Se una mamma si ammala di cancro

Alaina Giordano, una donna di 37 anni malata di tumore e madre di due bambini sta lottando contro la sentenza di un tribunale statunitense per non perdere l'affido dei suoi figli.

Cosa succederebbe in Italia in un caso del genere? Risponde un magistrato.

18/05/2011

«In astratto quanto è successo negli Stati Uniti sarebbe possibile anche in Italia, in concreto è più difficile». Piercarlo Pazé, magistrato in pensione del Tribunale dei minori di Torino e direttore della rivista Minoriegiustizia, così commenta il caso di Alaina Giordano, la donna 37enne di Durham, North Carolina, in cura per un cancro al seno, che entro il 17 giugno dovrà mandare i propri figli Sofia e Bud, 11 e 6 anni, a Chicago dall'ex marito che ne ha richiesto - e ottenuto- la custodia. «In Italia in genere si è più attenti alla donna, il Tribunale dei minori privilegia quest'ultima perché si dimostra come la più accudente, lo è statisticamente, salvo i casi che sconfinano nella patologia. Tuttavia se, in astratto, la madre è molto malata e non può occuparsi dei figli, viceversa il padre ne è capace, allora la decisione potrebbe essere diversa».

Tuttavia sono le espressioni usate ad aver generato una così accesa polemica internazionale: «Le affermazioni riportate dai giornali (la psicologa forense avrebbe detto in aula: "I bambini dividono la loro esistenza tra mondo col cancro e mondo senza cancro, vogliono un'infanzia normale e questa non è possibile con un genitore malato", ndr), sono molto gravi, ma non è possibile isolare questa frase, bisognerebbe conoscere bene il caso».

Nello specifico, la legge italiana si esprime? La malattia può essere causa di mancato affidamento? «La legge non dice nulla, bisogna fermarsi alla giurisprudenza. In Camera di consiglio si valuta chi dei due genitori sia capace di crescere meglio il figlio e come far sì che l'altro se ne occupi. Il giudice ha una grossa responsabilità: nei "fatti di sentimento" ci si affida alla criticità del giudice. La malattia grave e invalidante potrebbe impedire, ad esempio, di diventare affidatario principale,  o di avere un bambino in adozione».

In situazioni di questo tipo, il punto di vista dovrebbe essere diverso, si dovrebbe parlare di condivisione, di presenza di entrambi i coniugi. «Questa è la logica dell'affido condiviso, che punta a far sì che il bambino abbia due figure genitoriali, che entrambe effettuino le attività di cura». Non si può imporre, ad esempio, che si viva in una stessa città per il bene dei figli? «No, la scelta del luogo in cui abitare è un diritto. Andare in una città diversa, dopo una separazione, è anzi una situazione tra le più frequenti, anche se a volte è uno dei modi per colpire l'altro coniuge, una scelta strumentale. Si può impedire, ad esempio, se l'allontanamento avviene dopo la separazione e viola le modalità fissate senza averne richiesto una variazione». Nella sua carriera, si è mai occupato di una vicenda simile a questa? «Ricordo una caso, ma diverso, di molti anni fa: una madre era molto malata di cancro, il padre non c'era. La donna allora ha accettato di dare il proprio figlio in adozione. Era stata scelta una famiglia, lei stessa l'aveva voluta conoscere: è mancata poco dopo, contenta di sapere che su figlio sarebbe cresciuto in buone mani».

Maria Gallelli

Dossier a cura di Maria Gallelli e Orsola Vetri
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati