Antibiotici, meglio andarci piano

Il Nord Europa è più cauto nell'uso degli antibiotici, al contrario di Italia, Grecia e Spagna. E gli esperti consigliano come, perché e quando usarli con i bambini.

Nel Nord'Europa più cauti con gli antibiotici

30/10/2012

Bambini e corretto utilizzo degli antibiotici: siamo ancora indietro in Italia secondo quanto è emerso dai risultati appena diffusi del progetto ARPEC, uno studio di sorveglianza finanziato dall’Unione Europea nel 2010. L’Europa sembra letteralmente spaccata in due riguardo a questo tema: nel Nord Europa (Inghilterra, Germania e Belgio) questi farmaci si utilizzano “meno” e “meglio”, mentre Italia, Grecia e Spagna sono più lontane dal loro corretto utilizzo, per non parlare dei paesi meno sviluppati extraeuropei.

Le cause sarebbero di tipo economico, culturale e sociale. «Gli antibiotici - ha commentato Susanna Esposito, pediatra presso il Policlinico di Milano, tra gli italiani aderenti al progetto - sono farmaci preziosi, molto utili in presenza di specifiche infezioni, ma che non funzionano o addirittura possono essere dannosi qualora non vengano utilizzati in modo corretto. E’, quindi, molto importante che siano somministrati solo quando li prescrive il pediatra, dopo aver fatto un’attenta diagnosi della patologia presentata dal bambino».

Lo studio ARPEC mostra che nel Nord Europa esiste una prevalenza (numero di pazienti trattati almeno con un antibiotico su 100 pazienti) più bassa nell’uso di antibiotici, con circa il 30%, rispetto al 38% del Sud Europa. In Asia e Sud Africa, nei reperti pediatrici e neonatali la prevalenza sale al 44%, mentre in Italia, il consumo di antibiotici arriva a circa il 38%, e siamo al penultimo posto, dopo Portogallo (28.5%) e Spagna (37,7%). In Grecia va peggio, con un utilizzo che raggiunge ben il 40%.

Dal punto di vista medico, il principale problema è dato dalla resistenza antimicrobica, che rappresenta una vera e propria criticità della sanità pubblica mondiale: ogni anno, la presenza di batteri resistenti ai medicinali antibiotici provoca, infatti, la morte di circa 25.000 persone, insieme a enormi costi sanitari aggiuntivi. La resistenza antimicrobica entra in gioco anche nelle infezioni contratte in seguito ad un ricovero in ospedale: solo nell'Unione Europea, circa 4 milioni di pazienti soffre ogni anno di un'infezione connessa alle cure medico-sanitarie.

Questo fenomeno è causato dall’uso inadeguato di antimicrobici terapeutici, sia in medicina che in veterinaria, e dall’impiego di antimicrobici a fini non terapeutici, ma entrano in gioco anche fattori di natura socio-economica e culturale. L’Unione Europea ha istituito due diversi sistemi di sorveglianza per cercare di tamponare questa emergenza: la Rete Europea di Sorveglianza della Resistenza Antimicrobica (ENSAR) ed il Controllo europeo sul consumo degli antimicrobici (ESAC) promuovendo, contemporaneamente, politiche di comunicazione per il corretto utilizzo degli antibiotici.

Il progetto ARPEC, ad esempio, è stato istituito anche con l’obiettivo di raccogliere i dati relativi al consumo e alla resistenza agli antibiotici nei bambini. Sono stati coinvolti oltre 5.000 bambini appartenenti ai reparti di neonatologia e pediatria d’Europa e di altri Paesi nel Mondo come Australia, Africa, Stati Uniti, Sud America e Asia. La comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio “Piano d'azione di lotta ai crescenti rischi di resistenza antimicrobica (AMR)” del 2011 propone l'elaborazione di un piano di azione quinquennale di lotta alla resistenza antimicrobica, definita “una delle principali minacce per la salute umana”.     

Alessandra Turchetti
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