisi

Separati e divorziati che vogliono mantenere un rapporto con la Chiesa e con i sacramenti si trovano spesso a disagio. Un dialogo che cresce. La pastorale nelle diocesi.

Separati, non scomunicati

29/07/2011
Maria Grazia Randazzo e Carlo Falcini.
Maria Grazia Randazzo e Carlo Falcini.

«Dopo il mio secondo matrimonio, al momento della Comunione, uscivo dalla chiesa perché non poter partecipare mifaceva sentire male». La sofferenza di Paola Brisotto, insegnante 48enne di Spresiano (Treviso), è quella di tante altre persone. Lei aveva un matrimonio in teoria perfetto: entrambi capi scout, le migliori amicizie in parrocchia. Poi, dopo otto anni, la rottura. Lei lascia il lavoro per cercare di salvare il matrimonio, invano.

     Di lì inizia un tempo di solitudine affettiva, lenita solo dalla vicinanza di alcuni sacerdoti, amici di vecchia data. La consulenza di un canonista le rivela che mancano i presupposti per la nullità del matrimonio e intanto il desiderio di un altro amore e di maternità crescono. Oggi Paola ha un lavoro e un nuovo marito, sposato civilmente, con cui ha due figli: «Non mi sono mai allontanata dalla Chiesa, ma credo che non si tenga abbastanza conto delle situazione reali delle persone: dietro a un divorzio c’è spesso un percorso di sofferenza terribile».

     L’irritazione per la posizione della Chiesa riguarda in effetti molte persone: «Nel primo incontro con il mio gruppo di divorziati risposati», dice don Marco Morrone di Taranto, «le persone scaricano sempre il loro disappunto contro la Chiesa per l’esclusione dall’Eucaristia o perché non possono fare il padrino o la madrina». La posizione della Chiesa d’altronde è nota. Il Direttorio di pastorale familiare chiarisce che chi si risposa civilmente dopo un matrimonio religioso, non essendo «nella pienezza della comunione ecclesiale», non può accedere alla Confessione e alla Comunione, né può essere padrino o madrina per i sacramenti o svolgere alcuni servizi in parrocchia.

     Princìpi duri, che però non significano affatto “scomunica”, anzi: le comunità cristiane sono chiamate a «considerarli ancora come loro figli», a «non giudicare l’intimo delle coscienze» e a porre in atto percorsi  “inclusivi”. Diversa è la situazione di chi invece, separato o divorziato per una giusta causa, decide di vivere fedele al primo matrimonio senza risposarsi: queste persone hanno pieno accesso ai sacramenti.

     Una disciplina, come si vede, che richiede una comprensione profonda del Matrimonio. Una disciplina che, a volte, nemmeno i sacerdoti conoscono bene. C’è anche chi accetta, pur nella sofferenza, un cammino penitenziale. «Ci siamo trovati nella nostra sofferenza e abbiamo ricominciato insieme a frequentare la chiesa», spiegano Carlo e Maria Grazia Falcini di Mondovì, sposati civilmente dopo il naufragio del loro primo matrimonio religioso. Maria Graziaha ottenuto la dichiarazione di nullità matrimoniale, Carlo non ce l’ha ancora.

     «Mi sono sentita a lungo una peccatrice. Poi ho realizzato che anch’io sono chiamata alla salvezza», rivela Maria Grazia. «Dai sacerdoti ci siamo sentiti accolti. Meno, almeno all’inizio, dalla comunità», aggiunge Carlo. L’anno scorso i due sono entrati nella commissione dell’ufficio famiglia che si occupa dei divorziati e organizzano incontri in diocesi.

     «Non avrei mai pensato a una vita senza sacramenti», confida Emanuela Carcereri, una gioventù passata in parrocchia col desiderio di sposarsi in chiesa e metter su famiglia. Invece la vita ha disposto diversamente e si è innamorata di Giuseppe, un uomo divorziato. La coppia, dopo aver sperato inutilmente per anni che il processo canonico di nullità andasse a buon fine, ha deciso lo stesso di sposarsi: «Il giorno della cerimonia, prima di recarci in Comune, siamo andati al santuario di Monte Berico per scambiare simbolicamente le nostre fedi davanti alla Vergine». Da quel giorno non fanno più la Comunione.

     Non sono poche anche le persone che decidono di rimanere fedeli alla prima unione. È il caso di Vera Garizio di Biella, che guida un gruppo diocesano di separati fedeli, e di Maria Pia Campanella di Palermo, separata dopo 22 anni passati con il coniuge, che è rimasta fedele al matrimonio e ogni anno rinnova con il suo gruppo le promesse nuziali. Anche a Milano e in altre città, esistono esperienze di incontri per separati fedeli (www.separatifedeli.it) e per persone che stanno cercando di orientare la propria vita dopo una separazione (www.famiglieseparatecristiane.it). Ernesto Emanuele, che ne è l’iniziatore, ha messo in piedi anche una sorta di “pronto soccorso” per separati al fine di assistere le persone quando la situazione precipita (telefono 02/65.54.736).

Stefano Stimamiglio
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Postato da Franco Salis il 02/08/2011 11:11

@ lorenzo20 il 01/08/2011 02.35,veramente nonho capito il tuo pensierocommisto ad alcune posizioni di preti e di insegnanti.vediti " del 23.06.2011 “divorziati,il perché dei “NO” della Chiesa” di Stefano Stimamiglio .QUELLA E' LA POSIZIONE UFFICIALE DOGMATICA TEOLOGICA PASTORALE DELLA CHIESA.NON CE NE SONO ALTRE.Ciò di cui si può discutere è sulla nullità del matrimonio.Poi i cristiani non possono andare in una altra Chiesa a "carpire" la comunione che verrà senz'altro concessa perchè i parroci e semplici distributori sono avvertiti di darla a tutti se il fatto non costituisce scandalo.Esiste anche la comunione per desiderio intenso che chiunque in situazione irregolare può esprimere,perchè chi agisce è sempre Gesù e Gesù può accogliere questa richiesta di Grazia .Ma non andando a prenderla di nascosto al supermercato!Ciao,mia moglie mi reclama!!!!

Postato da lorenzo20 il 01/08/2011 02:35

sperando di non dare l'impressione di essere "saccente": durante il corso di teologia serale per laici, qualcuno chiese all'insegnante come mai alcuni sacerdoti, in confessione, autorizzano un divorziato risposato ad accedere all'eucaristia (vedi anche commento qui stesso). anticipando la risposta del docente, dissi che, secondo me, occorreva distinguere tra teologia dogmatica, che fissa i princìpi, e teologia pastorale, che tali princìpi interpreta a seconda delle varie situazioni (non credo che questo sia "situazionismo"). il docente, parroco di una famosa chiesa di roma, si dichiarò d'accordo. poi, secondo me, c'è da fare un altro discorso, e qui sono un tantino polemico. perchè il "cristiano standard" vorrebbe sempre la "pappa pronta"... mi sposo in chiesa, bene. poi, però, le cose vanno male. perchè la chiesa non ha una soluzione? caro "cristiano standard", non è la chiesa che è cattiva, è che tu, scusami se te lo dico, ma non hai capito niente. la chiesa non è un distributore di felicità in pillole. la chiesa sta lì che, mentre svolge la sua missione, aspetta che tu prenda coscienza di te e, appunto, di cosa è la chiesa. se tu senti che eventi più grandi di te ti hanno costretto a divorziare e a risposarti, parla con la tua coscienza e con il confessore, e prenditi la responsabilità delle tue azioni, vai a comunicarti, nessuno ti caccerà, a meno che tu non sia uno scomunicato notorio. è chiaro che se questi motivi di forza maggiore non esistono, allora bisogna scegliere: o vado a comunicarmi, o mi risposo. è che tutti, o quasi, si rifiutano di crescere, vogliono tutti restare bambini, con mamma chiesa che prende le decisioni per loro e, se queste non piacciono, la chiesa è cattiva. che, poi, appunto, la chiesa non è che decide le nostre azioni, la chiesa insegna, stabilisce principi con l'aiuto dello spirito santo, ma, poi, le decisioni le dobbiamo prendere noi. poi avei qualche altra cosa da dire, a proposito dell'argomento, stavolta a proposito della gerarchia, ma magari un'altra volta.

Postato da Franco Salis il 31/07/2011 20:34

@ Oddo Filippo il 31/07/2011 07.38,non conosco tutta la storia e quindi mi mancano gli elementi di valutazione. Ti chiedo una cortesia dì a quel tuo “fondamentalista cattolico” che chi è in peccato mortale è lui e non tu,perché è un bestemmiatore. Allora prendendo semplicemente la tua espressione “ Non ti voglio più bene,ci dobbiamo lasciare , così la mia ex”, naturalmente che non sia una estemporanea espressione di difficoltà,ma che invece sia ferma convinzione presente sin dal momento del matrimonio è motivo di dichiarazione di nullità. Ne dà conferma una recente nota pubblica di autorevole fonte. Credo che ben si addica la(tra Filippo e il "fondamentalista") la parabola del fariseo e del pubblicano .(Luca 18,10-14) Che mi pare opportuno riportare: “Due uomini salirono al tempio a pregare:uno era fariseo l’altro pubblicano. Il fariseo stando in piedi pregava così fra sé:O Dio,ti ringrazio che non sono come gli altri uomini,ladri,ingiusti,adulteri,e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece,fermatosi a distanza,non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo,ma si batteva il petto dicendo: O Dio,abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro,perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”Appare evidente,chiunque mi corregga,che Filippo è il pubblicano e il “fondamentalista” è il fariseo. Vorrei dire due parole al “pezzo” di Mario Bonsignori su F.C. “ Un matrimonio riconosciuto come nullo”. A scanso di equivoci, i rilievi non sono rivolti all’autore. Ma vi pare che la cristianità abbia bisogno di tutta quella sequenza di norme per assicurare l’esercizio dei diritti doveri?(a proposito,io sapevo dell’esistenza del gratuito patrocinio in caso di indigenza) Dite SI ? bene allora vi riporto (Matteo 5,36-37) “Non giurare neppure per la tua testa,perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare si,si;no,no;il più viene dal maligno”. Il Codice Canonico non avrebbe dovuto esistere:esso è uno strumento di potere e non è affatto vero che sia a difesa dei più deboli. Per questa “pratica” sarebbe stato sufficiente un paio di incontri con i soggetti interessati e l’Ordinario del luogo e uno o più consulenti .La decisione andrebbe presa non a maggioranza assoluta o qualificata ma semplicemente dall’Ordinario del luogo. Resta poi alla coscienza dei soggetti accettare o rifiutare la decisione e ciascuno a partire dall’Ordinario se ne assume la responsabilità davanti a nostro Signore.

Postato da giorgio traverso il 31/07/2011 18:29

Signori Falcini,voi non siete nessuno.Al signor Silvio Berlusconi,la comunione è stata data,sotto gli occhi di tutti.Purtroppo per la chiesa i poveri sono dei peccatori ,i ricchi sbagliano solo.e pensare che un tale aveva detto:è più facile che un camello,passi da una cruna di un ago,che un ricco entri nel regno dei cieli.
giorgio traverso

Postato da Oddo Filippo il 31/07/2011 07:38

Divorziato, risposato. " Non ti voglio più bene,ci dobbiamo lasciare ", così la mia ex. Ricoverato in psichiatria, imbottito di psicofarmaci, con idee di suicidio. LA FAMIGLIA è per la vita nel bene e nel male mi aveva inculcato mia madre e ne avevo fatto tesoro. Quali colpe ho? Mi sono risposato con una dolce crocerossina che, pian piano, è riuscita a tirarmi fuori dal tunnel. I figli ,solo del primo matrimonio, plagiati dalla madre, mi hanno abbandonato lasciandomi nel cuore una sofferenza atroce. Non mi sento in peccato. Un sacerdote, al quale piangendo ho raccontato la mia storia mi ha concesso di comunicarmi togliendomi un'altra sofferenza, a me cattolico. Un " fondamentalista cattolico " che conosco, ogni volta che mi incontra mi dice, con la sua fede senza perdono, "Lo sai, Filippo, che sei in peccato mortale ". Cara Famiglia Cristiana, pubblica questo mio commento di un padre/ marito che soffre ancora ma che corre in Chiesa a trovare la pace.
Filippo Oddo

Postato da Franco Salis il 30/07/2011 12:22

Cose tristissime e risapute, per questo la lettura rinnova un “disperato dolore”di dantesca memoria. Leggo “La consulenza di un canonista le rivela che mancano i presupposti per la nullità del matrimonio e intanto il desiderio di un altro amore e di maternità crescono”. E’ chiaro che la “consulenza” è stata di natura tecnica. Vogliamo imbrigliare l’essere umano in strutture tecniche? Continuo a leggere “ Una disciplina, come si vede, che richiede una comprensione profonda del Matrimonio. Una disciplina che, a volte, nemmeno i sacerdoti conoscono bene”.Beh non esageriamo,se non consideriamo quei sacerdoti consacrati prima del Concilio e che non abbiano saputo fare una rilettura alla luce del Concilio,ma non sono tanti. Ma io voglio essere deliberatamente provocatore:siamo sicuri che il Magistero della Chiesa in materia sia conforme alla volontà di nostro Signore? Sempre in materia di magistero, la chiesa non ha più volte ribadito che la mancanza di volontà priva qualsiasi azione della condizione di peccato? Soprattutto fra i giovanissimi è frequente che credano in buona fede nella scelta che stanno per fare,sono convinti che sia l’uomo/donna della loro vita ,ma mancano le condizioni razionali di tale scelta. La radice del “fallimento” dei matrimoni sta tutta qui. Ma mi chiedo “fallimento o scoperta di nullità”? Tutto il resto va benissimo: BENE F.C. del 23.06.2011 “divorziati,il perché dei “NO” della Chiesa” di Stefano Stimamiglio , soprattutto nella sua conclusione. BENE “CISF Insieme verso le nozze” Del 10/01/2011. BENE Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI BENE San Guigo“ Senza splendore e bellezza,e inchiodata alla croce,così deve essere adorata la verità”. La verità deve essere adorata nuda e cruda come è e non alleggerita da preziosismi pittorici, e per ciò sottopone i fedeli ad una disperata sofferenza che spesso, se non sempre, è causa di allontanamento dalla Chiesa. Comincino gli uomini di Chiesa a una maggiore e più approfondita riflessione su questo tema,senza intaccare la Verità . Ma,mi si potrà chiedere, se sono d’accordo con tutti questi scritti di autorevoli Autori,dove sta il problema? Eccolo: la estrema facilità con cui la Chiesa ammette al sacramento del matrimonio contro la estrema difficoltà nel dichiararlo nullo. Nella Familiaris Consortio del 22 novembre1981 si leggono analisi, suggerimenti pastorali assolutamente condivisibili ,ma al cap.68 paragr. 2: “La fede, infatti, di chi domanda alla Chiesa di sposarsi può esistere in gradi diversi ed è dovere primario dei pastori di farla riscoprire, di nutrirla e di renderla matura. Ma essi devono anche comprendere le ragioni che consigliano alla Chiesa di ammettere alla celebrazione anche chi è imperfettamente disposto”. Individuare chi è “imperfettamente disposto” già di per sé è difficile perché i nubendi per lo più sono in buona fede convinti,se poi aggiungi che comunque devi celebrare le nozze,la nullità è evidente. Infatti viene a mancare un elemento essenziale che è la volontà che non può essere viziata da nessun elemento apparente o non apparente. Naturalmente questo discorso vale per coloro che continuano ad amare Cristo e a sentirsi amati da Lui. Certamente non può valere per coloro che dichiarano che il matrimonio consiste in una firma apposta su un pezzo di carta. Lo stesso discorso,mutatis mutandis, vale per i sacerdoti che ad un certo punto sentono una diversa vocazione, e vogliono continuare a servire Dio nel matrimonio e non nel sacerdozio. Buona giornata.

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