Afghanistan, dieci anni di guerra

Il 7 ottobre 2001 americani e inglesi iniziarono a bombardare la patria di talebani e Al Qaida. Il bilancio: più ombre che luci; 1.462 civili uccisi solo nei primi sei mesi del 2011.

Il primo attacco una domenica, appena sceso il buio

07/10/2011
In questa foto sattata il 18 novembre 2001, gli effetti del bombardamento americano su obiettivi talebani nell'area del villaggio di Khanabad, nella provincia di Kunduz, nell'Afghanistan settentrionale (archivio Ansa).
In questa foto sattata il 18 novembre 2001, gli effetti del bombardamento americano su obiettivi talebani nell'area del villaggio di Khanabad, nella provincia di Kunduz, nell'Afghanistan settentrionale (archivio Ansa).

Era domenica. L'attacco scattò con il buio, un po' prima delle 21 (un po' dopo le 16, ora italiana). Il 7 ottobre 2001 gli Stati Uniti reagirono così all'attentato terroristico contro le Torri gemelle. Solo nella primissima ondata di fuoco, sottomarini e bombardieri lanciarono circa 50 missili Cruise di tipo Tomahawk.

Dopo tre quarti d'ora George W. Bush e Tony Blair annunciarono che le forze aeree statunitensi e britanicche stavano appoggiando l'offensiva terrestre dell'Alleanza del Nord
che puntava su Kabul e sulle altre grandi città afghane. Lo scopo dichiarato era quello di colpire i reparti talebani e quelli di Al Qaida, catturare o uccidere il capo dei terroristi Osama Bin Laden, ritenuto il responsabile dell'attentato, distruggerne le basi e rovesciare il regime del mullah Omar che lo proteggeva. Sembravano essere tutti obiettivi a portata di mano, nel breve-medio periodo.

Un attacco aereo delle forze americane. .Foto Afp/Us Navy, Commander Brian G. Gawne.
Un attacco aereo delle forze americane. .Foto Afp/Us Navy, Commander Brian G. Gawne.

In realtà è stata ed è tuttora una guerra lunga, logorante, sanguinosissima. Bin Laden è stato ucciso in Pakistan lo scorso maggio, dieci anni dopo, anche se l'organizzazione - che pure ha subito altri colpi, anche recenti  - non è ancora del tutto sconfitta. L'Afghanistan appare ancora diviso da conflitti economici, culturali e religiosi, dilaniato da attentati e raid su civili. Lontano il processo di pacificazione e democratizzazione immaginato per quel Paese diventato culla del fondamentalismo islamico.

Il presidente afghano Hamid Karzai (foto Epa/S. Sabawoon)
Il presidente afghano Hamid Karzai (foto Epa/S. Sabawoon)

Amnesty International ha dichiarato che il Governo di Hamid Karzai e i suoi alleati non hanno mantenuto molte delle promesse fatte alla popolazione afghana. “Nel 2001, dopo l’intervento internazionale, le aspettative erano elevate, ma da allora i passi avanti verso il rispetto dei diritti umani sono stati pregiudicati dalla corruzione, dalla cattiva gestione e dagli attacchi degli insorti, i quali mostrano un disprezzo sistematico per i diritti umani e le leggi di guerra”, ha dichiarato Sam Zarifi, direttore di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico.

L’analisi di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan ha riscontrato alcuni progressi nel campo dell’adozione di leggi che richiamano i principi fondanti delle democrazie, riducono la discriminazione nei confronti delle donne che oggi hanno diritto a studiare e a essere curate.



In quest'altra foto d'archivio, scattata l'8 novembre 2001a Dasht-i-Qala, un villaggio settentrionale vicino al confine tra Afghanistan e Tagikistan, un maestro insegna il Corano in una scuola islamica ( foto Epa/Sergei Chirikov).
In quest'altra foto d'archivio, scattata l'8 novembre 2001a Dasht-i-Qala, un villaggio settentrionale vicino al confine tra Afghanistan e Tagikistan, un maestro insegna il Corano in una scuola islamica ( foto Epa/Sergei Chirikov).

Con la fine delle restrizioni imposte dai talebani, l’accesso all’istruzione è notevolmente migliorato: le scuole sono ora frequentate da sette milioni di alunni, il 37 per cento dei quali è costituito da bambine. All’epoca dei talebani, i bambini che andavano a scuola erano meno di un milione, con una frequenza femminile quasi pari a zero.

 Al contrario, nei settori della giustizia, delle operazioni di polizia, della sicurezza e sulla questione degli sfollati non si sono registrati passi avanti o la situazione si è persino deteriorata. Le condizioni di vita della popolazione che vive nelle zone maggiormente colpite dalle azioni degli insorti sono peggiorate.

In quest'immagine del 18 novembre 2001, un gruppo di profughi afghani fugge dai combattimenti nei pressi di Khanabad, nella provincia di Kunduz (foto Epa/Sergei Chirikov).
In quest'immagine del 18 novembre 2001, un gruppo di profughi afghani fugge dai combattimenti nei pressi di Khanabad, nella provincia di Kunduz (foto Epa/Sergei Chirikov).

In questo decennio un crescente numero di civili afghani ha fatto le spese del conflitto armato. Dal 2008-2009, circa tre quarti delle vittime sono stati causati dagli attacchi dei gruppi di insorti, il resto dalle forze internazionali e afgane. Nei primi sei mesi del 2011 le Nazioni Unite hanno registrato 1.462 vittime civili, un drammatico record. L’80 per cento delle perdite è stata attribuita a "elementi antigovernativi" e almeno la metà dei morti e dei feriti è stata causata da attacchi suicidi e da ordigni esplosivi.

Il conflitto ha prodotto quasi 450.000 profughi interni. La maggior parte di essi si trova nelle province di Kabul e Balkh, spesso in condizioni di povertà estrema, con limitato accesso a cibo, servizi igienici adeguati e acqua potabile. “Gli alleati internazionali dell’Afghanistan, compresi gli Usa, hanno detto più volte che non abbandoneranno il popolo afgano. Devono rispettare questo impegno, per assicurare che la comunita’ internazionale, nel cercare una via d’uscita dal paese, non metta da parte i diritti umani” ha sottolineato Sam Zarifi, di Amnesty International.

Militari della coalizione internazionale in azione in Afghanistan
Militari della coalizione internazionale in azione in Afghanistan

Al 9 settembre 2011 i militari stranieri operanti nell'ambito della missione Isaf erano 130.670; 49 gli Stati che stanno fornendo a vario titolo truppe e mezzi. L'Italia, con 3.918 soldati schierati,  risulta avere il quinto contingente della coalizione, dopo quelli degli Stati Uniti (90.000), Regno Unito (9.500), Germania (4.998), Francia (3.935) e prima  dei contingenti polacco (2.580), romeno (1.948),  turco (1.840) e spagnolo (1.523). Per quanto riguarda il nostro Paese si tratta del numero massimo fin qui raggiunto. Nei prossimi mesi, a detta delle fonti ufficiali,  ci sarà un graduale disimpegno.

«Quest'anno stiamo sopportando il massimo sforzo in Afghanistan, con circa 4.000 militari sul campo, che rimarranno fino alla fine dell'anno. Dal 2012, ma non dai primi mesi, è prevista la progressiva diminuzione, che sarà accelerata nel 2013, per arrivare al 2014 con il Paese restituito al controllo del governo afghano», ha detto il ministro Ignazio La Russa, a margine din un recente vertice tra ministri della Difesa della Nato a Bruxelles.

Il presidente degli Usa Barack Obama ha già annunciato il ritiro di circa 30.000 soldati americani dal territorio afghano entro l'estate 2012. E nel 2014 seguirà la smobilitazione delle truppe Nato e anglo-statunitensi. Si avvicina così il momento dei titoli di coda per l'intervento militare che già fin qui ha alle spalle una lunga scia di sangue. Stando a dati aggiornati al 4 ottobre 2011, tra l'operazione di guerra vera e propria Enduring freedom e la Missione Isaf, i soldati della coalizione morti sono 2.676 contando anche alcuni americani deceduti in azione sia in Pakistan che in Uzbekistan nonché 11 agenti della Cia. L'Italia conta 44 caduti.

Alberto Chiara

A cura di Alberto Chiara
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