Donne precarie, mamme mancate

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Storia di Anna: precaria o libera professionista?

25/07/2011

Anna ha 32 anni, lavora da sette in uno studio legale e dal 2006 è iscritta all’Ordine degli Avvocati. Dopo la prima maternità, al suo rientro al lavoro viene accolta con un aut-aut: o mantenere il tempo pieno, che per un avvocato significa rimanere in studio almeno fino all’ora di cena, o a casa. «Al rientro dalla maternità devi dimostrare di avere ancora un cervello», commenta Anna, che è brava, precisa e puntuale nello svolgere il proprio lavoro e che riesce faticosamente a ottenere un part-time, fino a quando non rimane incinta una seconda volta. È una gravidanza a rischio e per i primi due mesi deve rimanere a letto: il titolare dello studio non le paga più lo stipendio, e la cassa previdenziale dell’Ordine non tutela questi casi. Dopo la nascita del secondo figlio Anna chiede di poter rientrare part-time. Inizialmente è un sì, ma appena Anna rimette piede in studio le cose cambiano: «a causa di cambiamenti organizzativi all’interno dello studio» le viene revocato il part-time, con la raccomandazione aggiuntiva di «non fare troppe assenze per le malattie dei figli».

Anna non molla: sa di essere un bravo avvocato, e alla fine riesce a strappare un part-time fino alle 17:30. È solo una mezza vittoria: «La cosa alla quale non volevo rinunciare era veder crescere i miei figli, e ora mi rendo conto che non lo posso fare. D’altronde devo lavorare, il mio stipendio è necessario e non possiamo fare altrimenti. Mi piacerebbe avere altri figli, ma non so se ce la faremo. Come fai a gestire tre figli con un lavoro a tempo pieno? Per non parlare del fatto che dovremmo cambiare casa, perché nel nostro trilocale non ci staremmo…».

«Mio marito mi è stato sempre vicino e se potesse mi direbbe di stare a casa. Ha un lavoro a tempo indeterminato, per il quale ha rinunciato alla professione che gli piaceva davvero, ma che non aveva prospettive di stabilità. Ora però anche lui deve ridefinire il suo percorso professionale, non siamo sicuri che il suo contratto a tempo indeterminato sia comunque un contratto “sicuro”.» «Sto cercando un altro lavoro. Ma quando vai a fare i colloqui ti chiedono se hai figli, e ti chiedono l’orario flessibile, ma in una direzione sola. Una volta sono entrata con il pancione in una filiale di un’agenzia di lavoro temporaneo e l’addetta, dopo avermi squadrato, mi ha detto: ‘Signora, non mi sembra il momento più opportuno per cercare un altro lavoro’».

Lorenza Rebuzzini
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