A scuola da soli: in Italia lo fanno in pochi

Una ricerca del Cnr mostra mamme e papà italiani non inclini a rendere indipendenti i figli. Pochi bambini vanno a scuola da soli. Alcuni genitori si presentano persino all'università.

Lontani da casa. Le paure dei genitori

05/05/2013

Figlio fuori casa per qualche giorno e ansia da separazione da parte dei genitori spesso camminano di pari passo. Non per tutti, ovviamente, ma di certo per buona parte delle mamme italiane. Nonostante la razionalità e l’autocontrollo, infatti, il telefono diventa inseparabile compagno: spesso usato per chiamare, se è permesso farlo, più spesso aspettando che squilli, perché pare proprio brutto telefonare in continuazione. Ma cosa provano le mamme e i papà quando i figli trascorrono del tempo lontano da loro? Lo abbiamo chiesto a Rosalinda Cassibba, professore straordinario presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Bari.

«Verso i sette-otto anni il bambino deve essere incoraggiato a vivere esperienze fuori casa: le gite, i momenti formativi riservati ai ragazzi, le occasioni ludiche che prevedono allontanamento dalla famiglia sono delle esperienze di crescita. Sollecitarle è importante: a volte capitano momenti in cui occorre stare lontani e stare da soli, sono occasioni che permettono di individuare strategie per sviluppare il senso di autonomia. Preparato il momento, il genitore deve poi sentirsi tranquillo altrimenti trasmette le sue emozioni al ragazzo».

- Ma certamente, le prime volte, bene non si sta.


«In parte le sensazioni sono legate all’età del figlio, perché quando inizia a diventare più grande gli si attribuisce maggior autonomia e come genitore si acquisiscono strategie per vivere meglio il distacco. Le prime volte, indubbiamente, si sta male. Il problema si pone soprattutto se il bambino vive la sua esperienza in un contesto diverso dalla famiglia: si è più tranquilli se sta a casa con gli zii o con qualcuno con cui si ha confidenza, anche perché li si può chiamare spesso senza paura di disturbare. Ovviamente con i nonni la tranquillità è massima, soprattutto per chi è abituato a stare con loro. Ma quando per la prima volta dormono fuori un po’ di ansia c’è sempre: lo so bene anch’io perché l’ho sperimentato da poco, quando mio figlio è rimasto da un amico. Ho trovato però dall’altra parte una mamma comprensiva che aveva vissuto questa sensazione prima di me e mi ha mandato molti messaggi per rassicurarmi che tutto andasse bene».

- Se è invece il genitore che si allontana?


«Molti esprimono difficoltà nel lasciare il bambino per motivi di lavoro, vacanza o festa. Dipende dalla capacità di gestire il senso di colpa. A volte è il bambino stesso che chiede di poter stare a casa con i cuginetti o con i nonni ed evitarsi magari giornate di visita ai musei di una città d’arte. Quando è piccolo è più problematico: il distacco è visto come un abbandono, non se ne capisce il motivo. Se ha due-tre anni il bambino lo tollera, ma ha bisogno della telefonata che sente come protettiva. Se lo si deve lasciare meglio farlo stare a casa sua con i propri oggetti e la propria routine.

- Senza dubbio la prospettiva tra genitori e figli è diversa. Qual è il momento giusto per lasciarli andare?

«Quando un figlio dorme fuori dall’amico per i genitori è più difficile affrontare la cosa che per il ragazzo, preso dall’ euforia, ci si chiede cose succederà, come reagirà. Ma l’importante è che scelga il bambino: quando si sente pronto ad affrontare l’esperienza e la vede come positiva e piacevole è arrivato il momento e il genitore è più propenso».

- Ci sono differenze nei comportamenti di madre e padre?


«I papà si sentono meno in colpa e affrontano il distacco con maggiore facilità. Anche perché il bimbo è spesso più dipendente dalla madre che è la principale figura di accudimento.

- Cosa deve fare un genitore per gestire l’ansia, per non interferire con il regolare processo di sviluppo dell’autonomia dei loro figli?

«Si deve tenere occupato e stare con qualcuno meno ansioso. Senz’altro deve condividere la responsabilità col partner perché in genere in due non si è agitati allo stesso modo e nello stesso momento. In Italia siamo molto ansiosi e mammoni, al Sud ancora di più. Ma il percorso verso la crescita e l’autonomia è un lavoro continuo: l’importante è procedere a piccoli passi, capire che questa ansia è fisiologica, è normale, fa parte dell’esperienza genitoriale e va affrontata e superata».

                                                                                                         Maria Gallelli

Orsola Vetri
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